La “Divina Callas” a La Scala in mostra all’IIC di Parigi

Fino al 3 Ottobre, la mostra su Maria Callas, La Scala e Milano all’Istituto Italiano di Cultura a Parigi dal titolo: “Sempre libera: Maria Callas à La Scala”. Una mostra omaggio ad una cantante eccezionale che, con la sua intensità drammatica e il suo irresistibile magnetismo, ha rivoluzionato la scena lirica. Seguiranno fino a dicembre una serie d’iniziative che confermeranno che, nel capoluogo lombardo, l’arte e la cultura, e non solo, sono sempre in movimento.

Milano deve all’Istituto Italiano di Cultura di Parigi e al suo Direttore Fabio Gambaro per le manifestazioni lì organizzate fino a dicembre, in occasione della sua candidatura a “città creativa” dell’UNESCO quanto questo deve alla Scala per avervi esposto le testimonianze dei primi successi di Maria Callas, alla base di quelli universali esposti contemporaneamente, nel quarantennale della sua scomparsa, nel teatro milanese («Maria Callas in scena – Gli anni alla Scala» fino al 31 gennaio 2018) e – inaugurandone il luogo e fino al 14 dicembre – alla “Seine Musicale” all’Ile Seguin, Boulogne-Billancourt (ndr. Vedi “Exposition Maria by Callas”).

Maria Callas

All’IIC sono esposte fotografie d’archivio della “Diva” ancora grassa nelle rappresentazioni de “I Vespri siciliani”, “Il Ratto del serraglio”, il “Macbeth”, “La Gioconda”, e “Il Trovatore” dal 1951 al 1954, anno in cui la sua figura fisica rientra rapidamente (con terapie o autoterapie misteriose o leggendarie) nelle dimensioni normali, come appare allora nella “Lucia di Lamermoor”, “L’Alceste” e il “Don Carlo”; finché nel 1955 ne “La Norma” appare filiforme (in contrasto con il suo fisico nella stessa opera nel 1952).

Sono inoltre esposte le fotografie delle opere interpretate dal 1955 al 1960, in cui il suo fisico filiforme (mantenuto fino alla fine) non solo ne “grecizza” splendidamente e definitivamente il volto, ma pone soprattutto la domanda di come sia riuscita ad aumentare ancora qualitativamente e quantitativamente le prestazioni, riducendo anziché aumentando (come la maggior parte delle soprano) i chili d’energia.

Il numero delle seguenti opere in cui è così ritratta rende questo mistero pari a quello sulla terapia del dimagrimento: “Andrea Chenier”, “La Traviata”, “La Sonnambula”, “Il Turco in Italia”, “Fedora”, “Il Barbiere di Siviglia”, “Il Ballo in maschera”, “Ifigenia in Tauride”, “Anna Bolena”, “Il pirata”, “Poliuto”, senza aggiungere quelle non esposte nelle fotografie

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Si possono anche vedere i suoi costumi di scena nel “Don Carlo”, “La Sonnambula”, “La Traviata”, “Ifigenia in Tauride” e “Anna Bolena” (1954-57) che, com’è stato evidenziato dalla Costumista e Docente di Storia del Costume Maria Chiara Donato, ricordano tanto la perfezione di Luchino Visconti (regista de “La Traviata” nel 1955) quanto oggi il valore del “Corso per sarti dello spettacolo” della “Scuola del Teatro alla Scala” che li ha ricostruiti e che fa così parte dei pregi artistici con cui Milano è sempre stata “in movimento” (secondo l’opportuna frase di Fabio Gambaro) per meritare il riconoscimento dell’UNESCO.

Rilevante è infine il contributo alla mostra del giornalista Andrea Jacchia, sia per i ricordi dell’amicizia della coppia Meneghini-Callas con suo padre, sia per aver fornito le fotografie delle occasioni private in cui la Diva, al colmo del suo successo a Milano e insieme al marito “pigmalione” (nelle didascalie delle foto di scena è sempre indicato “Maria Meneghini Callas”), appare nei suoi momenti più felici. Momenti tanto più preziosi (e foto tanto più preziose) quanto più (come hanno ricordato Jacchia e il musicista Alain Duault) si pensa che è stata complessivamente infelice nella vita: dalla nascita (figlia non voluta dalla madre emigrata a New York negli anni più tristi) e alla fine, quando la precipitazione e auto-precipitazione fisica e quella affettiva (con Onassis) si sono avvicendate.

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Sempre libera” è il titolo della mostra, ma Callas come Violetta non è mai stata libera: né nell’infanzia, né dal successo, né dagli amori (Onassis) che l’hanno alla fine traviata. Sparisce dunque dal suo ricordo il “vissi d’amore”, mentre il “vissi d’arte” rimane vivo non solo per lei ma per tutta “La Scala” nel decennio successivo alla sua ricostruzione dalle macerie della guerra. E dopo che il successo di Callas s’è trasformato da “scaligero” a planetario, quello de “La Scala”, così “riesplosa” negli anni 50-60, continua fino ad oggi con tutti i suoi fervori.

Cosi come i fervori dei vari settori culturali della città di Milano (teatro, musica, editoria, architettura, ecc.), che le esposizioni e conferenze fino a dicembre all’Istituto di Cultura (informazioni al sito sottostante) confermano sempre in movimento.

Lodovico Luciolli

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Lodovico Luciolli
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1 COMMENTAIRE

  1. La “Divina Callas” à La Scala in mostra all’IIC di Parigi
    Ho letto anche le interviste a de Bortoli e Letta….coplimenti gli articoli sono sempre molto interessanti e scritti bene …per noi che siamo in Italia…

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