Al cinema: Fiore, amore imprigionato e speranze fragili. Intervista a Claudio Giovannesi.

E’ uscito il 22 marzo in Francia « Fiore » di Claudio Giovannesi, un film di amore e violenza tra carcere, sogni e desideri. Un’opera bellissima sorretta da musiche che dialogano con le immagini e i personaggi. Nostra intervista all’autore del film che è candidato ai David di Donatello. Tragica la scomparsa del giovane protagonista del film, Josciua Algeri perito a solo 21 anni in un incidente stradale.

Salito alla ribalta nel 2012 con Alì ha gli occhi azzurri, Claudio Giovannesi torna sul grande schermo con il film Fiore, uscito nelle sale francesi questa settimana.

Claudio Giovannesi. Foto di Tommaso Giuntini

Se Ali ha gli occhi azzurri si ispirava alla poetica di Pier Paolo Pasolini e raccontava la dura vita di due adolescenti, Stefano e Nader, in una borgata romana, Fiore parla di amore. Amore in luoghi di violenza, come possono esserlo un carcere oppure un ambiente famigliare difficile. Giovannesi si colloca a metà strada tra Pasolini e il cinema di Marco Risi (Ragazzi Fuori e il bellissimo Mery per sempre). La gioventù vissuta in maniera spericolata, navigando nella violenza e con una speranza debole come una luce d’inverno.

Questo film, come sottolinea il regista nell’intervista rilasciataci negli studi di Paradis Film a Parigi, è stato girato quasi interamente in un carcere, ma parla essenzialmente di amore. L’amore tra una giovane rapinatrice romana (Daphné Scoccia) e un giovane ladro violento (Josciua Algeri) del nord Italia. Una passione forte e profonda tra due giovani in piena esplosione sentimentale, in un momento chiave della nostra vita, nel quale spesso passiamo da bambini a adulti senza vivere l’adolescenza.

Fiore è una storia ambientata in un luogo dove l’amore è vietato: il carcere. E’ una storia di adolescenti colpevoli davanti alla legge che vivono l’innocenza del loro amore. Il leit motiv di Fiore è la leggerezza, data da un sentimento che quando si è adolescenti è uno e solo, aldilà del luogo (la prigione), del ceto sociale e via dicendo.
Giovannesi esalta il volto della Scoccia con dei primi piani forti e intensi, che fanno risaltare la bellezza del viso di Daphné. Una bellezza che prende forma dalle piccole forme della sua bocca, dal movimento lento degli occhi, dal modo stressato con il quale si accarezza i capelli. La qualità della giovane attrice è proprio questa: ogni sua espressione trasuda amore, e pure nei momenti piu’ tesi e violenti del film, nel suo sguardo non c’è mai odio, ma disillusione o amarezza.

Grandissimo Valerio Mastrandrea nel ruolo del padre di Daphné, decisamente piu’ convincente che nel film Fai bei Sogni di Bellocchio. In alcuni tratti ricorda persino il Mastrandrea di Palermo-Milano solo andata : un uomo che si cerca, un buono, che non vuole fare del male ma subisce gli eventi e sopravvive. Un padre disattento non per volontà propria ma per non curanza di se stesso. Il padre di Daphne rappresenta quel tipo di persona che non puo’ amare pienamente gli altri perché già non ama se stesso.

Un uomo che ritrova la speranza e la voglia di riguardare in avanti a 50 anni dopo essere caduto nel vortice della microcriminalità anche grazie a una compagna di origini rumene. Giovannesi riesce, in maniera discreta e elegante, ha darci anche un ritratto delle famiglie ricomposte e multiculturali che ritroviamo sempre più spesso nell’Italia di oggi, in particolare in ambienti più complessi come quelli delle periferie.

Josciua Algeri, il protagonista maschile, recita come ha vissuto: con semplicità, essendo se stesso dall’inizio alla fine, con un tono di voce delicato e sincero di qualcuno che vuole cambiare ma sa che è dura. Purtroppo poco prima di avere l’opportunità di vedere questo splendido film, è arrivata la terribile notizia della scomparsa dell’attore Josciua Algeri, uno dei protagonisti di questo film. Da minorenne era finito all’istituto Beccaria, poi aveva provato a rifarsi una vita con la musica e infine era passato alla passione per la recitazione, ingaggiato dal regista Claudio Giovannesi per il suo film Fiore , in corsa quest’anno come miglior pellicola al David di Donatello. Ma i sogni di Josciua Algeri, 21 anni padre di una bimba, si sono spezzati in un incidente stradale alle porte di Bergamo.

Josciua Algeri e Daphné Scoccia

La sceneggiatura è perfetta, le inquadrature nel carcere risaltano l’oppressione che vivono questi giovani incarcerati, la musica è la valvola di sfogo per i protagonisti del film. Le musiche guidano lo spettatore verso l’innocenza e il sogno. Come ha detto Giovannesi, i temi che ricorrono sono il tema del film (FIORE tema) e un altro brano (FATHERLESS CHILD) che segnano cinque passaggi emotivi di Daphne, la protagonista. Andrea Moscianese ha detto della colonna sonora : “Il suono è volutamente sospeso, la celesta richiama un mondo non adulto, i ribattuti delle chitarre simulano un fluttuare, nulla ci tiene ancorati a terra tranne due archi che ci ricordano che la passione è anche dramma romantico; non solo non sappiamo dove si va ma sappiamo che tutto avrà inevitabilmente una fine”.

Un film sensibile e autentico, un Romeo e Giulietta contemporaneo in un ambiente carcerario, a metà strada tra fiaba e testimonianza raccontando violenza sociale che da sempre subisce una frangia di giovani.

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[violet]Voir la bande-annonce sur le site du distributeur Paradis Films en cliquant[/violet]
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Fabrizio Botta

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Fabrizio Botta
Fabrizio Botta, Piemontese d'origine e Francese d'adozione, si e' stabilito nella "Ville Lumière" dopo aver ottenuto un Dottorato all'Université Pierre et Marie Curie. Dopo aver lavorato per 10 anni come ricercatore nel campo ambientale, da qualche anno si occupa di valutazione del rischio all'Istituto Superiore di Sanità Francese. Appassionato di viaggi, di geopolitica e di fotografia (https://www.instagram.com/_fabrizio_botta_photographer/), dal 2015 collabora con Altritaliani per la sezione cinema.

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