Inaugurato a Milano il nuovo spazio d’arte della gallerista Lia Rumma

Con una mostra di Ettore Spalletti, si apre a Milano uno spazio d’arte tra i più grandi d’Europa. Sarebbe riduttivo parlare solo di galleria per la nuova iniziativa della Rumma. Si completa un percorso culturale che ricostruiamo con la nostra Violetta Luongo. Ma è un arrivo o piuttosto una nuova avvincente sfida e partenza?


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Questo è il sogno di Lia Rumma, ultima gallerista storica di Napoli. Un tempio per l’arte, interamente dedicato ad essa, dove i suoi artisti possano esporre, lavorare, parlare, pranzare, insomma vivere. Un posto che non sacrifichi le opere, ma dove ci sia tutto lo spazio possibile. L’ha trovato e dopo sacrifici, fatiche e attese è pronto. 2000 metri quadrati dedicati all’arte, in via Silicone 19 a Milano, è la sua nuova galleria. Zona di eventi, come la Fabbrica del Vapore e di altre sigle della Milano da bere.

Per l’inaugurazione ha scelto un artista italiano, Ettore Spalletti.
Non c’è da stupirsi, basta ripercorrere alcune delle importanti tappe della sua vita per capire che è stata tutta una scommessa. Lia Rumma ha sempre creduto nella forza della cultura, nella potenza delle idee.
Lombarda di nascita ma napoletana d’adozione, Lia con Marcello Rumma, prende le mosse da Salerno, ventenni, ancora non sposati, organizzano mostre a una nuova generazione di artisti italiani e stranieri, Bonalumi, Pistoletto, Anselmo, Warhol, Lichtenstein, Stella sono solo alcuni dei nomi illustri. Esposizioni curate da critici emergenti come Achille Bonito Oliva, Germano Celant, Angelo Trimarco. Nel 1969 Lia fonda la sua casa editrice che pubblica importanti saggi di filosofia, estetica e arte. Marcello nel 1970 muore improvvisamente, e Lia si trasferisce a Napoli aprendo la galleria a Parco Margherita, inaugurandola con la mostra di Joseph Kosuth.

Capisce l’importanza delle nuove correnti artistiche: Arte Povera, Minimal art, Land Art e Conceptual Art, sulle quali focalizza i suoi interessi. Sarà del 1974 l’apertura della nuova galleria napoletana di via Vannella Gaetani, con la mostra dedicata a Douglas Huebler. La sua vita si intreccia indissolubilmente con l’arte, le mostre si susseguono tra la galleria e la casa, dove invita i suoi ospiti a ricchi banchetti e dove non è difficile imbattersi in un’opera di Warhol mentre si passa da una camera all’altra. Librerie e scaffali colmi e traboccanti di cataloghi e saggi artistici e le pareti tappezzate dalle più ricche e particolari opere d’arti.

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Ma nel pieno del suo successo nel 1979 Rumma annuncia il suo addio dall’attività e così dichiara: “Non più mercante ma collezionista di nuova cultura”. Quella che sembrò una fine fu solo l’inizio di una lunga pausa che la consolidò nel 1984 come tra le maggiori galleriste su scala internazione e nazionale, ponendola sulla scia del più grande mercante d’arte del mondo, Larry Gagosian. Ritorna, e riapre la galleria napoletana con Alberto Burri, Mimmo Jodice, Robert Longo Anselm Kiefer e altri.

Nel 1999 apre il nuovo spazio di Milano in via Solferino con la mostra di Enrico Castellani. Presente e assidua la sua attività in collaborazione con musei e strutture cittadine come il San Carlo di Napoli per l’opera “Elektra” del 2003 e “Il flauto magico” del 2006 con scenografie di Kiefer e Kentridge. Produrrà varie performance per l’artista Vanessa Beecroft, fino a quella dello scorso febbraio al Mercato Ittico di Napoli che ha avuto un afflusso di 1500 persone.

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La crisi del mercato dell’arte non la frena, anzi sembra darle nuova carica e punta su Napoli e Milano, con due nuove sfide.
Dopo l’inaugurazione, nello scorso gennaio, dei nuovi spazi di via Vannella Gaetani, con la mostra di Marzia Migliora, che comprende anche il primo piano, quello che originariamente era il suo appartamento privato, è la volta di Milano.

L’edificio è posto su 4 livelli, il bianco e il grigio sono i colori predominanti, la luce è l’elemento ricercato e voluto. Non è un caso che sia Spalletti a inaugurarla. La sua pittura e scultura è tutta tesa alla ricerca di forme e luce, come egli stesso dichiara: “L’azzurro è un colore atmosferico, gli azzurri usati nelle mie opere sono sempre diversi, anche dosi quasi impercettibili li distinguono. Uso l’azzurro perché è un colore che non si presenta mai attraverso la superficie del suo esistere ma è un colore in cui siamo immersi continuamente…. Il grigio è accoglienza, è un colore che si muove verso il bianco ma anche verso il nero, che offre la più alta qualità di tutti i colori”.

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Il palazzo bianco, progettato dallo studio di architetti milanesi CLS, sorge su un lotto rettangolare con il primo livello interrato e arretrato rispetto all’allineamento della strada, così da permettere di definire uno spazio antistante, una piccola piazza che si apre alla città ma nel contempo si distanzia da essa. L’ingresso è una grande vetrata che cattura e filtra la luce naturale. La copertura del pian terreno è un grande terrazzo del primo piano, un secondo terrazzo si trova sul tetto, caratterizzato da un lucernario che illumina il piano sottostante. Gli spazi interni sono sfruttati al massimo, le scale in ferro zincato sono all’esterno. I muri perimetrali sono in cemento bianco di tipo ecologico capace di ricreare il processo di fotosintesi, tipico delle piante, e riduce il livello di anidride carbonica nell’aria.

Spalletti rimarrà fino al 18 settembre. In autunno ci sarà una collettiva di giovani. E, nel 2011, una grande mostra di Kentridge. E poi, chissà…

Questa è Lia Rumma, nostra “Gagosian”.

Violetta Luongo


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