Lo spettacolo politico

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Quanto si è avuto modo di ammirare in questi giorni (come da una finestra sul balcone del Parlamento) è stato edificante e formativo, ma solo nella misura in cui comprendere al meglio quale “finale di partita” si giochi su di noi. Come in quel passaggio del film di Fellini “8 e ½” nel quale ci si chiede “…In fondo cosa vuol dire destra? cosa vuol dire sinistra? Lei è talmente ottimista da credere che in questo mondo confuso e caotico ci sia della gente dalle idee così chiare da tenersi tutto a destra o tutto a sinistra…”

Era il 1963, e sembra che Fellini e Flaiano (gli autori) l’abbiano scritto in questi giorni di ansimante ricerca dell’ultimo voto, nell’agone del “costi quel che costi, dobbiamo sopravvivere!”. E nonostante ci si accorga di essere, malgrado tutto, ad una corsa a premi dalla quale noi siamo irrimediabilmente esclusi.

Poi ci si lamenta che c’è tanto distacco dal mondo politico, da quell’universo tanto edulcorato che crea enormi distanze, che è così assente rispetto a quanto si muove intorno nella quotidianità, nelle piccole cose dell’economia e dei rapporti umani. Di quanta qualità ci sia nella gente comune, in quella che non cerca gloria e che col proprio lavoro fa grande questo paese. Lo aveva previsto Platone, quando scrive nell’Apologia di Socrate: “La pena che i buoni devono scontare per l’indifferenza alla cosa pubblica, è quella di essere governati da uomini malvagi.” Dal suo mondo così lontano (oltre due millenni fa) pochi sarebbero stati gli elementi che avrebbero differenziato quell’epoca fino ad oggi, fino a noi. La politica e il potere (in simbiosi purtroppo e non in antitesi) con la mancata ricerca del bene comune, hanno compromesso sempre più l’ideale della partecipazione, l’adesione ai principi di un’evoluzione collettiva, fino al punto da consentire a ciascuno di pensare che qualsiasi cosa si intenda fare per la comunità, debba necessariamente prevedere il proprio tornaconto. Non c’è dubbio che la degenerazione degli ultimi decenni abbia ampliato lo specchio deformato, ha creato ulteriori dicotomie, e infine concetti fondamentali dell’ideologia e della pratica politica si sono fusi e confusi in un tunnel senza sbocco.

Pure Fellini era confuso prima di fare “8 e ½”, era assalito dai dubbi sul ruolo dell’artista in un mondo che cambiava (erano gli anni del “boom”). Poi ha girato quel capolavoro, ineguagliabile. Ma Fellini non c’è più. E neppure chi lo sostituirà mai.

Non ci resta che quella finestra sul balcone, da cui assistere inermi. Potrà mai bastarci?

Armando Lostaglio

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Armando Lostaglio
ARMANDO LOSTAGLIO iscritto all'Ordine dei Giornalisti di Basilicata; fondatore del CineClub Vittorio De Sica - Cinit di Rionero in Vulture nel 1994 con oltre 150 iscritti; promotore di altri cinecircoli Cinit, e di mostre di cinema per scuole, carceri, centri anziani; autore di testi di cinema: Sequenze (La Nuova del Sud, 2006); Schermi Riflessi (EditricErmes, 2011); autore dei docufilm: Albe dentro l'imbrunire (2012); Il genio contro - Guy Debord e il cinema nell'avangardia (2013); La strada meno battura - a cavallo sulla Via Herculia (2014); Il cinema e il Blues (2016); Il cinema e il brigantaggio (2017). Collaboratore di riviste e giornali: La Nuova del Sud, e web Altritaliani (Parigi), Cabiria, Francavillainforma; Tg7 Basilicata.