Un film sulla scomparsa di Emanuela Orlandi: “La verità sta in cielo”.

Presentato a Parigi alla Cinémathèque française, il film di Roberto Faenza: “La verità sta in cielo” che, forte di una robusta sceneggiatura e di un ottimo cast, cerca di sollevare il velo su uno dei misteri italiani più inestricabili: la scomparsa, agli inizi degli anni ottanta, da Città del Vaticano della giovane Emanuela Orlandi. Alla presentazione fra gli altri anche il fratello della Orlandi che da anni si batte perché si continui ad indagare e perché si faccia giustizia.

In occasione della “giornata internazionale per il diritto alla verità per le vittime delle violazioni dei diritti umani” dell’ONU, presenti i suoi funzionari dell’Ufficio di Bruxelles, Deborah Seward e Fabio Graziosi, è stato presentato, il 28 marzo alla Cinémathèque di Bercy, il film “La verità sta in cielo” di Roberto Faenza (tra i più significativi autori del nostro cinema, già vincitore del Donatello nel ’93 con “Jona che visse nella balena” e che nel 95 porto’ all’ennesimo successo Mastroianni con il bellissimo “Sostiene Pereira” dal romanzo di Tabucchi). Il nuovo film, prodotto dalla “Jean Vigo Italia” e “RAI Cinema” è sul rapimento e la scomparsa d’Emanuela Orlandi avvenuto nel 1983 a Roma.

Quindicenne, figlia d’un funzionario del Vaticano, Emanuela Orlando non è stata più vista dopo il pomeriggio nel quale era andata al suo corso di flauto vicino alla Chiesa di S. Apollinare. Scomparsa per sempre e cosi vano risulto’ l’appello di Papa Giovanni Paolo II che all’Angelus aveva chiesto ai rapitori la sua liberazione.

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Come racconta il film, più di 30 anni dopo il capo redattore d’una TV inglese (interpretato da Shel Shapiro) invia una sua giornalista (Maya Sansa) a Roma per un’inchiesta su “mafia capitale”, la quale si avvale delle indagini della collega Raffaella Notariale (Valentina Lodovini) del programma TV “Chi l’ha visto”. Quest’ultima le fa conoscere le interviste a Sabrina Minardi (Greta Scarano), ex compagna del boss della banda dei testaccini Renatino De Pedis (Riccardo Scamarcio) -oltreché ex moglie del calciatore della Lazio Bruno Giordano- da cui emergono gli indizi del coinvolgimento di De Pedis nel rapimento.

A Roma, intanto, i misteri sugli intrecci tra mafia e potere (con il quale i testaccini sembrano più “efficienti” di quelli della Magliana) continuano a esistere di pari passo con le colate di cemento in cui spariscono sacchi dal contenuto altrettanto misterioso, e nei rapporti finanziari tra Stato e Vaticano l’epilogo del banchiere Roberto Calvi (Anthony Souter) è come la cenere del sigaro di Monsignor Marcinkus (Randall Paul) non arrestato in virtù solo della sua immunità. E negli intrecci con la Curia la sepoltura di De Pedis a S. Apollinare, dopo il suo assassinio nel 90 in pieno centro a due passi da lì in Via del Pellegrino, appare normale avendola egli voluta, fino a quando il trasferimento nel 2012 della salma altrove da lì (luogo comunicato da una telefonata anonima a “Chi l’ha visto”) aggiunge ulteriori supposizioni sul passato.

Le quali durano anche dopo che nel 2015 la Procura chiede l’archiviazione dell’inchiesta (come di quella sulla scomparsa di Mirella Gregori avvenuta poco prima di quella della Orlandi) perché (come dalla dichiarazione del Procuratore Giuseppe Pignatone) a seguito delle “indagini estremamente complesse e approfondite condotte dalla squadra mobile di Roma e direttamente dai magistrati … nei confronti di diversi indagati”, indagini “che hanno approfondito tutte le ipotesi investigative man mano prospettatesi sulla base delle dichiarazioni di collaboratori di giustizia e di numerosi testimoni, delle risultanze d’inchieste giornalistiche e anche di spunti offerti da scritti anonimi e fonti fiduciarie, non sono emersi elementi idonei a richiedere il rinvio a giudizio di alcuno degli indagati» (tra cui “Ciletto” e “Giggetto” ossia Angelo Cassani e Gianfranco Cerboni oltre a Sabina Minardi). Il Procuratore Aggiunto Giancarlo Capaldo non aderisce alla richiesta d’archiviazione, sostenendo la necessità d’indagare su altri elementi, anche a seguito dell’entrata in scena di Marco Accetti (ennesimo personaggio ambiguo di questa intrigata storia), sedicente testimone delle telefonate di ricatto al Vaticano per la restituzione della Orlandi in cui si richiedeva la liberazione di Alì Agca o si minacciavano i fondi inviati dallo IOR ai sindacati polacchi.

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E anche se Accetti è infine giudicato «soggetto ansioso di protagonismo» il suo “lavoro di sceneggiatura scaturito dallo studio attento di atti e informazioni acquisiti negli anni” potrebbe meritare comunque qualche attenzione.

Ma tanto rimangono riconosciute la professionalità di Capaldo sugli elementi della malavita (non solo a Roma come ex Direttore della Direzione Distrettuale Antimafia e come autore di “Roma mafiosa”, ed. Fazi, 2013, ma pure all’inizio della sua carriera a Biella nelle indagini sui sequestri di persona) e le stime che egli ha avuto dai Ministri della Giustizia Rognoni e Vassalli quando ne è stato consigliere e alla Presidenza del Consiglio come Capo dell’Ufficio Legislativo, quanto sulla riva opposta del Tevere a quella di Via Arenula, Palazzo Chigi e S. Apollinare rimangono sempre sconosciuti gli altri elementi per la riapertura delle indagini: oltreché per la polvere intanto ulteriormente accumulatasi negli archivi di Piazzale Clodio, per quella che il Vaticano non vuole far entrare aprendo quelli propri per cui come ha lasciato far intendere Papa Francesco, rispondendo al fratello Pietro, “Emanuela è in cielo” e dunque “La verità rimane in cielo”.

Al dibattito, dopo la proiezione, hanno partecipato il Direttore dell’Istituto Italiano di Cultura Fabio Gambaro, il Presidente dell’associazione Anteprima e Insegnante del Dipartimento italiano di Sciences Po Paolo Modugno, Capaldo, Faenza e Pietro Orlandi. Proprio il fratello di Emanuela ha fatto ancora appello alla consultazione dei documenti della Santa Sede, chiudendo con le sue parole questo incontro cinematografico.

Lodovico Luciolli

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