Venezia 70: In concorso il documentario italiano « Sacro Gra » e l’atteso « Jiaoyou ».

Davvero non si fa perdere nulla la settantesima Mostra del cinema, ormai alle ultime battute. Film vecchi, documentari in concorso, molti contenuti attuali. Veramente Barbera festeggia con una kermesse a tutto campo. Siamo prossimi al gran finale ed ecco due opere interessanti: « Jiaoyou » (Stray Dogs) del regista taiwanese Tsai Ming-liang e il documentario italiano “Sacro GRA” di Gianfranco Rosi (vedi il trailer).

JIAOYOU (STRAY DOGS) di Tsai Ming-liang (Taipei cinese, Francia, 138′, v.o. cinese s/t inglese/italiano) con Lee Kang sheng, Lu Yi-ching, Lee Yi-cheng, Chen Shiang-chyi.

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Ritorna a Venezia in concorso, dopo il Leone d’Oro nel 1994 con “Vive l’Amour”, il regista taiwanese Tsai Ming-liang (Malesia, 1957). Esploratore del disagio e della solitudine nella grande città, Tsai Mng-liang anche nel suo ultimo film “Jiaoyou” (Stray Dogs) affronta questo tema in questa avventura dolente di una famiglia composta da un padre e i suoi due figli. Il genitore si guadagna da vivere sorreggendo cartelli pubblicitari di vendita di appartamenti davanti ai semafori.

I suoi due ragazzini si sfamano mangiando campioni gratuiti di alimenti nei centri commerciali o prendendo le derrate scadute. Essi vivono in un enorme palazzone degradato, abbandonato alla periferia di Taipei. Non sappiamo che vita avevano precedentemente, né come il padre ha visto ridursi in queste condizioni la famiglia. Ci sono solamente frammenti di vita, ormai segnata dal vagabondaggio per la città.

Ad essi un giorno si affiancherà una donna, anche lei una emarginata, che con senso di umanità provvede a far mangiare una serie di cani randagi che vivono in alcuni locali dell’enorme edificio dove la sera dormono. Il regista tende a fare delle inquadrature fisse che durano parecchi minuti. Ad esempio nella scena d’apertura, c’è una donna, probabilmente la madre dei ragazzini, che si spazzola numerose volte i lunghi capelli neri mentre osserva i figli dormire. In un’altra, invece, quella finale. Il padre e la donna vagabonda restano fermi, immobili, l’una davanti all’altra, a contemplare di sera, con sguardo triste, per una decina di minuti, una parete con un enorme disegno nell’edificio dove si sono stabiliti.
Una fotografia bellissima, nitida, prevalentemente di sera, con cielo sereno o con pioggia scrosciante contraddistingue le scene. Non sappiamo molto dei protagonisti, ma essi rappresentano coloro che non hanno voce, scompaiono dalla vita sociale, diventano gli homeless solitari – come i cani randagi del titolo – di una crisi del benessere che è diventata attuale.

Il fatto triste è che coinvolge ora anche i ragazzini, non solamente gli adulti. Una crisi esistenziale che porta a infrangere anche il rispetto tra genitori e figli; l’esempio nel film è dato dal padre che fa a pezzi e mangia un cavolo che la sua bambina aveva acquistato e adottato come conforto da tenere accanto al cuscino alla stregua di un orsacchiotto. Una pellicola di inquadature lente, spesso statiche, ma che ha il fascino ipnotico delle immagini molto belle e affascinanti.

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SACRO GRA di Gianfranco Rosi (Italia, 93’, v.o. italiano s/t inglese).

Altro documentario in concorso per il Leone d’Oro, questa volta italiano (terza e ultima pellicola in gara) è “Sacro GRA” di Gianfranco Rosi. Dopo gli apprezzati documentari, presentati sempre a Venezia, “Afterwords” (2000) su un malato solitario, “Below Sea Level” (2008) sui senzatetto che vivono nel deserto californiano, e quello su un killer americano “El sicario – Room 164” (2010), adesso il regista racconta la vita che ruota attorno al Grande Raccordo Anulare di Roma. 70 km di anello – la più estesa cintura autostradale d’Italia – che ha nel suo centro un mondo fatto di persone, personaggi, vite, passioni.

C’è chi studia gli animali che fanno ammalare le palme, li ascolta attraverso strumenti radio innestati nelle piante. Chi lavora sulle ambulanze, chi pesca le anguille nel fiume, chi, come un nobile decaduto, mette a disposizione la propria villa per ambientarci le serie di fotoromanzi. Chi abita in mini appartamenti e mostra la propria differente vita.

Vi sono inoltre le anziane prostitute che lavorano in un camper parcheggiato ai bordi del raccordo. O le cubiste che ballano su un bancone di un bar. Personaggi eccentrici, ma veri, divertenti, romani, ripresi nella loro vita quotidiana. Anche in questa pellicola le immagini in alta definizione sono perfette, la fotografia e nitida, di forte risalto. Ma è tutto qui; un bel documentario che però fa manifestare il forte dubbio sul suo inserimento nella sezione principale delle pellicole in concorso.

Da Venezia – Andrea Curcione

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Andrea Curcione
Andrea Curcione è nato e risiede a Venezia dal 1964. Laureato in Storia all'Università Ca'Foscari di Venezia, ama i libri, la scrittura, la fotografia e il disegno. Giornalista pubblicista, ha pubblicato alcuni racconti e romanzi noir di ambientazione veneziana. Si occupa soprattutto di critica cinematografica, ma per Altritaliani scrive anche di avvenimenti culturali e mostre di particolare interesse che si inaugurano nella città lagunare.

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