Lo Ius Soli una battaglia di civiltà.

Cos’è lo Ius Soli, come funziona oggi il diritto di cittadinanza in Italia e come sarà dopo la riforma che i partiti di governo stanno portando avanti? Contro un’elementare riconoscimento di uno status giuridico si schierano la Lega, il movimento di Grillo e la destra. Anche in questo caso come in passato una battaglia civile e di modernizzazione del paese, diventa occasione di divisione per la politica. Nel post scriptum, l’appello di intellettuali e scrittori a favore dell’approvazione dello Ius Soli.

Il nostro sito è di solito agnostico in politica, preferendo il dubbio e il dibattito, all’assunzione di certezze e al sostegno acritico ad un’idea, un progetto, una proposta politica. Tuttavia chi ci conosce da tempo o magari ha letto il nostro manifesto e il nostro “Chi siamo”, non potrà meravigliarsi se sullo Ius Soli, attualmente al centro del dibattito politico italiano, prendiamo una posizione che sia nettamente favorevole.

Come in altre battaglie civili, anche l’approvazione di questo principio e della relativa legge, è un passaggio importante nella modernizzazione del paese e nel riconoscimento di diritti, per circa seicentomila giovani e giovanissimi residenti in Italia, che sono dovuti e per i quali come è nostro solito siamo anche in ritardo.
Una battaglia civile, come furono quella per il divorzio o per l’aborto, come è stata quella più recente per le unioni civili. E anche in questo caso, come nei precedenti, la politica italiana n’è uscita divisa e per certi versi finanche lacerata.

E’ bene ricordare che fin qui per il diritto di cittadinanza è valso il principio dello “Ius sanguinis”, ossia un bambino è considerato e riconosciuto come italiano solo se uno dei genitori lo è. Pertanto, un bambino nato da genitori stranieri (che lavorano regolarmente in Italia, pagano le tasse e magari desidererebbero acquisire la cittadinanza), seppure partorito sul nostro suolo, può chiedere la cittadinanza solo dopo aver compiuto 18 anni e sempre che abbia risieduto in Italia “legalmente e continuativamente”.

Con lo Ius Soli, oggetto della attuale riforma, si introducono due nuovi criteri per ottenere la cittadinanza prima della maggiore età: Lo Ius soli (“diritto legato al territorio”) e lo Ius culturae (“diritto legato all’istruzione”).

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Questo, di fatto e formalmente, evita l’automatica acquisizione della cittadinanza per il solo fatto di nascere nel territorio (come avviene in America) e determina dei possibili percorsi per ottenere la cittadinanza. In primo luogo il bambino che nasce per diventare automaticamente “italiano” deve avere almeno uno dei genitori legalmente residente in Italia ed essere cittadino europeo. Altrimenti, se in possesso di permesso di soggiorno, deve rientrare in tre parametri: 1) deve avere un reddito non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale; 2) deve disporre di un alloggio che risponda ai requisiti di idoneità previsti dalla legge; 3) deve superare un test di conoscenza della lingua italiana.

Attraverso il percorso dello Ius culturae.
Potranno accedere alla cittadinanza i minori stranieri nati in Italia o arrivati entro i 12 anni che abbiano frequentato le scuole italiane per almeno cinque anni e superato almeno un ciclo scolastico (ovvero le scuole elementari e/o medie). I ragazzi nati all’estero ma che arrivano in Italia tra i 12 e i 18 anni potranno ottenere la cittadinanza dopo aver abitato in Italia per minimo sei anni ed avere superato un ciclo scolastico.
Come si vede la proposta di legge del governo, sostenuto dal PD e dagli altri alleati dell’esecutivo, non regala cittadinanze, né costituisce una via per facilitare l’arrivo d’immigrati e disperati dal mare (questo è, malgrado le strumentalizzazioni politiche, tutto un altro tema).

Nessun regalo ma piuttosto il riconoscimento di uno status che avvicinerebbe bambini e ragazzi che a tutti gli effetti sono italiani (per nascita, per formazione scolastica e culturale, per interazione sociale), a quei bambini e ragazzi figli di italiani e che vivono, studiano ed interagiscono con loro e che non comprendono perché i vari Antony, Isaaf, Omar, Diakite, Felipe, Chang, ecc., non siano considerati come loro.

Le cronache dei giornali ci hanno mostrato come la mancanza di questa riforma abbia impedito, ad oggi, a ragazzi che fanno sport di accedere a manifestazioni internazionali, perché non hanno una bandiera che li rappresenta; studenti che pur valenti non possono accedere all’Erasmus, perché appartenenti ad una Italia che non li riconosce cittadini. Eppure si tratta di ragazzi che parlano benissimo l’italiano e magari anche il lombardo, il napoletano, il veneto, il siciliano.

Si fatica a capire come la politica possa dividersi su una procedura che ormai appartiene a tutto il consesso europeo più moderno ed evoluto. Tutti, da destra a sinistra, invocano politiche d’integrazione anche per evitare i perniciosi fenomeni di terrorismo e di disagio sociale che si sono presentati in Francia o in Belgio e recentemente in Gran Bretagna, ma poi non si è disposti nemmeno ad integrare e a riconoscere la cittadinanza a bambini e ragazzi che sono fieri di essere italiani, magari nati e vissuti sempre in Italia, figli di immigrati che lavorano con dignità e che pagano le tasse e spesso favoriscono, con il loro contributo, l’economia del paese.

Tuttavia, si puo’ capire che la Lega, un tempo antitaliana e secessionista, da sempre xenofoba sia oggi contro a questo riconoscimento. Si puo’ finanche comprendere quella destra forzista, ma vi sono anche fra loro voci di dissenso, che imbevuta di una retorica patriottica di altri tempi e che, in piena globalizzazione, andrebbe forse riesaminata ed aggiornata, invochino lo “Ius sanguinis” guardando con sospetto a questa apertura, ma lascia interdetti la posizione di M5S, che da sempre pretenderebbe di mettere al centro il cittadino e che oggi si prepara a negare, ad una parte di quelli, il più elementare dei diritti.

Senza un briciolo di umanità, sotto la dettatura del “francescano” Beppe Grillo, come automi, i parlamentari grillini, si accingono, senza alcuna coscienza, ad opporsi a questa riforma. Ipocritamente, hanno già votato astenendosi al Senato (dove l’astensione per regolamento, vale voto contrario), promettendo battaglia affinché lo “Ius Soli” non passi.

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Dietro la scelta di Grillo e del coerede del movimento Casaleggio, c’è l’ennesimo algoritmo, il solito calcolo per carpire consensi, l’ennesima azione populista. Come altro dovremmo ritenere dei voltagabbana che prima si dichiarano francescani e che poi, in un batter di ciglia, in piena polemica anche con la Chiesa cattolica, si dichiarano contrari a risanare una situazione di eguaglianza tra cittadini che ancora oggi è insoluta?

La realtà è che i grillini avvertono, che i segnali di ripresa del paese, e l’inefficacia della loro guida locale nelle amministrazioni, con il funereo esito elettorale nelle recenti comunali e che i loro rappresentanti non illibati innanzi alla legge, la necessità di una virata a 360 gradi, ed avendo avvertito l’odore acido del fastidio di molti italiani verso il tema dell’immigrazione e dell’integrazione, hanno populisticamente, confuso cittadinanza (per chi ne ha diritto) e soggiorno (per chi ne ha bisogno), facendone tutto un mazzo ed andando cosi a sperimentare la große Koalition populista insieme alla destra lepenista di Salvini.

Questa non è politica. Questo è arrivismo. E’ pura caccia al consenso anche a costo di ogni incoerenza (e i 5 Stelle sono campioni di inaffidabilità, come molti esempi provano, a partire dalla Raggi indagata ma che è inamovibile dallo scranno di sindaca di Roma, oppure la vicenda della riforma elettorale).

Noi lo ripetiamo a destra e a sinistra: Lo Ius Soli non è un regalo ed è anche tardivo, ma è necessario. Anche nel nome della nostra Costituzione, con cui troppi si sciacquano la bocca, i cittadini italiani devono essere tutti uguali, davanti alla legge e al paese, senza distinzioni di razza, di sesso, di lingua o di religione. E’ una questione semplicemente di civiltà.

Nicola Guarino

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Nicola Guarino
Nicola Guarino, nato ad Avellino nel 1958, ma sin dall’infanzia ha vissuto a Napoli. Giornalista, già collaboratore de L'Unità e della rivista Nord/Sud, avvocato, direttore di festival cinematografici ed esperto di linguaggio cinematografico. Oggi insegna alla Sorbona presso la facoltà di lingua e letteratura, fa parte del dipartimento di filologia romanza presso l'Università di Parigi 12 a Créteil. Attualmente vive a Parigi. E’ socio fondatore di Altritaliani.

1 COMMENTAIRE

  1. Lo Ius Soli una battaglia di civiltà di Nicola Guarino
    Come sempre, Sig. Guarino, chiaro e condivisibile. Ma mi piacerebbe aggiungere quanto segue per mettere il dito sul punto più doloroso della piaga.

    Non è questione di opposizione politica dettata da un’idea contraria alla riforma che trasforma il principio di cittadinanza per uniformarsi alle nuove politiche sociali di un mondo non più nazionalistico e chiuso nelle tradizioni assolutiste delle monarchie, dei principati, delle contee, delle baronie e delle dittature che sono state la storia d’Italia fino all’avvento della Repubblica. È semplicemente cecità e ignoranza politica in cui si dibattono i problemi della nazione che continua imperterrita a mantenere obsolete tradizioni anche quando diventano inutili e addirittura nocive. In Italia le tradizioni sono un modus vivendi e non un ricordo storico di eventi che ci hanno appartenuto quando la civiltà occidentale, alla quale apparteniamo pur non partecipando, era ancora in fase evolutiva. Gli italiani scoprono quando vanno a lavorare e a vivere all’estero che al di fuori del paesello e delle provincie dentro i confini della madre patria esiste un mondo diverso. Un mondo difficile da importare in Italia, perché rivoluzionerebbe tutto il sistema burocratico, cancellerebbe abitudini di ceti radicati nella vita consuetudinale della popolazione, annullerebbe vecchie professioni e titoli acquisiti che, nonostante non rappresentino più nulla di utile nella società moderna, sono ancora amati e rispettati dalla popolazione. Come potrebbe un italiano comprare un’automobile se non esistesse più il notaio? Gli esempi sarebbero innumerevoli, ma è preferibile tacerli perché si solleverebbe il problema di come fare certe cose che si sono fatte sempre nella stessa maniera.

    In Italia, e purtroppo anche in altre nazioni della vecchia Europa, è più facile importare l’Islam che non i musulmani che scappano dalla loro arretratezza per liberarsi dalla schiavitù delle loro tradizioni religiose e sociali e non solo dalla miseria, dalla fame e dalla guerra. E inoltre, con la “Ius Soli” come finirebbe la sacralità dell’Impero Romano.

    La moderna politica italiana è retta da partiti che sono ormai istituzioni che radunano accoliti che si ritengono appartenenti a ideologie di destra, di sinistra o di centro a prescindere dai programmi che sarebbero necessari per lo sviluppo della nazione. Diventa ovvio che chi grida più forte ha ragione e poi alla resa dei conti scontenta tutti trattenendo alla fine solo i pochi tifosi più scalmanati. E poi si ricomincia da capo. È la storia dell’oca che si ripete e si racconta sempre uguale.

    Ma non tocchiamo la scuola! Se formiamo nuovi docenti si riformerebbe la scuola e, con le nuove generazioni, tutto cambierebbe. E cosa sarebbe dell’Italia e della sua costituzione più bella del mondo?

    La ringrazio per la sua ospitalità e spero che questa aggiunta possa far riflettere almeno alcuni sulla necessità di cambiare e, non solo la Ius Sanguinis.
    Daniele Bertozzi

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