Gabriele Basilico: «Bord de mer», riedizione libro Missione DATAR

Nel 2012, chiesi al grande fotografo italiano Gabriele Basilico un testo su Luigi Ghirri che egli aveva conosciuto e con il quale aveva lavorato sul progetto “Viaggio in Italia” al quale parteciparono dei ‘giovani’ fotografi italiani che esplorarono il territorio italiano alla ricerca del paesaggio del nostro paese. Parlando di Ghirri e dell’esperienza unica di “Viaggio in Italia”, Gabriele Basilico associò all’iniziativa di Ghirri quella della Délégation à l’Aménagement du Territoire et l’Action Régionale (DATAR) sur l’identité géographique de la France, che lo vide fra i protagonisti di un’avventura fotografica fra le più interessanti per lo studio del territorio e del paesaggio di cui si fece carico un’istituzione e un gruppo di studiosi del territorio come tessuto vivente di uomini e cose, architetture e strutture, ricerca sociologica e naturalistica.

Il lavoro di Gabriele Basilico per la Mission Photographique de la DATAR diventò una mostra a Parigi nel 1985 al Palais de Tokyo dal titolo Bord de mer. Il catalogo, con lo stesso titolo, fu edito in Italia e anche in Francia, con i rimaneggiamenti e le aggiunte volute dall’artista fino al 2012 (l’ultima edizione voluta e curata da Basilico un anno prima della sua scomparsa).

Copertina del libro e nel portfolio 3 foto del libro in alta definizione (copyright Contrasto)

Oggi, la casa editrice Contrasto riprende il progetto dell’artista nella sua totalità per una quarta edizione, datata 2016, che ricostruisce la campagna fotografica di Basilico in Francia. A quest’opera, sempre con lo stesso titolo Bord de mer, hanno collaborato il traduttore – il libro è bilingue, italiano e francese – Dominique Vittoz, la curatrice Angela Madesani, la critica e grafica Roberta Valtorta, Gabriel Bauret che spiega la missione della DATAR e il senso di questa iniziativa e l’introduzione di Bernard Latarjet della prima edizione del 1984.

Ricchissimo di fotografie di vario formato – 226 fotografie in bianco e nero – Bord de mer è un’opera odeporica, vero documento di viaggio iniziatico, così come lo si concepiva nel XVIII° secolo, quasi un Grand tour e un “In corso d’opera” di un artista giovane e che si trova, siamo nel 1983, coinvolto in un grande progetto di generosa visione, di rispetto e di studio di un territorio difficile lontano dall’Italia, su nel Nord, davanti al mare dallo stesso nome, quello dei Vichinghi, dei grandi viaggi e dei naufragi, dei pirati delle isole britanniche, dei pescatori di aringhe che partivano per Terranova e seguivano le sirene durante le terribili tempeste. Lo vediamo, Basilico, serio, giovane, barbuto come un sessantottino verace, già corpulento e imponente, in una bella foto di gruppo all’inizio del nostro libro con altri grandi nomi della fotografia come Robert Doisneau, Raymond Depardon e altri.

Gabriele Basilico, Bord de mer

Basilico, unico italiano, a testimoniare un paesaggio, a inserirlo nel suo percorso culturale, nel contesto del suo mondo sensibile. Mi disse che grazie a questo lavoro, questo itinerario sinuoso lungo le coste francesi piatte e immense, aveva scoperto la materialità, i colori, l’incontro fra l’umano e la natura divina, il senso dell’arte fiamminga, della pittura dei maestri del paesaggio olandese e italiano come Bellotto. Il tutto in una terra che beneficia di un clima difficile, ospita fumi di industrie e nuvole di vapori, dove il mare si infuria e trascina le terre con maree galoppanti. Dove la solitudine puo’ farti sentire le sirene, la notte d’inverno, quando il vento e la salsedine distruggono la vegetazione, ma dove il sole, quando appare, disegna ogni filo d’erba e arricchisce ogni angolo squallido; siamo nell’illusione, nel paese degli arcobaleni che si incrociano, dei grigi di ogni sfumatura e delle nuvole sovrane.

Gabriele Basilico, che aveva già dato vita alle fabbriche e ai terreni abbandonati grigi e misteriosi di Milano industriale, fu scelto per testimoniare questo strano paesaggio dove la bellezza sì è nascosta ma resiste; dove la natura ha stretto un patto con l’uomo e entrambi sopravvivono in maniera contraddittoria e assai sorprendente.

Si tratta del viaggio di un artista italiano lungo il litorale francese, quello che sfiora la Manica, che si incunea dalla Fiandra verso il Belgio, verso le terre del grande Nord e che è stato scelto, grazie ai venti sempre presenti, dalle grandi industrie metallifere e dalle autorità portuali per assicurare i traffici e lo sviluppo industriale francese. Una grande sfida per un artistra fotografo come Basilico, ma consona al suo spirito solitario, al silenzio che lo ha seguito come un’ombra durante il suo percorso di vita e di arte.

La sua arte gli sopravvive e ci sembra che questo omaggio che gli si tributa oggi sia un’iniziativa di grande valore culturale e storico.

Gabriele Basilico amava moltissimo questo territorio francese che va da Le Havre à Bray Dunes passando per Dieppe, Le Tréport, Merlimont, Wissant, Calais, Dunkerque e mi aveva confessato che avrebbe voluto tornarci per riappropriarsene e verificare le sue riflessioni sulle architetture, cambiate, dei luoghi e sulle trasformazioni paesaggistiche e umane.

Gabriele Basilico, Dunkerque 1984

Emerge il suo gusto per questi immensi panorami dove il cielo non trova che terra per appoggiarsi e dove non ci sono barriere ma solo terre piatte – le “Plat pays” di Jacques Brel- e miliardi di invisibili granelli, pulviscolo sabbioso, che turbina, si sposta, “canta” col vento, copre la vegetazione che si arma di spine e di cespugli intricati e inaccessibili – il maquis – dove trovano rifugio uccelli migratori, animali e ora i migranti. Fuga incessante di sabbie chiare, barriere di cemento per frenare l’acqua che rode il litorale, minaccia di inondazioni future, dell’ annientamento del territorio in riva al mare, che, senza concessioni, vive in anarchia e spinge al sogno molti come unica speranza di vita. Un viaggio in Inghilterra perché la vita abbia un senso umano. Questo attirava Gabriele Basilico, questa tensione e questo universo severo, sobrio, quasi mistico.

Rispettando la sua concezione politica dell’arte, la sua come quella degli altri, questo libro a cui teneva tanto è un messaggio dell’artista che avrebbe voluto interlocutori istituzionali “sensibili” alla conservazione del territorio, all’uso artistico e sensibile del paesaggio, quello italiano, così delicato e facile al massacro. L’esempio della DATAR francese, unico momento di “cura” anche per questo paese, per Gabriele Basilico è un monito da seguire in Italia, una speranza.

Gabriele Basilico, Dunkerque 1984

Ma ora lasciamo la parola all’artista che chiarisce e illustra il suo pensiero profondo:

…“Nel 1983, anno in cui Ghirri concepisce e organizza con altri l’avventura di Viaggio in Italia, prende il via in Francia la Mission Photographique de la D.A.T.A.R., la più grande committenza pubblica realizzata nella storia della fotografia.
Le due vicende fotografiche, profondamente diverse per organizzazione, tempo impegnato, obiettivi preposti e ambito istituzionale, affrontavano temi simili e avevano come scopo immediato comune la necessità di una rappresentazione critica dei luoghi e, più in generale, di una rifondazione di una cultura del paesaggio contemporaneo.

Non è facile fare qui un bilancio esauriente sulla vicenda della fotografia di paesaggio per come si è sviluppata in Europa a partire dagli anni 80, per il seguito che ha avuto e per l’egemonia culturale che ha imposto nella cultura fotografica per quasi vent’anni. Sarebbe però utile oggi riflettere e confrontare queste due esperienze, insieme ad altre che si sono alternate negli anni. Non potendo approfondire questa indagine, mi limiterò a delle semplici osservazioni, formulate più che altro per conoscenza diretta e personale. Alcune considerazioni sull’esperienza francese possono forse servire a inquadrare in prospettiva i problemi e le aspettative che in quegli anni erano emersi. La Mission Photographique a tutt’oggi rimane la committenza pubblica più complessa e ambiziosa che ha fatto lavorare i fotografi sul territorio dal 1983 al 1988. La D.A.T.A.R.[[Délégation à l’Aménagement du Territoire et à l’Action régionale.]] è un’istituzione del governo francese che si occupa di pianificazione in senso allargato: indaga i problemi connessi allo sviluppo del territorio, delle risorse locali, dell’industria, dell’agricoltura, dei flussi migratori, delle iniziative culturali, fornendo a chi deve amministrare gli strumenti per un miglior coordinamento ed equilibrio. Gli interventi della D.A.T.A.R. hanno principalmente a che fare con lo spazio, lo modellano e lo trasformano.

Le grandi trasformazioni avvenute dopo l’era post-industriale hanno coinciso con un momento particolare della storia del territorio. Per la prima volta senza dubbio nella storia le modificazioni dello spazio non possono più iscriversi in una rappresentazione del mondo coerente e omogenea. Non è più possibile ridare al paesaggio la coesione che ha perduto, senza una profonda azione culturale. Ricreare un paesaggio significa ricreare una cultura del paesaggio […] al di là della semplice registrazione, la fotografia deve consentire di rispondere alla necessità di creare un’immagine dei luoghi e dell’aspetto della nostra vita quotidiana non solo come oggetti d’uso, ma come supporti di valori culturali …[[Bord de mer, Art & d’Udine 1990 e 1992, Baldini & Castoldi, Milano 2003, Le Point du Jour, Paris 2003]].

Gabriele Basilico, Bord de mer

[….] Questa iniziativa nasce in un paese che ha una ricchissima tradizione dell’esercizio pubblico della cultura e che inoltre ha sempre dato molta importanza alla fotografia fin dalle sue origini. E’ quindi con un impegno non comune, sia sul piano teorico che per quanto riguarda gli stanziamenti economici, che la D.A.T.A.R. decide di dare vita al progetto che più di ogni altro avrebbe orientato e messo in rapporto il paesaggio con la fotografia.

Per approfondire i problemi e organizzare la missione fotografica, la D.A.T.A.R. riunisce periodicamente pianificatori, architetti, geografi, artisti, storici dell’arte.

Vengono messe in campo moltissime questioni, principalmente quelle connesse alle modificazioni del territorio, alla sua perdita di coerenza, alla sua frammentazione e ibridazione. Ma vengono messe in discussione anche le vecchie categorie della geografia e in generale i metodi di rappresentazione, come in urbanistica, non più adeguati a indagare la realtà. Nelle riunioni periodiche si riflette sulla perdita dei simboli collettivi, o meglio sulla iperproduzione di simboli che in numero eccessivo non riescono più a rispondere ai bisogni essenziali della società.

E’ necessario un confronto con le esperienze dell’arte, la cui libertà di azione è forse ancora in grado di ridare significato e sostanza a una realtà con la quale intratteniamo un rapporto sempre più astratto.

Questo rinnovato conferimento ‘artistico’ alla fotografia mira a togliere tutte le ambiguità al suo ruolo professionale, e a restituire la più ampia libertà di azione e di interpretazione.

La missione incoraggia i fotografi a un comportamento artistico e discute con loro in un contesto improntato alla più ampia sperimentazione, l’elaborazione dei progetti e il loro svolgimento. Alla fine appaiono evidenti nell’esperienza D.A.T.A.R. le questioni che influenzeranno non poco il futuro della fotografia tra gli anni 80 e 90: il rilancio e la scoperta di un’identità di artista per la figura del fotografo, e il rapporto sempre più stretto tra questa figura con la cultura che si collega alle scienze del territorio.

Se la Mission D.A.T.A.R. ha avuto la responsabilità di spogliare la fotografia di tutte le ambiguità legate all’arte e di ricollocarla, come partner prezioso, all’interno del tumultuoso e incerto sviluppo della cultura contemporanea, Viaggio in Italia in modo silenzioso e con una storia più privata che pubblica, ha inciso nella stessa direzione ispirandosi forse più al modello letterario della narrazione e della poesia che direttamente al mondo dell’arte.

In entrambe le esperienze mi sembra che il paesaggio sia stato esplorato in modo nuovo, lontano dal clima agitato degli anni 70, senza cadere nella trappola dei pregiudizi e con un diffuso desiderio di riconciliazione, sentimento utile e conveniente per poter osservare la realtà senza condizionamenti.”
(Gabriele Basilico – Milano, settembre 2004)

IL LIBRO:

Gabriele Basilico, BORD DE MER
A cura di Angela Madesani
Contrasto Edizioni
Formato 28 x 24 cm
163 pagine
226 fotografie in b/n
cartonato
edizione in italiano e in francese
38,25€
Acquista il libro a questo prezzo sul sito dell’editore Contrasto

La Casa Editrice Contrasto pubblica Bord de mer in una quarta edizione aggiornata e ampliata del libro di Gabriele Basilico che raccoglie le fotografie realizzate in Normandia tra il 1984 e il 1985 per incarico della “Mission Photographique della DATAR” (Délégation à l’Aménagement du Territoire et à l’Action Régionale). Si tratta della quarta edizione del volume pubblicato per la prima volta nel 1990. Il libro è stato integralmente concepito e realizzato dall’autore e avrebbe dovuto essere pubblicato nel 2013. Angela Madesani, curatrice, e Mara Scanavino, grafica hanno collaborato con Basilico alla realizzazione del progetto.

***

L’AUTORE:

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Gabriele Basilico (Milano, 1944-2013). Dopo la laurea in Architettura (1973), si dedica con continuità alla fotografia. Milano ritratti di fabbriche (1978-80) è il primo lungo lavoro che ha come soggetto la periferia industriale. Nel 1984-85 con il progetto “Bord de mer” partecipa, unico italiano, alla Mission Photographique de la D.A.T.A.R., il grande incarico governativo affidato a un gruppo internazionale di fotografi con l’obiettivo di documentare le trasformazioni del paesaggio francese. Nel 1991 partecipa, con altri fotografi internazionali, a una missione a Beirut, città devastata da una guerra civile durata quindici anni.

Da allora, Gabriele Basilico ha prodotto e partecipato a numerosissimi progetti di documentazione in Italia e all’estero dai quali sono nati mostre e libri, come Porti di mare (1990), L’esperienza dei luoghi (1994), Italy, Cross Sections of a Country (1998), Interrupted City (1999), Cityscapes (1999), Berlino (2000), Scattered City (2005), Appunti di viaggio (2006), Intercity (2007). Tra i lavori recenti, Roma 2007, Silicon Valley, Mosca Verticale, indagine sul paesaggio urbano di Mosca, ripresa nel 2010 dalla sommità delle sette torri staliniane, Istanbul 05 010, Shanghai 2010, Beirut 2011, Rio 2011, Leggere le fotografie (2012). Partecipa alla XIII Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia (2012) con il progetto “Common Pavilions”, il cui volume è stato pubblicato da Contrasto. Contrasto ha pubblicato anche Abitare la metropoli, uscito postumo nel 2014 e Basilico Milano (2015).

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Maria G. Vitali-Volant
Maria G. Vitali-Volant : nata a Roma, laureatasi all’Università di Roma; abilitata in Lettere, storia e geografia; insegnante e direttrice di biblioteca al Comune di Roma, diplomata in Paleografia e archivistica nella Biblioteca Vaticana, arriva in Francia nel 1990 e qui consegue un dottorato in Lettere, specializzandosi in Italianistica, con una tesi su Giuseppe Gorani, storico viaggiatore e memorialista nel Settecento riformatore. Autrice di libri in italiano su Geoffrey Monthmouth, in francese su Cesare Beccaria, Pietro Verri, è autrice di racconti e di numerosi articoli sull’Illuminismo, sulla letteratura italiana e l’arte contemporanea. In Francia: direttrice di una biblioteca specializzata in arte in una Scuola Superiore d’arte contemporanea è stata anche insegnante universitaria e ricercatrice all’ Université du Littoral-Côte d’Opale e à Paris 12. Ora è in pensione e continua la ricerca.

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