Se gli italiani premiano il razzismo.

Tra poco ci sarà il Giorno della Memoria, dedicato al ricordo della Shoa. E quest’anno coincide con gli ottanta anni dalla promulgazione delle leggi razziali che Mussolini impose con l’ausilio della monarchia italiana.

Qualche giorno fa il candidato della destra italiana (Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia) alla presidenza della regione Lombardia, Fontana, denunciava i pericoli per la “razza bianca” a seguito dell’arrivo di immigrati nel nostro paese.

Le vergognose affermazioni suscitavano un sussulto sulla stampa e i media nostrani e reprimende contro Fontana da parte di tutti i soggetti politici, e non solo. Finanche la Conferenza episcopale italiana ha tacciato come gravissima l’affermazione del candidato, già sindaco di Varese, e la comunità scientifica ha sentito il bisogno di ricordare che quella nostra è la razza umana e che non esistono ulteriori distinzioni dovute al colore della pelle, un dato ormai inconfutabile che la comunità ha voluto ricordare al poco avveduto candidato alla presidenza della Lombardia.

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Finanche la Lega era intervenuta ricordando che quello di Fontana era stato uno spiacevole lapsus e che in realtà lo stesso voleva sottolineare i rischi per la “nostra” cultura con il sopravanzare di migranti provenienti da altre realtà culturali. Lo stesso
Fontana si scusava, ma poi…? poi ci sono stati i nuovi sondaggi successivi alla orrenda esternazione.

Ci si sarebbe aspettati, che la parte sana degli elettori di destra, quelli convintamente liberali, amanti del buon nome della patria, legata ai “sani valori” della famiglia, avrebbero penalizzato l’incauto Fontana, macché! I sondaggi l’hanno premiato.

Un’esternazione ignorante, antiscientifica, contraria agli stessi valori di riferimento (cattolici) di quell’area, un’affermazione lesiva e offensiva, proprio in questi giorni dedicati alla memoria della Shoa, è stata premiata da una buona parte degli italiani, che hanno portato ad un aumento di consensi nei sondaggi a quel candidato.

Eppure, tutto questo mi meraviglia fino a un certo punto.

Esiste una Italia che non crede nei vaccini, che dubita di realtà scientifiche confermate da anni e anni di ricerca, esiste un paese che nega la realtà di fatti confermati da autorevoli fonti statistiche e che arriva a negare l’evidenza di dati matematici, che non crede nemmeno alla realtà dei numeri che ideologie non hanno.

Esiste un paese che è sordo, chiuso nel suo cupo rancore, che è abituato a chiedere allo Stato e che non si sente mai responsabile di nulla, neanche dei propri fallimenti, si tratta di un popolo che è quello del “Tanto peggio tanto meglio 2.0”.
Un paese lamentoso che chiede cambiamenti, ma che non vuole cambiare niente, che si carica di odio verso i governanti a prescindere, che insegue chimere e promesse elettorali impossibili, che è incapace di guardare nel bene e nel male la realtà dei fatti.

Un paese miserevole che odia il prossimo, specie se straniero, di colore o “peggio” rom, che detesta e guarda con sospetto alla bellezza, abituato solo ai propri meschini interessi, che vuole favori anche con metodi dubbi, ma che si dichiara contro il favoritismo, che denuncia gli abusi subiti, salvo poi abusare se è possibile. Un’Italia cialtrona, avida, furba, rancorosa, meschina, che cova dentro sentimenti terribili come il razzismo, che nello spirito è rimasta quella di: “Quando c’era lui, caro lei”, un paese che è pronto a chiudere un occhio sui neo-fascisti, se poi ci fanno la spesa e portano i farmaci ai nostri vecchi (vedasi Casa Pound ad Ostia).

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Ad una Italia cosi è comunque consentito votare e la nostra democrazia rischia di essere inquinata da un voto che non ha nulla dello spirito democratico, di partecipazione, di aspirazione a rendere il Paese ancora migliore, che punta solo a colpire il “nemico”. Temo un voto che è contro qualcosa o qualcuno e che non è a favore di qualcuno e di qualcosa.

Non mi stanchero’ mai di dirlo: La democrazia è difficile. Richiede senso della società, dell’appartenenza, voglia di migliorare, di mettere da parte i propri personali interessi, nel nome di un interesse più generale. Richiede, cultura, responsabilità, rispetto delle regole di civiltà.

Il buongiorno si vede dal mattino. Buonasera a tutti!

Veleno

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2 Commentaires

  1. Se gli italiani premiano il razzismo. Le razze non esistono
    Ha scritto Susanna Tamaro : « La nostra è una società che sta diventando sempre più afasica. Il crollo verticale della padronanza della lingua, il drastico impoverimento lessicale delle nuove generazioni contribuiscono in maniera determinante a questa impossibilità di ragionare. Se non si conoscono le parole per esprimere ciò che si prova, si diventa rapidamente estranei a sé stessi e al proprio destino (…). »

    Pensiero profondo, con cui concordo. Ma oltre alle parole scomparse, di cui parla la Tamaro, vi sono parole tabu’ che ormai pronunciamo solo a nostro rischio e pericolo. Una di queste è « razza ».

    Il candidato del centrodestra in Lombardia. Attilio Fontana, si è azzardato a dire : « Dobbiamo decidere se la nostra etnia, la nostra razza bianca, la nostra società devono continuare a esistere o se devono essere cancellate. »

    « Le razze non esistono, e men che meno esiste la ’razza italiana’ », è stata l’immediata reazione. D’accordo, invece di “razza” si dovrebbe parlare di “etnia”, di “cultura”. Ma dovrebbero farlo tutti, e non tutti lo fanno. Non lo fanno certe etnie minoritarie che usano la parola « razza » molto volentieri per designare sé stessi : vedi gli aborigeni nordamericani. Il calcolo della percentuale giusta di sangue è per loro è un elemento fondamentale, poiché essi intendono escludere da certi diritti e privilegi chi non appartiene alla loro tribù.

    Anche se “razza” è ormai termine tabù, “multirazziale” è accettabile. Su “multirazziale” non c’è il veto benché parli di “razze”. Come mai ? Quel “multi” rende la parola virtuosa : multirazziale evoca la non esclusione, la coesistenza, la parità di etnie, di… “razze” stavo per dire. Sarebbe ingiusto a chi parla di una società sanamente multirazziale opporre l’obiezione : “Ma lei di cosa sta parlando… Le razze non esistono !”.

    Poi vi sono le frasi improntate ai buoni sentimenti, nelle quali il termine razza è ammesso perché il ragionamento è virtuoso. “Gli ebrei, sono una razza o un gruppo religioso ?” È una domanda che troviamo, in tutte le lingue, in Rete. Vi sono addirittura libri consacrati all’importante questione. E la virtuosa risposta di rabbini, studioso, esperti, è, parola più parola meno : “No, gli ebrei sono un gruppo religioso, un popolo, una nazione, ma non una razza, poiché nel corso dei secoli sono confluite nei loro ranghi razze diverse”.

    La “political correctness” dovrebbe spingerci a rifiutare sia il quesito che la risposta al quesito, attraverso la ferma obiezione : « le razze non esistono ! »

    Vi sono poi termini ambigui, su cui occorrerà fare chiarezza, invitando gli autori di dizionari a evitare la parola razza nelle loro definizioni (che attualmente purtroppo la includono). Mi riferisco a “meticcio”. In inglese “half-breed”. Meticcio = “Persona nata da un genitore di razza bianca e da uno di razza diversa”. Half-breed = “A person whose parents are of different races, especially the offspring of an American Indian and a person of white European ancestry.”

    Il vocabolario cambia perché la lingua è viva, ci dicono. Ebbene, ogni tanto una parola viene colpita da decreto di morte : è il caso della nostra « razza ».

  2. Se gli italiani premiano il razzismo.
    Gentilissimo/a,

    anche se la foto del cartello la dice lunga, anche pure una parte di Meridionali teme gli emigranti (con ragioni diverse, perché nel Sud la povertà impera a causa della politica sciagurata centrata sul centro-nord), ha dimenticato di menzionare che, nella parte alta dell’Italia, il razzismo feroce è iniziato nei confronti dei Meridionali, che erano considerati di « eazza inferiore ». Le autorità della novella Italia lo scrivevano perfino sul passaporto degli emigranti, che erano chiamati, al loro arrivo in America, « no white ». Strano che non si spenda mai una parola su questa infamia. Basta dare uno sguardo ad alcune pagine fb o ai cartelli negli stadi, per capire che niente è cambiato in 160 anni. grazie di aver letto.
    Maria Franchini

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