Le due sinistre e la rivoluzione culturale italiana.

Ad una sinistra moderna non puo’ bastare l’eguaglianza, il pane, un lavoro purché sia. La sinistra moderna mette al centro il valore della libertà, la difesa della democrazia, l’aspirazione dell’individuo alla sua realizzazione, riconosce il merito. Guarda alla politica come un mezzo e non un fine. Non puo’ condannare la dittatura di Mussolini e poi difendere quella di Maduro. Si tratta di cose che segnano la differenza tra la sinistra del secolo scorso e quella di oggi.

Recentemente sui social ho scritto: “La vecchia sinistra non riconosce che la Cuba di Fidel sia stata senza libertà”. Un mio nipote, che non vuole abiurare alla sua “fede” comunista, mi ha risposto con ironia dicendomi che io e quelli come me si sono sbagliati per 50 anni, concludeva chiedendosi se non ci stiamo ancora sbagliando.

Socraticamente potrei sostenere che in fondo l’errore è un tratto imprescindibile dell’uomo ed anche grazie ad esso che la nostra specie si evolve in modi più o meno razionali e non senza contraddizioni. Invece, gli ho risposto semplicemente che evidentemente sì, ci siamo sbagliati. Del resto è vero che la guerra delle ideologie si è conclusa, dopo un secolo di storia, con la sconfitta delle teorie marxiste e la fine della “speranza” socialista.

800px-lenin_engels_marx.png

Credo che la consapevolezza o meno di ciò, sia alla base del radicale conflitto incorso tra quelle che nel mondo e in Italia, potremmo definire, con il sociologo Ricolfi, come la vecchia e la nuova sinistra. Per la verità trovo superato, limitativo e fuorviante il termine sinistra, ma per restare al gioco e volendo semplificare, preferirei parlare di sinistra moderna, come il PD in Italia, e sinistra conservatrice, come quella ad esempio di Articolo 1 o di tutta quella miriade di gruppetti che oggi danno del « traditore » al PD e che non perdonano a Renzi, come magistralmente ha scritto recentemente lo psicologo Recalcati, l’esibizione del cadavere dell’ideologia socialista.

La consapevolezza o meno dell’esito di quel conflitto ideologico novecentesco credo sia alla base dell’attuale conflitto in quell’area politica.
La cosa emblematica è che quel conflitto ideologico non fu risolto con le armi, come avvenne con la destra dittatoriale, fascista o nazista che fosse, che cedette non solo alle insurrezioni partigiane, ma specialmente alla potenza di fuoco dei nostri attuali alleati che imposero di fatto il vero ed unico modello vincente del nostro secolo breve, la democrazia.

Alla base della fine delle teorie socialiste vi è stato non un esercito e per certi aspetti nemmeno un’economia più forte dell’altra, semmai la circostanza che l’economia capitalista finisse per essere prevalente su quella socialista o nazionalista è solo un effetto, la sconfitta della teoria socialista si ebbe proprio sul modello di vita.
Da una parte vi era un modello capitalista teso alla valorizzazione dell’impresa come strumento di riuscita sociale e di evoluzione industriale che si accompagnava anche ad uno sviluppo tecnico e scientifico, con l’affermazione del merito e della riuscita individuale quale espressione principe della creatività e competitività, dall’altro un modello collettivista, che assorbiva e talvolta annullava l’individuo nel nome dell’interesse dei consociati o forse, sarebbe meglio dire, dello Stato.

Mi appare evidente che chi dall’Albania scappava sulle coste pugliesi, o chi dalla Germania est, dove la vita degli altri era sotto il torchio della Stasi, o chi era nella Bulgaria filo sovietica e nella stessa Unione Sovietica dove si consumavano file solo per comprare del pane, chiedeva solo una vita « normale » e viveva male non solo la mancanza di futuro, ma la mancanza di democrazia, di libertà, in paesi dove non era ammessa la critica come ancora oggi è nella mitica Cuba dove al dramma sociale, dovuto anche all’odioso embargo statunitense che decenni dopo Obama toglierà, si aggiungeva una fondamentale assenza di libertà, sia individuale che associativa, collettiva.

Rispondendo a mio nipote potrei dire che la vecchia sinistra non tutto fece male, specie nell’ambito dell’assistenza sanitaria, della scolarizzazione di massa, nel riconoscimento di più umane condizioni di lavoro, ma che è evidente che ha fallito come modello economico-sociale. In primo luogo perché non ha riconosciuto il valore della competizione e di conseguenza del merito, addirittura nei miei anni settanta, la sinistra, specie quella più ortodossa, predicava il sei politico per tutti, una cosa che azzera il merito anche sotto il profilo intellettuale.

Il socialista Maduro

Il modello capitalista, che non è immune da pecche, basti pensare ai feroci processi omologativi che scatena con le sue politiche consumiste, si è dimostrata (inevitabilmente) più liberale e più consona a quel modello democratico, che seppure imperfetto ed oggi finanche in crisi, resta l’espressione del migliore dei mondi possibili. Certo il modello consumistico condiziona, ma lo si può rifiutare, il modello socialista, come dimostra ancora oggi Maduro in Venezuela, non lo si può rifiutare e nemmeno contestare. Non è un caso che ancora oggi la sinistra conservatrice, che storicamente ha avuto sempre un’incapacità all’autocritica, figlia del proprio dogmatismo, sia arrivato al paradosso di difendere sui social finanche il crudele dittatore venezuelano. Democrazia e libertà, sono per una sinistra moderna due termini inscindibili e il secondo è un valore e, pertanto, non si puo’ essere partigiani che combattono per la libertà contro il fascismo e restare indifferenti quando chi priva della libertà si chiama Maduro e si proclama socialista.

Mentre la vecchia sinistra ripiegava nella sua “fede” aggrappandosi sempre più a contenuti morali se non moralistici (a tal proposito si può dire che la fine della via italiana al socialismo fu segnata dalla questione morale di Berlinguer, che di fatto chiudevano ogni concreta progettualità all’allora Partito Comunista, incapace di un rinnovamento nella visione del rapporto uomo e lavoro, o sullo sviluppo democratico delle nuove tecnologie o sul concepimento stesso della città, per citare solo degli esempi) la sinistra moderna, prima con Veltroni e poi con Renzi, assumeva questa consapevolezza del fallimento di un progetto ideologico, iniziando, con un processo autocritico, a porsi delle domande che restano ancora oggi « proibite » per la galassia delle varie sinistre che dal PD e prima dal PDS sono fuoriuscite. La sinistra moderna è figlia proprio di questa autocritica che ha messo definitivamente in crisi il dogmatismo ideologico dei socialisti e comunisti del secolo scorso. Si tratta di una visione nuova che intende la politica e la partecipazione su basi pragmatiche, concrete, e che non si fonda su un’atteggiamento religioso, integralista. Si tratta di un modo nuovo di fare politica che rifiuta liturgie ormai stantie e sterili.

Il socialista Maduro

Oggi chi è di sinistra puo’ anche permettersi il lusso di criticare il mitico Fidel. Insomma, la libertà non è tutto d’accordo, ma per la sinistra moderna quasi lo è. E da essa derivano tante altre cose essenziali, ad esempio: la realizzazione individuale, il riconoscimento del proprio merito e quindi un sano spirito di competizione che si manifesta in ogni settore della vita pubblica e privata. Il riconoscimento delle diversità (a Cuba i gay erano e forse sono ancora oggi incarcerati, e così nella socialista Cecenia): La sinistra moderna non ha più nulla a che vedere con le icone del passato: Mao, Stalin, Lenin che sono state sostituite da figure come Kennedy ed Obama. Piace De Gasperi e il revisionista Berlinguer. Nella letteratura piace molto l’eretico Pasolini che tanto era avversato dai compagni comunisti.

Insomma la sinistra moderna ama citare Dossetti e i fratelli Rosselli, si sente prossima per empatia a Giustizia e Libertà e non è un caso che tra le anime del PD spiccano anche quella radicale e finanche liberale, una cosa che appena quaranta anni fa avrebbe sconvolto le menti guida del PCI, per non parlare della sempiterna galassia del settarismo di sinistra.

Il conservatorismo della vecchia sinistra è quella che in Francia ha portato anche al paradosso del protezionismo anti-europeo che ha visto uniti la France Insoumise di Melénchon con i fascisti di Le Pen, e in Italia, in occasione del referendum costituzionale ha visto unire i fascisti di Casa Pound addirittura con ampi settori dell’ANPI e « gloriosi quadri” di quella sinistra da rottamare come D’Alema e Bersani uniti nell’occasione addirittura ai populisti e a Berlusconi.

Primarie del PD

Mi appare per questo evidente che la sinistra moderna è europeista ma critica, che vuole per il continente svolte consistenti, che si apre alla globalizzazione nella consapevolezza che il delicato snodo geopolitico è appunto uno snodo, che potrà offrire forse domani un mondo diverso, più libero ed equo, sia vista con timore non tanto e non solo dai conservatori di gauche, che oggi gridano al tradimento, ma da un intero establishment che non vuole mollare le proprie rendite di posizione e che continua a credere nella competizione e nel merito solo sulla carta. Ed è per questo che, al netto di tutti luoghi comuni, il PD, ad esempio, sia in Italia l’unica forza politica davvero antisistema.

Aver rinunciato alla dogmaticità, all’atto di “fede” è uno dei tratti distintivi della sinistra moderna e progressista, l’altro e non minore elemento di rivoluzione è stato il comprendere che la politica non è il fine, ma il mezzo per rendere le nostre società più libere, più umane e più vissute, ma questo richiede anche un senso della responsabilità individuale che all’epoca della dottrina socialista non era considerata. Insomma il focus si sposta dalla categoria, dalla classe (si sarebbe detto un tempo), all’individuo.
E’ forse è per questo che quella della nuova sinistra, nata dalle polveri del muro di Berlino, deve essere considerata innanzi tutto una rivoluzione culturale, che ha come obbiettivo un uomo nuovo, un senso nuovo e responsabile della partecipazione sociale per la determinazione di un senso di appartenenza alla patria italiana ed europea che è purtroppo ancora oggi lontana dal divenire.

Nicola Guarino

Article précédentVenezia 74: Presentazione tra storia e cronaca.
Article suivantConcertino
Nicola Guarino
Nicola Guarino, nato ad Avellino nel 1958, ma sin dall’infanzia ha vissuto a Napoli. Giornalista, già collaboratore de L'Unità e della rivista Nord/Sud, avvocato, direttore di festival cinematografici ed esperto di linguaggio cinematografico. Oggi insegna alla Sorbona presso la facoltà di lingua e letteratura, fa parte del dipartimento di filologia romanza presso l'Università di Parigi 12 a Créteil. Attualmente vive a Parigi. E’ socio fondatore di Altritaliani.

LAISSER UN COMMENTAIRE

S'il vous plaît entrez votre commentaire!
S'il vous plaît entrez votre nom ici

La modération des commentaires est activée. Votre commentaire peut prendre un certain temps avant d’apparaître.