Manganelli e la letteratura

Nel centenario della nascita di Giorgio Manganelli (15 novembre 1922). La letteratura è menzogna piuttosto che verità ? Una riflessione di Carmelina Sicari a partire da La letteratura come menzogna (1967) di Manganelli, del gruppo ’63, e dopo lettura del libro di Anna Longoni: Manganelli o l’inutile necessità della letteratura.

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Corrotta, sa fingersi pietosa; splendidamente deforme impone la coerenza sadica della sintassi; irreale, ci offre finte e inconsumabili epifanie illusionistiche. Priva di sentimenti, li usa tutti. La sua coerenza nasce dall’assenza di sincerità. Quando getta via la propria anima trova il proprio destino.” (G. Manganelli – “La letteratura come menzogna”).

È un testo fondamentale da un punto di vista storico, come Opera aperta ipotizzata da Umberto Eco che includeva nell’opera letteraria ed artistica sempre il giudizio del lettore, ma è pure così attuale.

L’idea della notizia falsa (fake new) che manipoli l’opinione pubblica, comincia a ben riflettere da qui : da La letteratura come menzogna. Il testo opera una vera e propria rivoluzione nell’ambito letterario. Risponde alla domanda: che cos’è la letteratura? È la domanda di Jean Paul Sartre, il padre degli esistenzialisti, che s’interrogava sull’essere e concludeva che la letteratura è travestimento.

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Essa è stata ripresa, per dare un contributo bibliografico, come sigla globale interpretativa da Anna Longoni, in un saggio molto interessante sull’intera opera del grande scrittore: Manganelli o l’inutile necessità della letteratura, edito da Carocci.

La letteratura ha funzione di discontinuità emozionale, cioè ci toglie dalle consuetudini, dalla maniera usuale di pensare e convivere con noi stessi. Fa un salto altro.

Per Manganelli essa è mascheramento, copertura, un modo per sfuggire alla caccia del lettore e nello stesso tempo per attirarlo.

La Longoni vede, nella concezione della letteratura, l’elemento della ricerca stilistica di Manganelli, la sua ammirazione per Nabokov, il grande scrittore russo, e nello stesso tempo la sua concezione di avanguardia letteraria.

Ma dicevamo che c’è strenua attualità in tale concezione, non solo per il fatto che la verità si mescoli alla menzogna, ma anche perché dolore e ilarità si integrano nella suprema categoria che Manganelli definisce ilarotragedia e che Pirandello raffigurava con Giano Bifronte che da una faccia piange e dall’altra ride. La vita è miscuglio di gioia e dolore.

La continua metamorfosi del reale è il suo divenire ed ingloba in sé i mutamenti.

Giano bifronte

Per Manganelli la lingua, il suo pastiche, riesce a darci la dimensione dei mutamenti. Gocce di stile è il titolo di un suo celebre libro. Manganelli aveva inteso l’avanguardia come costruzione della parola non solo magica con un suo potere intrinseco, ma come elemento di conoscenza, perché la lingua è conoscenza.

L’arte suprema per gli orientali consiste nella decifrazione del mutamento, come dire nel disvelamento delle forme perennemente trascoloranti nel loro mutare e essere altro. Il libro dei mutamenti contiene il top della conoscenza: il tao. L’inerte pieno viene compensato dal vuoto e crea un perenne movimento. È il moto altalenante dello yin e dello yang.

Ma più che agli orientali Manganelli guardava al mondo nordico, all’umorista inglese O’ Henry, pseudonimo di William Sydney Porter, autore di racconti ricchi di spirito e giochi di parole che egli considerava un maestro. L’ironia è l’arte suprema del gioco, copertura e disvelamento. Il lessico attraverso i sinonimi riesce a organizzare una multiformità di specchi che coprono e rivelano le metamorfosi. Ogni libro è parallelo ad un altro.

Così Pinocchio, eroe per eccellenza della menzogna, è un soggetto di echi letterari e mitici; è l’eroe manganelliano per eccellenza.

Centuria, suggerisce la Longoni, poi rivela la concezione letteraria manganelliana con la sfilata di tipi con una propria effimera esistenza ed il fascino di ciò che appare e svanisce per poi riapparire. Visione barocca della letteratura si dirà, ma barocco è lo stesso stile manganelliano, spettacolo prodigioso di forme.

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C’è però una categoria che va illustrata come fondamentale per l’intelligenza del grande scrittore, l’umorismo. Hilarotragoedia è il titolo di un’ opera manganelliana ed esprime bene il pastiche dell’umorismo.

Dal mondo nordico Manganelli, come peraltro Pirandello, ricavavano la vena umoristica, l’espressione cioè di una realtà complessa, indefinibile solo da un punto di vista unico, multiforme.

La nostra letteratura ha conosciuto solo l’ironia di Manzoni, apprezzata peraltro dai critici manzoniani tanto da attribuirgli, come musa della poesia satirica Talia. Ma in Manzoni perdurava la granitica visione di una realtà unica e uniforme governata dall’alto. La vita sub specie umorismo invece è multiforme come la natura stessa e come nel mito di Proteo cambia continuamente aspetto.

Il lessico di Manganelli nasce da questa visione, dalla necessità di adeguarsi alla mutevolezza delle forme e sarebbe giusto studiarlo a fondo per coglierne la rivoluzionaria originalità ed attualità.

Carmelina Sicari

LINK INTERNI. Della stessa autrice, sempre per Altritaliani:
Eco e Manganelli, due maestri che avevano il fascino della comunicazione 
Giorgio Manganelli ovvero la demistificazione del linguaggio

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Anna Longoni
Giorgio Manganelli o l’inutile necessità della letteratura
Carocci Ed.
Edizione: 2016 e 2019

In breve:
Protagonista della vita intellettuale del secondo Novecento, impegnato su più fronti come traduttore, recensore, corsivista, consulente editoriale, e per alcuni anni anche professore di Letteratura, Giorgio Manganelli (1922-1990) si rivela fin dal suo testo d’esordio (Hilarotragoedia,1964) uno scrittore unico per l’originalità con cui rivisita i generi letterari, per la sorvegliata intensità espressiva delle sue pagine e per la forza della riflessione che accompagna costantemente la pratica della scrittura.
Prendendo le mosse da alcuni nodi della biografia, il volume ripercorre i diversi capitoli della sua produzione: i momenti teorici dedicati al gesto sacro e menzognero dello scrivere (e del leggere); la sperimentazione e le provocazioni delle pagine creative; lo sguardo sul reale dei corsivi e dei racconti di viaggio. Ne emerge il ritratto di un autore che, nutrito dell’«amara sapienza dell’ombra», ha saputo trasformare la fatica dell’esistere nel gesto rituale da offrire al dio ridicolo e sconcio della Letteratura, e con lui ridere di sé e del mondo.

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Carmelina Sicari
Carmelina Sicari è stata Dirigente Scolastico del Liceo Classico di Melito Porto Salvo e dell'Istituto Magistrale di Reggio Calabria. Si occupa da tempo di letteratura contemporanea e di semiotica con opere su Pirandello e sull'Ariosto. Ha collaborato a molte riviste letterarie tra cui Studium, Persona, Dialoghi… Ha all'attivo numerose pubblicazioni su La canzone d'Aspromonte, Leopardi e il Novecento letterario. Continua a sostenere nel presente il Movimento culturale Nuovo Umanesimo di Reggio Calabria di cui è stata ideatrice.

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