Nella convulsa serata della premiazione degli Oscar 2017 il successo del musical “La La Land”, non è stato poi così scontato. Alla pellicola sono andate sei statuette su quattordici indicate in “nomination” e tutte alle indicazioni più importanti (miglior regia a D. Chazelle, miglior attrice Emma Stone, fotografia, colonna sonora, canzone originale – premio questo andato spesso a un brano inserito in una pellicola d’animazione Disney – e scenografia). Peccato non abbia conseguito l’Oscar anche per il miglior montaggio, perché il lavoro del montatore Tom Cross lo meritava. Coordinare un film del genere è stata una gioia per la vista e per l’udito. Comunque i produttori e il 32enne regista Damien Chazelle non hanno nulla da rimproverarsi. Arrivare a questo risultato è già importante, soprattutto per un regista giovane già decretato al successo dopo la pellicola “Whiplash”. La scena iniziale, sulla tangenziale sopraelevata, è da antologia; il film è spumeggiante, romantico, struggente ed anche originale perché rivisita un genere tradizionale come il musical, in chiave assolutamente moderna.
Il “colpo gobbo” invece lo hanno fatto due pellicole diverse nella loro drammaticità, ma unite da un senso di aderenza alla realtà, lontano dai sogni di una “City of Stars” e dalle danze leggere nel cielo di un planetario.
“Manchester by the Sea” e “Moonlight”; storie di bianchi e di neri con legami che si creano tra persone apparentemente distanti con problemi irrisolti e dolorose fratture interiori. Ecco che due attori, un bianco e un nero, Casey Affleck (fratello minore di Ben Affleck) e Mahershala Ali ottengono il loro primo Oscar, il primo come miglior attore per “Manchester by the Sea” (soffiato a Ryan Gosling per “La La Land” e al veterano Denzel Washington per “Fences – Barriere”) e il secondo come miglior attore non protagonista per “Moonlight” in due ruoli abbastanza simili. Nel primo Affleck interpreta il ruolo di un giovane zio che ritorna a casa per il funerale del fratello e assume la tutela del suo nipote sedicenne. Nel secondo l’attore Mahershala Ali è uno spacciatore che fa da padre a un fragile ragazzino in fuga dalla violenza e dalla disperazione domestica. E non è un caso che entrambe le pellicole hanno ottenuto anche l’Oscar per la sceneggiatura: originale quella di Kenneth Lonergan (regista di “Manchester by the Sea) e non originale per “Moonlight” andata al regista Barry Jenkins per il soggetto di Tarell Alvin McCraney.
A sorpresa questa pellicola ha poi vinto alla fine, dopo il “disguido” della consegna delle buste, il premio come Miglior Film. Così “Moonlight” che ci si aspettava vincesse qualche premio secondario, ha sbaragliato la forte concorrenza del musical. Dobbiamo far rilevare che il musical non è apprezzato da tutto il pubblico. Tuttavia “La La Land” è un ottimo lavoro nel quale si apprezza lo sforzo di fantasia e creatività per rendere ancora moderno e vivo questo genere. Basta il coinvolgente piano-sequenza iniziale del film per rendersi conto della stoffa del regista e siamo convinti che il film di Chazelle non sarà in poco tempo dimenticato.
Una menzione anche per Viola Davis, che ha ottenuto l’Oscar come miglior attrice non protagonista per “Fences – Barriere”. Già nel 2010 la Davis e Denzel Washington avevano portato sulle scene a Broadway la pièce teatrale scritta nel 1987 dal premio Pulitzer August Wilson, aggiudicandosi entrambi un Tony Award per la loro interpretazione. Un lavoro perciò rodato nella recitazione che Denzel Washington ha voluto dirigere per il grande schermo. Nel testo teatrale, ambientato verso la fine degli anni Cinquanta a Pittsburgh, la Davis interpreta Rose la moglie di Troy (Washington) un ex giocatore di baseball respinto dalla sua squadra in quanto afroamericano che lavora come netturbino. Un giorno Tony rivelerà a Rose un suo tradimento con una vicina di casa, dalla quale aspetta un figlio. Un dramma familiare mescolato a discriminazioni razziali, delusioni, rabbia e fallimenti. Dispiace per Denzel Washington, che aveva puntato molto sulla regia e sulla propria candidatura come miglior attore, sebbene il film abbia una struttura molto classica e convenzionale. Alla fine, comunque, non si può dire che l’Academy questa volta non abbia premiato o preso in considerazione attori e registi di colore.
Altro attore-regista che ha conseguito due statuette per un suo film è stato Mel Gibson per “La battaglia di Hacksaw Ridge” con la storia del suo soldato pacifista Desmond Doss che durante la battaglia di Okinawa ha salvato valorosamente 75 soldati sotto il fuoco del nemico giapponese. La pellicola ha ottenuto due Oscar tecnici: miglior montaggio (John Gilbert) e miglior sonoro (Andy Wright).
Delusione per “Fuocammare” il documentario di Gianfranco Rosi che correva per l’Italia, che ha ceduto il passo a “O.J. Made in America” pellicola Usa di Ezra Edelman dedicata ancora al caso di O.J Simpson. Rosi comunque ha fatto conoscere la storia dell’isola di Lampedusa, degli sbarchi degli immigrati e di chi si prodiga per aiutarli.
Tuttavia un po’d’Italia è tra i realizzatori del trucco e l’acconciatura di “Suicide Squad”, con l’Oscar andato al truccatore Alessandro Bertolazzi, Giorgio Gregorini e Christopher Nelson; ed anche nel corto d’animazione “Piper” realizzato dal canadese con origini calabresi Alan Barillaro per la Pixar Studio.
Concludiamo con l’Oscar con il miglior film straniero, che è andato all’iraniano “Il Cliente” di Asghar Farhadi, già vincitore della statuetta nel 2012 per “Una separazione”. Un premio meritato, e anche politico, in questo momento di chiusura e di muri per la politica statunitense. In questa sua ultima pellicola, il regista prende ispirazione dalla pièce teatrale di Arthur Miller “Morte di un commesso viaggiatore” per raccontare i drammi di una giovane coppia di Teheran.
Andrea Curcione
La La Land
Miglior regia (Damien Chazelle)
Miglior attrice (Emma Stone)
Miglior fotografia (Linus Sandgren)
Miglior colonna sonora (Justin Hurwitz)
Miglior canzone originale (Justin Hurwitz, Ben Pasek, Justin Paul)
Miglior scenografia (David Wasco)
Moonlight
Miglior Film
Miglior attore non protagonista (Mahershala Ali)
Miglior sceneggiatura non originale (Barry Jenkins, Tarell Alvin McCraney)
Hacksaw Ridge
Miglior montaggio (John Gilbert)
Miglior sonoro (Andy Wright)
Manchester by the Sea
Miglior attore (Casey Affleck)
Migliore sceneggiatura originale (Kenneth Lonergan)
Fences – Barriere
Miglior attrice non protagonista (Viola Davis)
Il cliente
Miglior film straniero (Asghar Farhadi)
Zootropolis
Miglior film d’animazione (Byron Howard, Rich Moore)
Il libro della giungla
Migliori effetti speciali (J.D. Schwalm, Charles Henley, Robert Legato, Dan Lemmon, Adam Valdez)
Piper
Miglior cortometraggio d’animazione (Alan Barillaro, Marc Sondheimer)
Animali fantastici e dove trovarli
Migliori Costumi (Coleen Atwood)
O.J. Made in America
Miglior Documentario
The White Helmets
Miglior cortometraggio documentario
Suicide Squad
Miglior trucco a acconciatura
Sing
Miglior cortometraggio
Su Fuocoammare agli Oscar 2017, dichiarazione di Roberto Cicutto, Presidente Istituto Luce Cinecittà
È già stato detto: arrivare in cinquina agli Oscar ed essersi battuti in una categoria dove non c’è la differenza fra film di lingua inglese e non, significa essere stati preferiti a centinaia di titoli.
Ma bisogna anche sottolineare che quest’anno gli altri quattro “finalisti” sono tutti molto sostenuti dall’industria americana e soprattutto da colossi come Netflix, che hanno investito milioni di dollari per promuovere la propria immagine attraverso la candidatura di un loro prodotto all’Oscar.
Ma se fosse solo una questione di danaro sarebbe inutile partecipare. Il valore di un film documentario riesce a imporsi ancor di più se aiutato prima da riconoscimenti importanti, come è successo a Fuocoammare (Orso d’oro a Berlino, Oscar Europeo, per citare i più significativi).
Il fantastico risultato raggiunto – la nomination – è merito del film e quindi del suo regista. Ma da soli non si arriva sempre in fondo. E in questo caso più che in altre occasioni, il cinema italiano, a partire dall’attenzione del MiBACT, ha saputo allearsi in un progetto comune cui si sono impegnati – oltre ovviamente alla produttrice Donatella Palermo per Stemal Entertainment, ai coproduttori Istituto Luce-Cinecittà e Rai Cinema – il Ministero dello Sviluppo Economico con l’ICE, SIAE e Consulcesi Onlus, oltre al contributo alla Oscars Week dato dal Consolato Generale e dall’Istituto Italiano di Cultura di Los Angeles.
L’esperienza acquisita negli ultimi anni da Luce-Cinecittà con la collaborazione di ICE nella promozione del nostro cinema negli USA, ha dimostrato che il sistema messo in atto dà i suoi frutti, e va dato atto ai collaboratori americani (da chi ci supporta nel progetto ‘Cinema Made in Italy’, ai press agent selezionati nel corso degli anni) di aver messo la ciliegina sulla torta con una promozione mirata che ha saputo ottimizzare i fondi messi a disposizione, ma soprattutto arrivare al cuore di quelli che di Fuocoammare sono diventati ambasciatori nel mondo.
Ora speriamo che il cinema documentario (di cui Luce-Cinecittà è il maggior produttore italiano) venga trattato con il rispetto e l’attenzione che merita non solo da parte del cinema pubblico e della Rai, ma anche dei produttori e distributori e soprattutto dell’esercizio cinematografico.
Un grazie speciale alla fantastica Meryl Streep, fan del film dalla prima ora.
Roberto Cicutto – Presidente e ad Istituto Luce-Cinecittà