L’anello mancante. Altri Libertini di Pier Vittorio Tondelli.

Sono passato attraverso i vividi vicoli di Montedidio narrati da Erri De Luca, per le pianure che si raccontano attraverso le voci dei suoi abitanti di Gianni Celati, ho festeggiato il compleanno dell’iguana insieme alla Ballestra, ho constatato che c’era un cuore di troppo insieme ad Aldo Busi, ho fatto tutto ciò senza troppo soffermarmi, le pagine scorrevano ma non venivo toccato.

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Poi nel mio peregrinare sono giunto in Emilia Romagna, mi sono seduto nel primo Posto Ristoro della stazione e, nonostante non avessi la necessità di fermarmi per ricaricare le energie, sono rimasto lì ad osservare, sono stato colpito dalla forza con cui i personaggi mi venivano incontro, si presentavano in modo così poco letterario e poetico, mi facevano capire che quella poesia, quella leggerezza che troviamo negli aggettivi di fine ottocento, loro non l’avevano mai conosciuta, che la vita non gli è mai stata comoda e dovevano inseguire la libertà e il benessere stando ben attaccati al suolo, attenti a non tirar le cuoia anzitempo.

Questi sono gli Altri libertini di Pier Vittorio Tondelli, una generazione che trova in un libro il suo biglietto da visita, che prende forma e colore, che ci dà la possibilità di conoscere alcuni personaggi che hanno consentito il passaggio dagli anni settanta ad oggi, che hanno visto, vissuto e contribuito al grande cambiamento che un giovane d’oggi ha difficoltà a spiegarsi.

Dove è finito quel gruppo di persone, unite da interessi e voglia di cambiare, che sono riuscite a far sentire la propria voce e a cambiare le mitologie a loro coeve? Come mai adesso ci troviamo in un caotico presente, siamo bombardati da mille informazioni e notizie, non vediamo più gruppi uniti in una lotta se non ci apprestiamo ad uno stadio, se, sempre al di fuori delle arene sportive, non s’incontrano più simboli sganciati dall’ideologia borghese, capitalista e liberale?

Alcune di queste risposte è possibile trovarle in Altri libertini, un affresco generazionale che però si libera dall’unico e ingrato compito di “fare il ritratto”, di “scattare la foto”, e, a giusto titolo, pretende un posto in quella letteratura che assolve anche altri compiti, come quello di rintracciare il filo dell’umanità nell’intricato labirinto del presente, oppure, quella letteratura che sa squarciare il velo della narrazione per allargare la visuale su argomenti esistenziali, ben più pressanti.

Calato in una lingua che è aliena dalla prosa dolce e soffusa che apre il cuore e i polmoni, tutt’altro che immagini dolci da sorbire in una notte di luna piena, è un libro duro, c’è del ripugnante, il battito cardiaco si accelera, i polmoni si chiudono e ti vien voglia di fumare una sigaretta dietro l’altra per allungare il piacere della lettura, quel sottile piacere d’abbandonarsi a un vortice, le parole scorrono in fila, s’incastrano, una dietro l’altra e tu le insegui tanto più rapidamente quanto meno i segni d’interpunzione sono presenti, e ti ritrovi a correre tra le righe come quando gli amici di Bibo correvano per “trovargli un buco”, perché lui stava male e non si reggeva più in piedi. Quando poi trovano quanto basta da buttargli in vena e farlo riprendere corrono nei bagni della stazione, attenti a non essere seguiti dai guardiani, si chiudono lì e fanno la triste scoperta, Bibo non ha più vene sulle braccia, sulle gambe e sui piedi, che fare? Si può lasciare un amico che sta male e non si regge in piedi in un bagno pubblico in una stazione ferroviaria? No! Certo che no! E via, giù in pantaloni, altra sorpresa, “la virtù meno apparente e tra tutte la più indecente” è lì inanimata, così che non si riesce a trovare la vena, si deve far qualcosa, si prova con le parole e con le mani “’sei il migliore Bibo, stai chiavando, si rizza, si rizza, mette le ali Bibo, è grosso, è ritto, è grande, su e giù, cazzo! Figa! Avanti e indietro, sbrodavano accidenti, te lo succhiavano con la figa questo cazzo, se lo sbattevano dentro fino ai coglioni e urlavano Bibo, ci siamo è duro è duro è in orbita! È un missile! Vieni, forza!!! Bibo!!! Sei partito, sei in aria, sei fuori Biboooooo!!!’ Dentro l’ago, zac.”

In Altri libertini si trovano pagine di questa portata una dietro l’altra, storie di droga e d’amore, di vite al limite, vissute con intensità e spregiudicatezza, sempre alla ricerca di una via di fuga, di un modo per fuggire la noia, i cliché e un certo provincialismo asfissiante.

Con uno stile che non differisce molto da quello del brano poco fa riportato, Tondelli affronta molte altre tematiche con una sensibilità e una lucidità a tratti esasperante. Continuamente s’interroga del perché abbiamo bisogno di altre persone per essere felici, ci sciorina tutte le aspettative, i dubbi, le gioie, i dolori, le possibili felicità e le possibili delusioni, si domanda con forza quale immagine possano avere gli altri di lui e se l’immagine che lui ritiene degli altri è quella che corrisponde al vero sentire di chi gli è di fronte.

Una problematicità mai banale o superficiale che, attraverso uno stile particolarmente veloce e guizzante, s’avvicina a quel sentire ch’ogni tanto c’ha raggiunto, in una sera di primavera quando pensavamo a quella là, o quello là, quando restavamo con il cellulare in mano per ore intere indecisi sul da farsi. Una tematica, quella amorosa, spesso legata a doppio filo a quella dell’omosessualità, un argomento che in quegli anni si può chiamare “problema” senza esitar troppo, un problema che sicuramente Tondelli ha vissuto in prima persona, e poi ha trasportato su pagina letteraria. Queste difficoltà che provengono dalla sorda società, unite alle difficoltà proprie di accettarsi, arrivano a regalare pagine in cui capiamo che “l’amore è come un dono degli Dei che si muove sulle ali del vento sempre inafferrabile e sempre inseguito; l’amore non è mai là dove lo cerchiamo e vola via da dove lo crediamo. Proprio per questo e dell’amore e degli dei dobbiamo imparare a fare senza”.

tondelli_piervittorio.jpgNon vogliamo parlare qui della vita difficile di Tondelli, della sua prematura morte per AIDS, delle lotte vittoriose che ha portato avanti contro la censura, del sogno realizzato di “vivere da scrittore” ma vogliamo riportare alla vostra attenzione quello che ci sembra il fine ultimo della sua ricerca, la sua prima preoccupazione: sconfiggere il provincialismo italiano, sconfiggerlo con la tenacia della ricerca e con la distruzione dei tabù, con la convinzione di vivere al di là degli schemi precostituiti e con la consapevolezza dei rischi a cui andava incontro.

Una delle pagine più belle in cui questo desiderio è espresso si trova nell’ultimo racconto di Altri libertini, dal titolo Autobahn, ma è rintracciabile in molte altre sue opere, da Rimini ai Biglietti agli amici. In quell’ultimo racconto, il protagonista è lanciato sull’autostrada che dall’Italia, la nostra piccola Italietta, porta verso l’Europa, verso i mari del nord, e insegue un odorino, un odorino di libertà che non vuole perdere. Ubriaco e senza soldi si mette al volante della sua Cinquecento bianca e comincia ad inseguire il sogno europeo, arrivare lì da dove proviene quel profumo. In questo viaggio, destinato a durare poco, il protagonista incontra un bizzarro cineasta che, da solo, riprende il suolo di un autogrill, comincia a parlar con lui e i due si lanciano in una dichiarazione di amore universale, uno dei lunghi monologhi tondelliani in cui passa in rassegna i tipi che s’incontrano nei suoi anni, e allora si hanno “tutti quanti gli adepti di Krishna, di Geova, del Guru, del Bramino, dello Yogi. Indi ogni discendenza, bambini di Dio, figlio di Dioniso Zagreo, nipotini di Marx, illegittimi di Nietzsche, pronipoti del Marchese, figlioletti delle stelle, sorelline di Lilith luna nera e fratellini di Prometeo incatenato, anche bastardini di Frankestein, abortini di Caligari, goccioline di Nosferatu. E ancora tutti quanti i transessuali, i perversi, i differanti, i situazionali, gli edipici, i preedipici e i fissati” e via così fino a fare un elenco grottesco e ironico del suo tempo, a guardare il tutto con un sorriso, certo un po’ beffardo, ma nel segno dell’amore e della tolleranza, degno di un altro libertino.

Carlo Baghetti

Il testo Altri Libertini si trova nella raccolta dal titolo “Opere – Romanzi, teatro, racconti” edito nel 2000 dalla Bompiani e a cura di Fulvio Panzeri, (1224 pagine, 18 euro).

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