Ma siamo…. sicuri?

Sulla sicurezza nell’Aprile 2008 la destra di Berlusconi vinse l’elezioni. Ma l’Italia è un paese sicuro? Tra sicurezza reale e percepita un nuovo esempio di come è importante per la politica gestire l’informazione pubblica e privata. Il ruolo della RAI e di Mediaset, sull’affaire criminalità. I dati, le statistiche ed alcune considerazioni.

Non c’è dubbio che l’elezioni del 13 e 14 Aprile 2008 furono vinte dalla destra di Berlusconi, sul tema della sicurezza pubblica e della lotta alla criminalità che apparivano in quei mesi vere emergenze. La proposta dell’allora Forza Italia, della Lega e di Alleanza Nazionale apparvero più credibili al cospetto della “offerta” del centrosinistra, in pieno caos dopo l’ennesima caduta di Prodi, posto nella impossibilità di dirigere un’alleanza troppo eterogenea, confusa e contraddittoria.

Diversi studi hanno approfondito l’argomento, cercando di cogliere quando effettivo fosse il pericolo, la minaccia “criminalità” per i cittadini e quando fosse solo percepito ma non reale e che cosa, infine, fa percepire come vero ciò che vero non è.

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Già questo primo dato rilevato dal sondaggio Demos & Pi del giugno 2007 rileva un sensibile innalzamento della preoccupazione degli italiani. Da lì all’Aprile 2008, curiosamente data dell’elezioni, si avrà una vera e propria escalation della percezione della minaccia criminale, con picchi (come vedremo) da vero panico. Tra l’Autunno 2007 e la Primavera 2008 (in corrispondenza con l’elezioni dell’Aprile, l’informazione di stampa ma soprattutto l’informazione televisiva (Mediaset in testa) scatenarono una campagna sul tema sicurezza e criminalità intensissima e senza precedenti.
Di seguito pubblichiamo alcuni interessanti grafici tratti dal sito la Voce.it che sul punto ha effettuato un approfondito studio.
Questo studio ripropone l’indagine dell’Osservatorio di Pavia sul TG 1 e i canali Mediaset sull’incidenza sull’opinione pubblica che quei network televisivi ebbero nell’informazione sugli episodi di cronaca nera in Italia. Si può notare il vistoso picco tra l’autunno e L’inverno 2007/2008, incidenza che rimane alta anche fino alla primavera di quell’anno se si guarda ad esempio in rapporto all’anno 2006.

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Il tutto mentre la linea tratteggiata dimostra che l’andamento effettivo medio della criminalità in Italia ha un suo corso assolutamente piano e comunque regolare. Va anche ricordato (a scanso di equivoci) che il governo Prodi in perenne crisi ed incapace (non avendone i numeri né la stabilità) di amministrare, non provvide nemmeno a rimuovere i direttori Rai (incluso Rai 1) che erano ancora quelli imposti del precedente governo Berlusconi.
Se dividiamo il precedente grafico per semestri l’effetto è anche sorprendente perché possiamo notare che addirittura nei semestri, ritenuti caldi dalla informazione (tra Autunno 2007 e Primavera 2008) abbiamo in realtà finanche un sensibile calo della criminalità. Calo confermato dal Ministero degli interni dell’epoca (governo Prodi) e dall’agnostico ISTAT (Istituto per gli studi statistici).

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Come recita la tabella la curva blu indica l’andamento effettivo della criminalità e quello rosso l’informazione sulla criminalità (specie la televisiva di maggiore impatto). Ben si nota come l’andamento medio costante della prima tabella nella divisione per semestri evidenzia un calo più che tendenziale della criminalità tra il secondo semestre 2007 ed il primo semestre 2008. A differenza apparirebbe immotivato sul piano della urgenza informativa la vigorosa impennata di notizie sul crimine in Italia (curva rossa) per lo stesso periodo.
La visibilità, per quanto ingiustificata, assegnata al pericolo criminalità in Italia determina una impennata della criminalità percepita (ma non reale) dagli italiani. Ciò ben si evidenzia in questa altra tabella della società Demos. La cui curva gialla indica in proiezione la percezione degli italiani sulla criminalità, il senso d’insicurezza dovuto in gran misura all’uso che l’informazione fa delle notizie di “cronaca nera” in quel periodo.

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Ben si vede che il senso di pericolo percepito nel territorio (curva gialla) fa aumentare di circa il 10% il numero d’insicuri rispetto al primo semestre 2005 con una impennata robusta nel periodo autunno 2007, primavera 2008 per poi precipitare subito dopo le elezioni, quando di colpo l’informazione cessò di parlare, con tale intensità, di episodi criminali in Italia. Fino ad arrivare ad una sicurezza percepita in pochi mesi maggiore di quella dell’anno 2005. Il tutto nei soli sei mesi successivi all’elezione. Un miracolo di politica interna se si considera che di fatto nulla (o quasi) il nuovo governo in quei mesi aveva approntato sull’ordine pubblico.

In vero il clima di paura scatenato dai mass media non era suffragato da alcun dato reale, da nessuna statistica ufficiale, né dall’allora ministro degli interni. Si scatenò una campagna di terrore e d’insicurezza che aveva come oggetto l’opinione pubblica italiana (che ben si convinse del pericolo) e come soggetti gli immigrati. Se è vero che furono spese ore e ore di trasmissioni da tutti i canali televisivi, ma come ricorda l’apartitico Osservatorio di Pavia, principalmente dai canali Mediaset (come noti presieduti da Confalonieri ma appartenenti a Berlusconi) e dal TG 1 rimasto rigorosamente “conservatore” e vicino (per uomini ed idee) a Forza Italia e alla Lega Nord.

E’ indubbio che le informazioni sulla cronaca nera (i francesi faits divers) hanno una indubbia presa sul pubblico e danno soddisfazioni sul piano dell’audience, è possibile anche ritenere che questo interesse da televisioni commerciali e non di pubblica e corretta informazione si saldò con quell’interesse politico della destra, tra cui la Lega, impegnata a dimostrare come l’inefficacia del governo Prodi avesse portato ad un deterioramento sociale in Italia e ad una diffusa insicurezza sul territorio. In più le politiche solidaristiche dell’area politica che all’epoca era al governo avrebbe incoraggiato (sempre a dire dell’allora opposizione) l’arrivo degli extracomunitari con le conseguenze criminologiche rimarcate da quell’informazione televisiva. In realtà nella confusione e nell’asprezza della critica, la destra dimenticò alcuni particolari interessanti. In primo luogo che in quel periodo si scatenò una caccia rancorosa ai rumeni, accusati finanche da alcuni politici di avere nel DNA una propensione all’omicidio e allo stupro. I rumeni erroneamente venivano definiti extracomunitari, in realtà appartengono e già appartenevano all’epoca all’Europa unita, con il placet della stessa destra italiana. Si parlò del pericolo stranieri guardando agli effetti e non alle cause. Sempre in criminologia si evidenzia come la criminalità sia crescente dove vi è emarginazione. Le politiche di inserimento e di formazione, di questa potenziale forza lavoro, che viene in Italia per darsi un futuro, della chiamiamola per semplificazione “centrosinistra” furono del tutto scadenti ed insufficienti anche a causa della composita alleanza di partiti incapaci di darsi un programma di governo coerente, comune ed efficace, quelle del governo di centrodestra lo furono per precisa scelta politica. Quale fu ed è quella di escludere sostanzialmente gli immigrati dalla partecipazione alla nostra società. E’ evidente che la mancanza di accoglienza in una situazione di globalizzazione che l’impone, determina sacche di povertà, disagio e regresso culturale e civile che favoriscono l’avverarsi di episodi di criminalità.

La realtà è che se si guarda alla criminalità per numeri assoluti, includendo tutti i delitti dai più lievi ai più gravi tra il 2007 ed il 2008 il dato è il seguente. 2.933.146 casi nel 2007; contro 2.694.811 casi nel 2008, con un Calo dell’8,1% tra il 2007 ed il 2008 (dati della SDI /SSD). Ancora più interessanti nei suoi numeri assoluti sono i dati della Eurostat (Istituto di Statistica della Comunità Europea) che rileva che nel 2008 in Italia i crimini furono un totale di 2.933.146 (popolazione totale 59.870.123, casi totali sull’intera popolazione 4,89%) è interessante paragonare questi dati ad altri paesi europei percepiti come più sicuri. Ad esempio la Spagna: 2.309.859 casi totali (popolazione totale 44.903.659, casi totali sull’intera popolazione 5,14%); La Francia: 3.589.293 casi totali (popolazione 64.999.988, casi totali sull’intera popolazione 5,52%); La Germania: 6.284.661 casi totali (popolazione 82.166.671, casi totali sull’intera popolazione 7,65%) fino ad arrivare al tranquillissimo e civilissimo Regno Unito 5.444.648 casi totali (popolazione 62.032.247, casi totali sull’intera popolazione 8,78%). Ben si evidenzia che per cifre assolute l’Italia ha meno criminalità di paesi considerati ben più sicuri. Tuttavia, bisogna evitare pericolose semplificazioni. Come abbiamo ricordato questi sono dati assoluti in cui si inseriscono ogni tipo di criminalità. Va infatti, considerato che anche nella criminalità l’Italia mostra il suo regionalismo. Da una parte esiste una criminalità organizzata che reperisce sempre più manodopera presso il Sud Italia e presso gli extracomunitari o comunitari mal inseriti nella società italiana, per non dire decisamente esclusi.

Anche in questo caso è facile notare che finanche l’ultima crisi economica presenta nella reazione del governo un doppio binario. Il grosso dello sforzo specie in termini di ammortizzatori sociali e di sostegno economico è in difesa dei posti di lavoro al nord. Ben poco si è fatto e si fa per lo sviluppo del sud, dove il senso di abbandono dello Stato e la connivenza locale tra politica e criminalità organizzata favoriscono lo sviluppo di condotte illegali e criminali. Pratiche di connivenza tra amministratori, imprese e mala vita che incrementano una cultura dell’asocialità, che fomentano quei disvalori oggi vincenti rispetto a qualsivoglia etica della convivenza. In tal senso è indicativo (solo per citare un esempio tra i tanti) che se nel 2008 nella provincia di Pavia in Lombardia, gli omicidi sono stati zero in quella di Caserta in Campania gli omicidi siano stati più di venti. Ancora una volta è lo status sociale che favorisce o meno l’incremento della criminalità. Infine, allora (autunno 2007 – primavera 2008) come oggi il problema non è il numero di poliziotti necessari a gestire l’ordine pubblico sul territorio. E’ interessante notare che da uno studio della società americana Nation Master l’Italia ha il più alto quoziente di poliziotti (intesi come Pubblica Sicurezza, Carabinieri, Guardia di Finanza e Guardia Forestale) per numero di abitanti al mondo e tuttavia la fiducia degli italiani nelle forze dell’ordine è tra le più basse tra i paesi occidentali, il 54%, a fronte degli Stati Uniti dove vi è in assoluto il più alto numero di crimini tra i paesi occidentali, un numero inferiore di poliziotti, ma la fiducia nelle forze dell’ordine arriva all’89%. Il vero problema è che la nostra polizia ingente sul piano numerico è scarsamente equipaggiata, poco informatizzata, privata di risorse economiche, stritolata da un sistema di burocrazia che rallenta ogni sua azione, non ben coordinata da un’adeguata direzione politica del governo. Infine, la giustizia (su cui speriamo presto ci dica qualcosa il nostro Prof. Bruno Troisi) che è lentissima, priva di mezzi e lì anche di personale, con uffici fatiscenti e a volte finanche priva dei più elementari strumenti, dagli armadi per gli archivi, alla carta per fotocopiatrici (quando funzionano n.d.r.). Tutto questo con la pretesa oggi di stringere i tempi dei processi. Il cosiddetto processo breve rischia di essere una nuova amministra ed in tal senso è bene ricordare la catastrofica efficacia dell’indulto promosso dal governo Prodi (guarda sigilli l’allora ministro Mastella) che approvato con i voti anche di Forza Italia e dell’UDC, spopolò per qualche mese le carceri, ultraffollate.

Prima dell’indulto in Italia vi erano 59.523 carcerati. Dopo l’indulto 39.005 (2006) per aumentare a 48.693 l’anno successivo (2007). Questa è la riprova. Che non ci può essere nessuna seria opera di sfollamento delle carceri se non c’è poi la capacità di reinserire gli ex detenuti ammistiati o indultati, nella società offrendo loro occasioni per vivere e lavorare. Non ha caso il vero sensibile aumento di criminalità si ebbe in quel periodo (2006) come le tabelle dimostrano e non tra il 2007 e il 2008. Ed è vero che il problema carceri (drammatico in questo 2009 che ci lasciamo alle spalle) è fortemente presente in tutta Europa basta il drammatico dato sui carceri francesi, che non si discosta poi molto dalle altre realtà del continente. La popolazione carceraria aumenta ovunque, ed aumenta certo anche in rapporto al fenomeno globale dell’immigrazione. Ma sul punto non si può continuare nell’ipocrisia di credere che gli immigrati siano più cattivi degli indigeni. Il problema è che si continua a fare finta che il mondo non sia cambiato ed invece di cercare soluzioni credibili si insiste nella favola del DNA, della guerra di civiltà, ed altre affermazioni che sono plaudite da molti, in un mondo ormai pervaso da una politica con sempre meno idee e nuove ideologie, aderendo, acriticamente, alle forme vuote di un populismo deresponsabilizzante che caratterizza questi anni. La realtà è che l’immigrazione può essere un problema o una risorsa, dipende dalla capacità nostra di capire, interpretare e regolamentare una realtà che prescinde, nostro malgrado, dalla volontà o dai desideri politici del Paese. Occorre, anche in questo caso, una visione nuova del mondo e delle sue regole, imporre equamente diritti e doveri a tutti i cittadini anche a coloro che in Italia ed in Europa vengono per farsi una nuova vita. Ma naturalmente non si può essere cittadini solo quando si tratta di lavorare, magari in nero presso le aziende del nord Italia, bisogna esserlo anche nel dare la possibilità agli immigrati di partecipare alla vita sociale e amministrativa delle città, imponendo il rispetto delle leggi italiane, ma garantendo a questi “nuovi” cittadini tutte quelle prerogative che la nostra amata Costituzione garantisce (a cominciare dalla liberta di culto e di associazione).

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Conclusioni.

Concludendo alcune considerazioni. La realtà, aldilà del percepito, attraverso l’uso (quello sì politico) dell’informazione, è che l’Italia è tra i paesi più sicuri dell’occidente. Con una criminalità pericolosa nelle sue forme organizzate che inquinano l’economia e la politica, come anche le recenti indagini della magistratura dimostrano ed una criminalità da immigrazione indotta da politiche forsennate ed irresponsabili portate avanti negli ultimi dieci anni di storia politica italiana. Il ministro degli interni Maroni, in un comunicato del Gennaio 2009, affermò che la criminalità organizzata e l’immigrazione clandestina sono il vero e principale problema della sicurezza in Italia. Ma se da un lato sono innegabili i successi di questi mesi della magistratura e della polizia nella lotta alla criminalità organizzata, troppo poco fa il governo a sostegno delle forze dell’ordine e il perenne clima di scontro istituzionale suscitato specialmente dal nostro premier contro le più alte istituzioni di controllo come il Presidente della Repubblica o la Corte Costituzionale, per non parlare delle continue aspre critiche alla magistratura non facilitano un clima di fiducia degli italiani nelle nostre forze dell’ordine e nella nostra giustizia.
Infine si può dire che sull’economia e sulla sicurezza si sono avuti gli esempi più lampanti di quanto sia pericoloso l’uso dell’informazione, nel plagiare le menti degli italiani nell’indurli a percepire anche cose non vere o almeno non vere nella misura percepita, e quindi è evidente quanto sia importante l’opera corretta di informazione di chi come noi, cerca di dare un servizio corretto ai cittadini.
Il Siamo sicuri? del titolo va quindi posto anche e soprattutto all’attuale informazione specie televisiva, che gli italiani consumano maggiormente. Una volta la cosiddetta “Controinformazione” doveva raccontare ciò che la “informazione ufficiale” taceva oggi si è arrivati alla necessità paradossale di contrastare un uso delle notizie che mira a disorientare i cittadini, o meglio ad orientare i cittadini rendendoli, in qualche modo, massa di manovra per ottenere poteri e consensi che altrimenti non sarebbero garantiti all’attuale sistema politico.
E’ dovere di noi tutti cercare con chiarezza i veri termini della realtà delle cose.

Nicola Guarino

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Nicola Guarino
Nicola Guarino, nato ad Avellino nel 1958, ma sin dall’infanzia ha vissuto a Napoli. Giornalista, già collaboratore de L'Unità e della rivista Nord/Sud, avvocato, direttore di festival cinematografici ed esperto di linguaggio cinematografico. Oggi insegna alla Sorbona presso la facoltà di lingua e letteratura, fa parte del dipartimento di filologia romanza presso l'Università di Parigi 12 a Créteil. Attualmente vive a Parigi. E’ socio fondatore di Altritaliani.