Quando cantava il Trio Lescano

A volte rivisitare l’Italia attraverso la sua musica, le sue canzoni, ci può far ritrovare qualcosa, forse solo un semplice motivo o un ritmo perduto, oppure il tempo di una gioventù allegra e spensierata…

Il Trio Lescano

Ed è quello che tenterò di fare oggi cercando di ripigliare quelle sensazioni che allora diedero agli italiani la certezza, o forse solo l’illusione, che attraverso le canzoni, si potesse vivere meglio… Di quel tempo non ho che la memoria dei miei e di quanti lo hanno vissuto davvero, a cui aggiungo le immagini, davvero sciagurate, che la televisione ha spesso riproposto. Forse l’avete già intuito: sarà un viaggio nel « Ventennio fascista » (che aprì la marcia su Roma, cento anni fa). Non certo per celebrarne chissà quali vanti, da cui prendo tutte le distanze (lo ritengo il periodo più buio della nostra recente storia, che di fatto ha ostacolato l’arrivo della democrazia relegandoci, davanti al cospetto europeo, a paese di serie B).

Pur tuttavia, come accade quasi sempre nei paesi dove le dittature si impongono, qualcosa da salvare c’è sempre. Me ne sono convinto dopo aver ascoltato innumerevoli volte alcune tracce musicali. Tracce davvero sorprendenti, se si considera che il nostro paese, patria di grandi musicisti (il secolo precedente ci aveva dato Verdi e Puccini solo per citare i più conosciuti), aveva un livello di istruzione media davvero basso e l’analfabetismo era ancora una piaga sociale.

Pochissimi erano poi quelli che sapevano leggere la musica. Le eccezioni tuttavia non mancarono anche in un genere, quello della musica leggera, considerato solo come semplice intrattenimento. Così, trasportato da quella musica, mi sono ritrovato… nel 1936, anno in cui comincia l’avventura (e la carriera) di tre straordinarie sorelle, nemmeno italiane, ricordate semplicemente con un nome: TRIO LESCANO. Storia non molto conosciuta la loro.

trio-lescano-3-t70f20g45-w2.jpg

Nate dalle seconde nozze del loro padre, Alexander Leschan, di Budapest, per nulla convinto di dover passare la vita da vedovo, nel 1910 si risposa con Eva Leuwe, una giovanissima cantante di operette pressoché sconosciuta. Il matrimonio ad Amsterdam dà subito i suoi frutti. In quello stesso anno nasce Alexandrine, prima componente del non ancora formato trio. Tre anni dopo, nasce Judith a cui seguirà Catharina detta Ketty, ultima delle future sorelle Lescano. Non avrà fortuna il fratellino Alexander jr. che morirà a soli undici mesi. Questo lutto porterà Alexander ed Eva ad una vera e propria crisi. Alexander non riuscirà a risollevarsi, perdendosi nell’alcool. Eva lo abbandonerà da lì a poco, portandosi appresso le tre figlie che resteranno sempre unite a lei. Siamo nel 1925, è l’inizio di un lungo percorso che le porterà di città in città ad un grande successo.

Quattro anni dopo il quartetto si sposta tra Wesel e l’Aja senza però che gli siano offerti contratti vantaggiosi. Eva decide così di prendere una nave e di effettuare la prima traversata oceanica. L’approdo sarà Buenos Aires, la capitale argentina, dove cercheranno di entrare in certi giri di spettacoli, per assicurarsi almeno una dignitosa sopravvivenza.

Le sorelle saranno ingaggiate come ballerine presso una compagnia di spettacoli. Vicino alla madre farà la sua prima comparsa un italiano, tale Enrico Portino conosciuto durante la traversata e che diventerà presto impresario delle sorelle Leschan. Judith e Alexandrine avranno modo di mettersi in mostra nel gruppo « The Sundays Girls » creato dalla madre e da Portino. Dopo qualche mese rientrano in Europa. Nel 1930 sono a Madrid, in Spagna, nazione dove pensano di ricominciare una nuova vita. Qui, il primo Agosto, debuttano nel ristorante « Jardines del Buen Retiro ». Alle due sorelle vengono adattati spettacoli che valorizzano le loro qualità. Il nome del gruppo è quasi lo stesso, The Sundays Girls, e la loro vita troverà una svolta negli spettacoli allestiti, ora qua ora là, anche dentro ai circhi, allora molto affollati, dove, alle qualità di ballerine uniranno quelle dell’acrobazia. Con loro viaggerà anche Portino che diventerà l’amante ufficiale della madre. Il loro girovagare li condurrà anche in Egitto, dove in una rara fotografia, le sorelle saranno riconoscibile tra il dorso dei cammelli, a fianco delle immortali piramidi.

lescano4.jpg

È la combinazione di un viaggio nel nostro paese, fatto nel 1935, che le porterà a Torino dove avranno modo di mettersi in evidenza. Ad uno spettacolo, saranno viste da un tale Carlo Porta, allora maestro arrangiatore, il quale vedendo la disinvoltura delle sorelle chiederà a loro di provare anche con il canto. La proposta, alquanto bizzarra, provocherà una serie di sorrisi.

Mai avevano pensato alla musica, tantomeno al canto. Ormai la sfida era lanciata. Porta ha sentito canticchiare le due sorelle, le giudica degne di una prova. Ha sentito parlare anche di una sorella, la più piccola, che però è ancora in Olanda. Chiederà alla madre di andarla a prendere. Nella sua mente prende forma un progetto: creare un trio di sorelle, cosa mai avvenuta in precedenza.

Conquistate da questa prospettiva, dopo alcuni mesi di intenso ma interessante tirocinio, le Leschan saranno presentate all’EIAR ( Ente Italiano Audizioni Radiofoniche) entrando quasi subito a far parte del gruppo degli artisti radiofonici. Siamo nel 1936 anno del loro primo contratto con la casa discografica Parlophon che le lancerà nel mondo dello spettacolo.

Nasce così il primo trio vocale tutto femminile. Il loro nome sarà italianizzato e conosciuto col nome di « Trio Lescano ». In molti, all’inizio si chiedevano chi fossero. La loro non perfetta pronuncia faceva avanzare qualche sospetto, ma la qualità delle loro voci fece passare tutto in secondo piano. È con il maestro Cinico Angelini che incideranno il loro primo disco: « Guaranì Guaranà », ma sarà sotto la guida del maestro Pippo Barzizza, allora il più bravo tra i direttori di orchestre di spettacolo, che il Trio passerà da un successo all’altro, facendo conoscere agli italiani un ritmo allora sconosciuto: il Fox-Trot. Tutto o quasi è trascinato dalla simpatia che il trio sa trasmettere.
triolescano1942.jpg

Le loro canzoni hanno ritmi che portano, a chi le ascolta sensazioni nuove, con delle note che sembrano scandire il ritmo di una nuova vita. A canzoni fanno seguito altre canzoni. Il carattere nuovo del loro ritmo si impone…

Pure il cinema le vuole. Il regista Corrado D’Errico le farà cantare « O luna pallida » nel suo film « L’Argine » (attori principali un giovane Gino Cervi e Luisa Ferida). Furono le prime immagini del trio, fino ad allora noto al pubblico solo attraverso la fissità delle fotografie.

Ma L’Italia restava sempre al passo, chiusa nell’ideologia del Duce. In quell’anno (1936) accaddero alcune cose che, ben guidate dalla propaganda, illusero gli italiani di essere una grande nazione. Il 9 maggio Mussolini gonfia il petto proclamando al popolo italiano che « L’Etiopia è italiana ». Il mese dopo dalle fabbriche della Fiat esce una nuova vettura. La chiameranno « Topolino », un segno della grande ripresa economica.

Tutti si sentiranno più forti e tale sensazione durerà fino all’entrata in guerra del paese da lì a qualche anno. Intanto “le cose migliori” però avvengono all’estero. Hitler in agosto celebrerà a Berlino le sue Olimpiadi. Le immagini di quell’evento, girate magistralmente dalla regista Leni Riefenstahl, daranno al mondo l’idea di cosa fosse in grado di fare la Germania. Nonostante ciò Hitler, ad Ottobre, sentì il bisogno di stringere con Mussolini il suo piano infernale: il patto Roma-Berlino.

Ma se tali avvenimenti destarono grande impressione, cosa potevano aggiungere in più le canzoni del Trio Lescano? O quelle di Natalino Otto, cantante la cui popolarità aveva raggiunto la vetta più alta? Molto, se è vero che, in una forma di « resistenza inconscia », gli italiani le preferivano a quelle di regime (« Giovinezza », « Facetta nera » , « Ti saluto, vado in Abissinia », solo per ricordare le più celebri). Così sulla bocca di tutti, gli allegri ritornelli di « Maramao perché sei morto », « Pippo non lo sa »,  » Mamma voglio anch’io la fidanzata » (cantata da Natalino Otto), affioravano spontanei, quasi a sancire la preferenza.

.

Il fascismo, nonostante tutto ciò che di negativo aveva portato, in primis la riduzione della libertà di espressione, non impedì al Trio Lescano di affermarsi come fenomeno di quel tempo. Perfettamente inserite nel panorama della canzone leggera, non si prestarono mai alla propaganda fascista. Fu solo nel 1942, e per una convenienza giustificata, che notificarono la loro iscrizione al PFN (Partito Nazionale Fascista): iscrizione che le permise di ottenere l’agognata cittadinanza italiana.

Alessandra, Giuditta e Caterinetta, italianizzati i loro nomi, passano da un successo all’altro, grazie anche alla diffusione che ebbero allora gli apparecchi radiofonici: ben 1.250.000 furono quelli acquistati dagli italiani in quelli anni di austerità. Mancava quasi tutto agli italiani, ma non la voglia di cantare. Sono questi gli anni anche di un altro grande della canzone di quel tempo: Alberto Rabagliati. La sua « Ba, Ba, Baciami piccina » ebbe un successo incredibile. Anche il suo ritmo dava agli italiani quella scossa che serviva per ritrovare un po’ di buon umore.

Il 1937 passò rapidamente, aprendosi ad altre stagioni di successi. Il 1938 è la volta di: « Ma le gambe », « E’ arrivato l’Ambasciatore », e poi nell’anno successivo: « Maramao perché sei morto », « Signorine grandi firme ». Sarà proprio di quest’anno la loro prima tournée italiana che le porterà in ben 44 città. Si chiamerà « Viva la radio » e sarà presentata da un garbatissimo presentatore: Nunzio Filogamo destinato ad una brillante carriera.

Pure allora la voglia di nuove canzoni si imponeva e al trio non rimanevano che gli studi discografici per rinnovarsi. Ecco che nel 1940 (anno dell’entrata in guerra dell’Italia) incideranno, tra le altre, tre bellissime canzoni : « Pippo non lo sa », « Pinguino innamorato », « Tuli tuli, Tuli tulipan », con cui conquisteranno ancora le simpatie del loro pubblico.

.

Già, il 1940. L’entrata dell’Italia a fianco dell’invincibile Germania, faceva apparire tutto facile. La guerra lampo dei tedeschi, non era che il segno di un grande successo che avrebbe portato anche l’alleato Italia nel giro delle potenze mondiali. « Vincere, e vinceremo » proclamava con toni enfatici Mussolini nei suoi discorsi. E in questo ritrovato « entusiasmo » nessuno sembrava fare caso al numero degli italiani morti nelle guerre contro gli etiopi e i libici, la cui potenza bellica faceva sorridere…

Ma un po’ per dimenticare, un po’ per sopravvivere a questi tragici momenti, Il Trio Lescano continuava a cantare. Nel 1941 incidono « La canzone del boscaiolo », poi « La famiglia canterina ». Ma sono momenti difficili. Cantare non è necessario, se ne è persa la voglia. La guerra assorbe tutte le energie agli italiani che non sono così sicuri della vittoria finale. Il Duce aveva promesso che la guerra sarebbe durata poco, ma così non sarà.

Il Trio Lescano continuerà a cantare fino al 1942, quando su di loro piovvero le accuse di essere di origine ebraica. La madre, Eva, sarà costretta a fuggire in Francia. Per il Trio si preannunciano tempi tristi. Nel 1942 sono ancora sulla cresta dell’onda. Riescono ad incidere una bellissima canzone « Ciribiribin » con cui ristabiliranno il contatto con il pubblico che le aveva sempre sostenute. L’anno successivo con il maestro Cinico Angelini incidono il loro ultimo disco: « Te lo dice il cuore ».

Nel dicembre di quell’anno, con il paese ormai diviso in due, il Trio riuscirà a raggiunger la loro madre a Saint Vincent, vivendo l’ultimo periodo della guerra nel più completo anonimato.

A guerra finita tenteranno di ripresentarsi alla ribalta, forti dei loro successi. Ma l’Italia forse aveva già voltato pagina e tutto ciò che era appartenuto a quegli anni così terribili, andava rimosso. Non servì a nulla la loro grazia, né quel loro modo di cantare così diverso da tutti.

Massimo Rosin

Article précédentQuirinale: Gli scenari della prossima presidenza della Repubblica.
Article suivantHommage à David Sassoli, passionné par l’Europe et ‘uomo perbene’
Massimo Rosin
Massimo Rosin nato a Venezia nel 1957. Appassionato di cinema, musica, letteratura, cucina, sport (nuoto in particolare). Vive e lavora nella Serenissima.

2 Commentaires

  1. Complimenti, sì, per un articolo scritto ed illustrato davvero molto bene. Doveroso far conoscere o ricordare chi ha saputo far vivere e cantare, con tanto talento e tanta grazia… Di solito, evito di pensare alla nozione di fierezza. Ma qui l’Italia può tranquillamente dirsi orgogliosa di queste meravigliose voci e personalità. Che contrasto con l’ombra terribile della Storia!

  2. Quando cantava il Trio Lescano
    Voglio che arrivi un grazie all’autore Rosin, che con tanta professionalità ha portato in primo piano una parte della musica di un’epoca particolare.
    Pur non essendo giovanissima, anche io ho sentito soltanto parlare di quell’epoca, ne ho letto sui libri di storia, che però ovviamente non contengono alcun riferimento a quegli aspetti che con tanta grazia sono descritti nell’articolo.
    Ma il vero motivo del mio gradimento è di origine ‘affettiva’. Ci sono i racconti, le figure di cui mi parlava mio padre quando ero bambina. Lui, grande amante di quel genere musicale, spesso canticchiava (nei momenti sereni di vita domestica) i brani citati. Altrettanto spesso me ne spiegava i testi, o le origini, per cui ho ritrovato un forte senso di familiarità tra queste righe. Le canzoni del Trio Lescano per non parlare di quelle di Natalino Otto (esponente di uno stile swing all’italiana) sono per me estremamente familiari. Conosco a memoria alcuni brani di Natalino, imparati ascoltando mio padre, ed in particolare i dischi (quelli magnifici, in vinile) dal giradischi acceso la domenica mattina, per riempire di musica l’aria casalinga e familiare

LAISSER UN COMMENTAIRE

S'il vous plaît entrez votre commentaire!
S'il vous plaît entrez votre nom ici

La modération des commentaires est activée. Votre commentaire peut prendre un certain temps avant d’apparaître.