Francesco Pasinetti. Questa è Venezia. 1943.

Edito dalla Marsilio Editore è uscito il libro “Questa è Venezia. 1943” dedicato a Francesco Pasinetti che fu grande fotografo e cineasta attivo nel movimento dell’arte cinematografica, dal muto al secondo dopoguerra. Un uomo da riscoprire e che molto ha dato alla Settima Arte con il suo impegno che lo ha visto coinvolto anche nella nascente Cinecittà e presso il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, impegni che non riuscirono mai ad allontanarlo dalla sua amata Venezia.


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L’uscita di “Francesco Pasinetti. Questa è Venezia. 1943”, un libro che si avvale dei testi di Carlo Montanaro, Alberto Prandi, Sara Zucchi e Luisa Pagnacco, mi offre l’opportunità di scrivere di Pasinetti. Chi era? Vi chiederete. A molti questo nome forse non dirà quasi nulla, ma non sarà certo sconosciuto agli appassionati di cinema.

Nato a Venezia nell’ormai lontano 1911, a leggere la sua biografia ci si accorge quasi subito che, nonostante quelli non fossero anni favorevoli allo sviluppo di nuove idee (quelle che c’erano non erano sufficienti a creare nuove coscienze), i talenti, quelli veri, nascevano ugualmente. Fin da subito manifesta interesse per tutto ciò che apparteneva al mondo della rappresentazione. Ancora bambino si appassiona al teatro dei burattini e a casa ne costruisce uno dove, con l’aiuto del più giovane fratello Pier Maria, allestirà spettacoli per parenti ed amici.

A Venezia la famiglia Pasinetti cambierà casa diverse volte, finendo poi per stabilirsi nel quartiere di S. Polo al civico 2196. Dalla biografia del libro si legge: “…sul cortile di casa i due fratelli, con passione ed energia, promossero e gestirono numerose iniziative culturali: dai concerti da camera, alle letture teatrali, dalle riunioni scientifiche, alle mostre di libri assecondando quella naturale propensione agli interessi umanistici e alla composizione letteraria e drammaturgica che anticiparono in Francesco l’interesse per il cinema che ben presto diverrà centrale.”

Dal cortometraggio

Il cinema, un’arte che, a quel tempo, andava affermandosi. La crescente curiosità verso quel mondo sarà per Francesco un’occasione di innamoramento continuo. A casa sua e nello studio di zia Emma, di cui non gli mancò mai l’affetto, dopo la prematura scomparsa della madre, girerà il suo primo cortometraggio, protagonista suo fratello Pier Maria. Userà una cinepresa Pathé baby allora reperibile anche in Italia. Francesco è già un valente studente universitario e la sua tesi di laurea gli aprirà le porte per un percorso ideale. Già il titolo della stessa: “Realtà artistica del cinema – Storia e critica” è di buon auspicio. Otterrà un lusinghiero 103/110 e la possibilità di inserirsi in ambiti letterari con credenziali interessanti.

Nel 1935, girerà il suo primo film in 16 mm con un titolo che sembra fotografare il suo stato d’animo: « Entusiasmo« , di cui, purtroppo, è andata perduta la seconda parte. Girerà poi altri due documentari: Una città che vive e Venezia numero due, andati persi. C’è ancora molta spontaneità nella sua vita, ma cio’ non rappresenta un ostacolo nella sua formazione artistica e culturale. Fonda la società « Venezia film » con intenti ben più ampi.

Pasinetti con De Sica

Vuole non solo produrre film, ma noleggiarne altri e passare poi all’acquisto e alla vendita successiva di pellicole. Si sente ormai pronto per un salto di qualità. La draga sarà il primo soggetto, poi rivisto e ampliato, che darà vita al successivo Il canale degli angeli, film ambizioso e che l’avrebbe portato direttamente alla I edizione della Mostra Internazionale del Cinema, proprio al Lido di Venezia. Pasinetti ha solo 23 anni, ma si sente pronto ad affrontare un eventuale fiasco. Sempre dalla biografia: “… il film nonostante i positivi riscontri nell’ambito della cinematografia sperimentale amatoriale, ebbe circolazione assai limitata e irrisori esiti commerciali tanto da compromettere la sopravvivenza della stessa Venezia film che, mancando un rientro di capitali da reinvestire, chiuse nel 1937.”

Sono questi gli anni dell’Italia fascista e del suo Duce ed il cinema n’è diventato lo strumento principe di propaganda.

Nel 1935 nasce il C.S.C. (Centro Sperimentale di Cinematografia). A dirigerlo c’è Luigi Chiarini che vuole Pasinetti tra i suoi collaboratori. Gli affiderà la cattedra di sceneggiatura. Roma e Firenze saranno le sue nuove città, ma a Venezia ci ritorna ad ogni squillo di tromba. E’ il Teatro la Fenice a chiedergli la regia dell’ Orfeide di Gian Francesco Malipiero con la direzione orchestrale di un altrettanto giovane Nino Sonzogno. Gli anni che vanno dal 34 al 37 lo vedranno impegnato nel G.U.F. (Gioventù Universitaria Fascista) dove lavorerà come sceneggiatore e drammaturgo. Suoi sono i lavori alla regia di Mio fratello il ciliegio di Siro Angeli che con altre commedie rappresentate a Roma e a Firenze, nei circuiti ufficiali del teatro fascista, gli daranno maggiore notorietà.

Francesco Pasinetti. Sul set.

Si dedica anche al teatro lirico allestendo: « L’Elisir d’amore » di Donizetti e « Bastiano e Bastiana » di Mozart. La sua attività non disdegna collaborazioni con alcune testate giornalistiche allora diffuse come: l’ « Emporium », « Il Meridiano di Roma », « L’Ambrosiano » e soprattutto con « Cinema », la più importante rivista di informazione e di divulgazione cinematografica. Fu di questo periodo poi lo sviluppo e la stampa della prima Storia del cinema: dalle origini ad oggi, idea che ampliava il lavoro della sua tesi di laurea.

Al libro Pasinetti riuscì ad abbinare un’antologia: Cinema di tutti i tempi dove al testo fece seguire immagini e parole tratte dai film più importanti e ancora quasi sconosciuti a tutti. Un testo che ebbe diffusione fra gli appassionati della settima Arte.
Sembra quasi impossibile, a dispetto di un paese che andava verso una prematura rovina, che ci fosse ancora chi credeva nel valore della cultura. Quella delle immagini poi, che si stava aprendo verso nuove frontiere, non fu effimera. Sale cinematografiche si aprivano ovunque e i prezzi dei biglietti erano abbordabili per quasi tutte le tasche. L’espressione di una nuova arte si stava imponendo. Immagini e parole raccontavano storie il cui impatto apriva agli spettatori nuovi orizzonti, coinvolgendoli in emozioni che toccavano la sfera personale, lasciandoli immersi nella leggerezza dei sogni.

Pasinetti, da

Pasinetti sa tutto questo e cerca, attraverso la scrittura, di arrivare ad una narrazione che porti il cinema a rivaleggiare con la vita stessa. Il suo film più riuscito Il canale degli angeli è del 1934 e già si intravvede un’anticipazione di quello che sarà il filone cinematografico più importante di quegli anni, filone apertosi con Ossessione di Visconti e che darà in seguito autentici capolavori.

La delusione prodotta dai mancati guadagni porterà Pasinetti ad un ripiego verso altre forme di espressione. Scriverà per altre testate giornalistiche ed accoglierà poi volentieri l’invito fattogli dal G.U.F. di partecipare ad un viaggio negli Stati Uniti da cui ricaverà forti suggestioni oltre ad un cospicuo numero di foto scattate. Dietro ad una cinepresa ci ritorna per girare alcuni documentari. E’ del 1941 Sulle orme di Giacomo Leopardi, poco più di 11 minuti per rivedere e raccontare il poeta recanatese. L’anno dopo ne gira altri quattro (Città biancaLa gondolaI piccioni di VeneziaVenezia minore). Nel 43 è la volta di Nasce una famiglia a cui fa seguire, l’anno dopo, Venezia insorge, poco meno di dieci minuti per raccontare la resistenza antifascista nella sua città.

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Venezia minore, documentario del 1940 di Francesco Pasinetti

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A guerra finita altri documentari : Il Palazzo dei Dogi poi Torcello e Piazza San Marco. Nel ‘48 si inoltrerà tra il Piave e la Val Boite per girare un documentario commissionatogli dalla Società Adriatica di Elettricità. Il 48 sarà comunque un anno nero per la perdita di quattro documentari (Il giorno della Salute, Piazza Navona, Città sull’acqua, Zoo).

Dal 1932 al 1949 non sarà solo regista. La sua passione per la fotografia lo accompagnerà per tutta la vita, venendo espressa in centinaia e centinaia di fotografie miracolosamente salvatesi all’incendio della sua abitazione.

Le 200 fotografie che si trovano nel libro Questa è Venezia vista da Francesco Pasinetti in duecento tavole fotografiche ne sono la conferma.

Dai suoi scatti lui : “… non si cura di proporre itinerari corrispondenti a percorsi reali ma si concentra sugli aspetti che ritiene peculiari della città lagunare. Li osserva forzando lo sguardo oltre gli schemi convenzionali: fissa « sorpreso » l’apparizione degli sfondamenti prospettici che improvvisamente si incontrano, gli scorci che si proiettano verso l’alto, oltre la quota dell’occhio, con un ribaltamento del punto di osservazione… dove l’occhio non può giungere senza la complicità di chi l’abita” (Alberto Prandi).

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Notevoli per unicità sono quelle che immortalano Campo San Polo, riempito di lenzuola stese ad asciugare, ponti di legno (oggi sono tutti in muratura), interni di corti dove la luce si incunea dando risalto a particolari che normalmente sfuggono. Ma è anche una Venezia lontana dal frastuono e dalla percorrenza dei milioni di visitatori d’oggi. Campi, fondamenta, salizade, campielli con botteghe, immagini immerse in una venezianità antica, ormai scomparsa: prospettive lunghe e solitarie di una città che sembra disabitata.

Colpisce un’immagine scattata davanti alla Chiesa di San Zaccaria: due bambini guardano il lastricato che sembra riflettere il loro stato di solitudine…

Pasinetti morirà giovane, a soli 38 anni per un aneurisma aortico. Stava lavorando ad un ennesimo documentario (Scuola di infermiere uscito poi con il titolo di Ragazze in bianco).

Venezia, città dove è nato, lo ricorda in due sale, entrambe recanti il suo nome. La prima si trova al Lido, presso gli spazi della Biennale, l’altra è posta nel centro storico presso la Casa del Cinema.

Massimo Rosin

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Francesco Pasinetti. Questa è Venezia. 1943
Marsilio Editori
Scheda del libro
pp. 232 con 20 ill. a col. e 278 b/n, 1° ed.
2017
Collezione Libri illustrati

La passione per la fotografia di Francesco Pasinetti – grande regista e sceneggiatore veneziano, scomparso a soli trentotto anni nell’immediato dopoguerra – nacque durante un viaggio negli Stati Uniti nell’autunno del 1934. Da allora prese sempre maggiore confidenza con questo mezzo, fino a progettare, poco prima di morire (ma senza arrivare a pubblicarla), un’importante guida fotografica di Venezia: guida che viene qui riproposta fedelmente, secondo il suo progetto originario. Duecento tavole fotografiche illustrano una Venezia affascinante, molto personale, lontana dal turismo caotico e dalle vedute stereotipate.

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Massimo Rosin
Massimo Rosin nato a Venezia nel 1957. Appassionato di cinema, musica, letteratura, cucina, sport (nuoto in particolare). Vive e lavora nella Serenissima.

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