C’è chi minaccia la democrazia in Italia.

Le ultime vicende mediatiche e giudiziarie, con i falsi verbali sul padre di Renzi, dimostrano come la nostra democrazia sia sotto attacco. Riconoscendo l’integrità di gran parte della magistratura e dell’informazione non si puo’ non notare che tra inchieste giudiziarie fallaci e amplificazioni mediatiche obbiettivamente si tende a delegittimare la politica. A conti fatti la stragrande maggioranza delle inchieste cadono, dopo anni di lavorio mediatico, nel nulla. In nome di cosa e per chi si genera questa operazione di delegittimazione? Si tratta di scenari in evoluzione non chiari e contraddittori ma che spingono tutti i soggetti in causa (cittadini inclusi) ad un sussulto di senso di responsabilità. Perché sotto attacco, piaccia o no, appare proprio la democrazia.

L’affaire Tiziano Renzi, con l’elaborazione di un falso verbale di un’intercettazione telefonica, con l’evidente scopo d’incastrare
il padre dell’ex premier Renzi, pone interrogativi seri
e insinua scenari preoccupanti per il futuro della democrazia nel nostro paese.

Sono tre i fatti che farebbero escludere la mera colpa nella trascrizione del brogliaccio delle intercettazioni. In primo luogo, queste trascrizioni false sono coincise con una serie di violazioni di segreti istruttori, determinati da qualcuno che dalle procure, o dalle forze dell’ordine coinvolte, ha fatto trapelare quotidianamente, con un evidente piano, parti di verbali che hanno scatenato l’inevitabile campagna mediatica contro il padre di Renzi e il ministro Lotti (braccio destro dell’ex premier), con lo scopo malcelato di compromettere l’immagine di Matteo Renzi, fino ad oggi mai sfiorato da alcun tipo d’inchiesta giudiziaria.

Si è assistiti per settimane a prime pagine di giornali capitanati, nell’inseguimento alla preda, da il solito “Fatto Quotidiano” (ribattezzato sarcasticamente da Renzi: Il Falso Quotidiano), e ad una pletora di trasmissioni televisive il cui focus era tutto centrato sull’ex leader del PD. Il secondo motivo è stato il sospetto della procura di Roma che le indagini napoletane non fossero linde e che comunque qualcosa non tornasse, al punto da togliere alla NOE dei Carabinieri di Napoli l’inchiesta. Il terzo e forse più grave è stata la denuncia degli investigatori partenopei che avevano dichiarato che erano stati attivati i servizi segreti (la cui responsabilità per legge è direttamente ascrivibile al capo del governo) per pedinare (e forse intimorire) gli stessi, anche questa si è rivelata una circostanza del tutto falsa.

Tiziano Renzi

Le cronache raccontando che il capitano dei Carabinieri addetto all’investigazione, Scarfato, fosse un uomo preciso ed integerrimo e cio’ crea ulteriori dubbi e domande su quanto è accaduto.

Il problema è spinoso, coinvolgendo tre grandi poteri: La politica, la magistratura e l’informazione. Un triangolo complesso e per il quale è difficile credere ad un’unica regia che voglia condizionare i destini del paese.

Certo va detto che i cittadini hanno da tempo una scarsissima fiducia nella politica. Qualche anno fa uno studio rilevo’ che solo tre italiani su cento avevano ancora una piena fiducia nella politica, mentre la maggior parte aveva fiducia nella magistratura e una buona parte nell’informazione.

La cosa è facilmente riscontrabile basti notare come, l’influenza delle vicende giudiziarie, riportate nelle cronache di giornali e televisioni, cambino sensibilmente i consensi per le forze politiche. All’indomani delle turbinose vicende della Raggi a Roma il PD scavalco’ nei sondaggi i 5 Stelle, per poi subire il controsorpasso proprio a seguito delle cronache su Tiziano Renzi, cronache, come detto, fondate su verbali falsi.

Analogamente, va ricordato che lo stesso Woodckok che oggi si occupa per la procura napoletana del caso Consip, poco prima del referendum sulle trivelle, genero’ un’inchiesta su corruzione ed ambiente denominata “Tempa Rossa”, relativa ad estrazioni petrolifere in Lucania, inchiesta che agevolo’ i sostenitori del Si a quel referendum contro le indicazioni del governo, l’inchiesta è subito evaporata all’indomani del voto referendario.

Una nuova strategia della tensione.

Sembrerebbe che, sempre più, la credibilità della politica sia messa a rischio più che dai propri, e non pochi demeriti, da un’azione sincronizzata di magistrati e giornalisti capaci di influire, forse di manipolare, sui cittadini e quindi sul loro consenso verso le forze politiche, finendo per orientare questi nei gusti e preferenze.

Nella prima repubblica esisteva, e in tanti lo ricordiamo, la strategia della tensione che si faceva a colpi di bombe ed attentati. Una strategia che doveva condizionare gli italiani spingendoli sempre più verso una domanda di ordine e sicurezza, limitando cosi l’ascesa e il cambiamento proposto dalla sinistra. Certo il tema è complesso e la strategia della tensione ancora oggi ha sotto il profilo storico troppe ombre e poche luci e del resto esistevano sia a destra che a sinistra, forze extraparlamentari e terroristiche che avevano il concreto obbiettivo di far saltare l’ordine democratico della repubblica.

C’era anche la pratica dei dossier su personaggi scomodi della politica nonché del mondo economico e culturale del paese, una vecchia pratica che fu prima della monarchia e poi del regime fascista, mirante a trovare i punti deboli nei soggetti interessati, per poterli poi ricattare e limitare nelle loro attività, spesso di dissenso politico.

Niente di nuovo sotto il sole.

Non puo’ quindi stupire la possibilità che ci siano pezzi contrapposti (come dei clan) della politica, della magistratura e dell’informazione che siano collegati fra loro in una battaglia politica che sempre più esce dalle piazze reali per restringersi di più nelle piazze virtuali dei social o più tradizionalmente nei palazzi del o dei poteri.

E’ un fatto, che da Tangentopoli in poi, la magistratura è diventata sempre più condizionante sulle vicende politiche del paese ed è anche un fatto che i giornali, pur senza avere più le nette divisioni ideologiche che furono, restino dei formidabili megafoni di queste battaglie.

Tuttavia, come in un romanzo di Sciascia diventa difficile delineare chi ci sia dietro il capitano Scarfato di turno e viene da chiedersi se non ci siano più regie e contrapposte fra di loro. Del resto questa è una battaglia politica, sia ben chiaro, ma non partitica. A Milano e altrove esistono scontri interni al potere giudiziario, si consumano lotte nelle procure (e che dire del conflitto di procure tra Roma e Napoli proprio sullo « scandalo » Consip?) cosi come tra i partiti e spesso all’interno dei partiti stessi, per cui il quadro si presenta fosco ed inquietante.

Ai tempi della seconda repubblica si parlava di macchina del fango, vi erano, come oggi, giornali che avevano solo lo scopo di delegittimare l’avversario politico. La stessa magistratura usci’ allo scoperto con alcuni dei suoi “eroi” che smessa la toga passarono agli scanni del parlamento, il più celebre fu Di Pietro, ma come non ricordare anche Ingroia. Il tutto in un furente scenario giustizialista che verrà cavalcato da due soggetti politici, Lega Nord e M5S, populisti ma come poi si è visto non immuni, anzi vulnerabili, proprio su temi di etica e giustizia. La segreteria Bossi venne spazzata via da una serie di inchieste e gli stessi 5 Stelle hanno ben poche amministrazioni locali in cui non siano sotto i riflettori di indagini.

Ma nel combinato magistratura ed informazione si assiste ad un’operazione rischiosissima per la nostra democrazia. Volendo fare un sommaria punto sulle inchieste e sul fango versato su diversi esponenti politici e che hanno leso l’immagine della politica nella società, si ha un quadro spaventoso. La realtà è che, nella stragrande maggioranza dei casi, gli inquisiti sono stati assolti, non avevano fatto nulla. Eppure hanno atteso anni, mentre erano cucinati dall’informazione e messi alla berlina innanzi ad un’opinione pubblica che veniva coltivato, da quella informazione, ad una cultura forcaiola e certo non garantista.

Pier Camillo Davigo, già del pool Mani Pulite

Se si vede un elenco (per parlare solo della sinistra, ma se ne potrebbe fare uno analogo per la destra o per il centro) si scopre che molti nomi della politica, annientati nelle loro carriere ed in pratica mai riabilitati, da un’informazione incapace di fare autocritica, sono risultati del tutto innocenti. Quest’elenco è molto parziale e si riferisce solo ad una parte degli assolti (di sinistra) e solo negli ultimi anni e quindi vuole avere solo un valore emblematico.

Vediamo: Salvatore Margiotta, Cassazione assolve senatore Pd dalle accuse di corruzione e turbativa d’asta; Filippo Penati, assolto ex dirigente Pd; Giorgio Ardito, Pd, assolto in appello dall’accusa di ricettazione; spese pazze Regione Emilia, assolto il deputato Pd Richetti; assolti con la stessa formula anche gli altri ex consiglieri Pd Marco Barbieri ed Anna Pariani; Alessandro Coloni (PD) assolto dall’accusa di truffa alla Provincia; truffa alla Provincia di Roma, assolto anche l’ex Sindaco di Frascati Posa; Tesi, la soddisfazione del Pd per l’assoluzione di Perugini; sanità, Decaro assolto il deputato era accusato di tentato abuso d’ufficio; spese Pazze, assolto il Consigliere Regionale Giancarli (PD) Fonte; brogli alle regionali 2010, assolto l’ ex assessore del PD Michele Cuomo; processo inceneritore Asm, assolto ex sindaco Pd Paolo Raffaelli; Nino Di Guardo, oggi parlamentare regionale del PD, è stato assolto, perché il fatto non sussiste, dall’accusa di falso materiale in atti pubblici; Vasco Errani assolto per il caso Terremerse; il sindaco piddino di Cortona Vignini assolto dall’accusa di abuso d’ufficio; Mugello, assolto l’ ex assessore regionale Cocchi (PD); Paolo Trande, capogruppo PD, assolto dall’accusa di diffamazione; inchiesta Ecosfera, assolto Luciano D’Alfonso; Trieste: assolto Cosolini, non c’ è stata bancarotta; Eros Brega assolto perché il fatto non sussiste; “Reato ambientale”: piena assoluzione per Julik Zanellato; assoluzione per Maria Grazia Laganà, soddisfazione del PD; assolta Zoia Veronesi, storica segretaria di Bersani; sanitopoli, assolto Angelo Bucciarelli; appalti Sanità, assolto Sandro Frisullo (Pd) nel 2010 fu posto agli arresti per quasi cinque mesi; ex segretario Pd Piacenza Paolo Botti assolto; abuso d’ufficio, assolto ad Enna il deputato Pd all’Ars Mario Alloro; Venezia, segretario Pd Davide Miele assolto; alluvione di Genova 2014, Raffaella Paita assolta; Aldo Corgiat, ex sindaco Settimo Torinese assolto da accusa turbativa d’ asta; e per ultima Stefano Graziano del PD campano addirittura accusato di collusione con la camorra, che viere rilascitao dopo mesi perché del tutto estraneo ai fatti.

Si tratta di una trentina di nomi, i primi che ho trovato, sono solo di sinistra, per lo più del PD ma chi vuole puo’ trovarne un numero infinito e di tutti i partiti, naturalmente siamo stati coincisi, per cui per ogni nome ci si puo’ divertire a cercarne la storia delle terribili vicissitudini giudiziarie.

Tutto questo dovrebbe imporre alla politica, ma anche all’informazione e alla stessa magistratura una riconsiderazione dei propri ruoli.

Ad esempio, chi è magistrato dovrebbe evitare sovraesposizioni mediatiche o l’agire solo per mettersi in luce nelle cronache, comprendendo che i nomi predetti ed i tanti altri dimenticati, anche per motivi di spazio, seppure oggi sono stati riabilitati e comunque hanno concluso il loro inutile e doloroso calvario, hanno pur sempre visto azzerare, forse per sempre, le proprie aspirazioni realizzative e politiche.

Egualmente, il giornalismo che spesso con cattiva coscienza affida inchieste a giovani sottopagati, dovrebbe riflettere sul fatto che l’informazione, specie televisiva, come direbbe Pasolini non ha contradittorio ed i vaticini dei loro programmi divengono una sorta di definitiva sentenza con effetti finanche più duraturi nell’immaginario collettivo, delle sentenze vere e proprie dei tribunali finendo per far marcire ogni fiducia dei cittadini nella politica che viceversa è svolta, in gran parte, da uomini e donne appassionati e corretti.

Insomma, l’auspicio banale è di ritornare ad un paese più civile, sobrio e rispettoso dei ruoli. Dove i politici fanno politica (possibilmente bene e nel rispetto degli avversari) i magistrati fanno i giudici (possibilmente bene, cercando di non far violare i segreti istruttori) e i giornalisti devono fare informazione corretta (senza cercare sempre il sensazionalismo e lo spettacolo) pensando che per molti cittadini il loro racconto è la realtà delle cose.

Beppe Grillo

Troppo spesso si ha la sensazione che ci sia una contiguità tra pezzi della politica, magistrati e giornalisti che operano per destabilizzare il paese, per condizionare gli orientamenti popolari, finendo oggettivamente per far screditare tutto e per favorire quelle forze antisistema che sono in Italia rappresentate dalla Lega di Salvini e dal movimento di Grillo, che sono i soli (pur avendo analoghe vicissitudini, ma essendo comunque percepiti, credo a torto, come anti-sistema) a monetizzare da questo andazzo.

Ma uno sforzo devono farlo anche gli stessi cittadini per non restare in eterno “un popolo bue”. Tra fake news e nostrane bufale, appare evidente che il convincimento personale deve fondarsi su elementi certi e con attente verifiche. Un tempo si diceva che la legge non ammette ignoranza, le persone devono convincersi che nella nostra caotica società attuale, quello che non si puo’ più ammettere è l’ignoranza tout court, per cui occorrerebbe costruirsi uno spirito critico e curioso che ci spinga a capire senza dare nulla per scontato, che ci induca a leggere e magari non solo i giornali, già poco letti, ma libri che ci permetterebbero di essere più coscienti dell’importanza di difendere le nostre conquiste scientifiche, culturali, sociali e politiche. Difendere la democrazia, ce l’hanno insegnato per primi i partigiani non è una cosa delegabile ad altri, è una cosa che deve partire da noi, dal nostro senso della comunità e le comunità hanno bisogno di uomini e donne consapevoli e coscienti.

Nicola Guarino

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Nicola Guarino
Nicola Guarino, nato ad Avellino nel 1958, ma sin dall’infanzia ha vissuto a Napoli. Giornalista, già collaboratore de L'Unità e della rivista Nord/Sud, avvocato, direttore di festival cinematografici ed esperto di linguaggio cinematografico. Oggi insegna alla Sorbona presso la facoltà di lingua e letteratura, fa parte del dipartimento di filologia romanza presso l'Università di Parigi 12 a Créteil. Attualmente vive a Parigi. E’ socio fondatore di Altritaliani.

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