All’IIC di Parigi: l’Unione Europea: un’utopia? Di ieri o di oggi?

Vive ancora l’Utopia europea? Il sogno degli Stati Uniti d’Europa è definitivamente tramontato oppure è ancora raggiungibile? Ne hanno parlato eminenti ospiti durante un incontro che si è svolto all’Istituto di Cultura italiano di Parigi per celebrare i sessanta anni del trattato di Roma (25 marzo 1957).

In vista delle celebrazioni dei 60 anni del trattato di Roma, presentato dall’Ambasciatore Magliano e organizzato dal Direttore Gambaro, ha avuto luogo il 23 gennaio all’Istituto Italiano di Cultura di Parigi un dibattito presieduto da Marc Lazar (Professore di Storia e Sociologia Politica a “Sciences Po” di Parigi, politologo, autore eminente di libri e articoli tra l’altro sulle sinistre in Europa e sull’Italia, spesso presente nelle più consistenti trasmissioni televisive) sulla nascita dell’Europa unita: un’utopia politica nel 1957?

Vi hanno partecipato Piero Craveri (Professore emerito dell’Università Suor Orsola Benincasa e Presidente della Fondazione Benedetto Croce di Napoli, autore di libri sulla Storia d’Italia nel XIX e XX secolo, in particolare su Gobetti, e De Gasperi e Croce di cui è nipote) e Sylvain Kahn (Professore esperto sull’Europa a “Sciences Po” di Parigi e autore di libri sulla Storia dell’Unione Europea: Histoire de la construction de l’Europe depuis 1945 e Géopolitique de l’Union européenne).

Dal confronto è emerso che l’utopia europea sembra quasi maggiore oggi di allora. Per Lazar infatti l’Italia appare oggi, con il numero crescente di partiti antieuropei in Parlamento, più euroscettica di un tempo, quando lo era meno della Francia malgrado l’insuccesso della Comunità Europea di Difesa costituita in precedenza, e pure dopo gli scetticismi reciproci di allora nel continente, in particolare della Francia, e dell’Inghilterra caratterizzati dalla “sedia vuota” ai Consigli europei. Si tratta di periodi che alla Francia converrebbe ricordare di più insieme al celebrato anniversario del trattato.

Trattato di Roma

Craveri ha ricordato alcuni degli sforzi precedenti al 1957 affinché l’Italia si confermasse nelle alleanze occidentali: sforzi dall’estero: dagli USA per l’entrata nella NATO e della Francia per averla come alleata nel Mediterraneo, anche in vista di quei cambiamenti che avrebbero segnato il corso geopolitico dell’area (prime scintille dell’indipendenza coloniale in Algeria e Tunisia e i mutamenti in altri luoghi); e gli sforzi dall’interno: la scissione di Saragat dai socialisti che restavano più vicini ai comunisti filosovietici e, conseguentemente, partecipazione del partito socialdemocratico nelle maggioranze e governi filoccidentali anche al fine di avere la conferma di Trieste all’Italia e di fronte poi agli altri avvenimenti dell’espansionismo sovietico (invasione dell’Ungheria, crisi di Cuba).

E’ così, dunque, che l’Italia ha ospitato nel ‘57, al Campidoglio, la creazione dell’Europa dei “6”: pochi anni dopo essere entrata nella NATO, nella CED (poi scomparsa per la rilevanza maggiore della NATO), nell’Unione dell’Europa occidentale a Londra (in pratica consistente in qualche intesa in più tra i “6” e l’Inghilterra che non ancora nella CEE ma senza alcunché di sostanziale), e nel ‘51 nella Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (fusa nel 67 nella CEE), ossia nella prima comunità auspicata da Schuman, Adenauer e De Gasperi nello spirito del manifesto di Altiero Spinelli, per por fine al ripetersi dei conflitti (un segno della pacificazione europea).

Kahn ha quindi ricordato che questa è sorta per por fine agli eccessi dei nazionalismi, tali per cui dopo la guerra un’ulteriore “intesa cordiale” tra la Francia l’Inghilterra sembrava più fattibile del riavvicinamento franco-tedesco ma poi la guerra di Corea, le manovre dell’URSS nell’Europa dell’est e a Cuba (e per la Francia la guerra d’Indocina e dall’Algeria) hanno accelerato per reazione la coesione continentale occidentale. Infatti l’intesa di de Gaulle con Adenauer ha tracciato il futuro europeo più che dei sentimenti opposti e contraddittori all’ingresso dell’Inghilterra nella CEE.

Craveri, nel riepilogo degli avvenimenti successivi al 57, ha ricordato, oltre alla figura di Delors, quella di Mitterrand (insieme a Kohl) di fronte alle nuove sfide coincidenti con il crollo della cortina di ferro e l’allargamento a est, e i vari passaggi economici (SME, ECU, ecc.) fino all’Euro.

Kahn ha concluso con l’opportunità di rilanciare il ricordo della Conferenza di Messina del 55, dei Ministri degli Esteri dei “6”, di preparazione di tutti quei principi costitutivi che hanno poi dato luogo ai trattati d Roma.

Se il ricordo sia pur sommario del passato serve al futuro (non solo dei numerosi studenti presenti a questa iniziativa), conviene osservare che, dalla fine della guerra al ‘57, le “utopie” in Europa erano sostanzialmente solo due: quella del sistema occidentale e quella del sistema orientale: ambedue orientate alle rispettive integrazioni (politica e culturale) ma con sistemi economici e politici opposti.

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Oggi invece quali sono le utopie per il futuro?

Se (come ha osservato Craveri) la CE si sente schiacciata dalla mondializzazione
(o dalla World Trade Organization), dopo aver allargato al massimo il proprio liberismo interno;

se 1/3 dei parlamentari italiani hanno successo come antieuropeisti, non proponendo nulla d’alternativo; se questo successo è o sarà lo stesso per l’estrema destra in Francia;

se in Italia il PD non è riuscito a convincere l’elettorato sull’opportunità di semplificare gli iter legislativi, come negli altri Paesi in Europa senza il bicameralismo (anche a costo d’abolire il CNEL, che c’entrava poco con la riforma);

e se per le prossime elezioni in Francia si presentano tra i moderati a destra un Fillon, che per il rigore propone, come Trump, d’indietreggiare nell’assistenza sociale e a sinistra vi è un Hamon all’estremo opposto, in quanto propone un reddito di cittadinanza non tenendo conto che questo graverebbe su lavoratori, pensionati e imprese già abbastanza schiacciati dal fisco per finanziarlo come si puo’ sperare in una politica che tenga conto della realtà difficile dei fatti?

C’è da rallegrarsi che tra le tante utopie (compresa l’uscita dall’Euro) a destra e sinistra, ci siano due pragmatismi spesso antipatici: ovvero quello delle coalizioni di moderati cristianodemocratici e socialisti come in Germania, da pochi anni, e in Spagna da pochi mesi, o come quella di Renzi che ha usato gli “80 Euro”, l’abolizione dell’IMU sulla prima casa e la riduzione dell’IRAP nei limiti del possibile, per dare segnali, non clamorosi, di reazione alla CE sullo sforamento dei limiti (considerati poi più “elastici” per cause oggettive a vantaggio delle scuole, dei profughi e dei terremotati). Cose credibili molto più delle utopiche e pericolose aspirazioni degli antieuropeisti ed allora quale utopia e maggiore quella di allora, dei padri costituenti dell’Europa moderna o quelle di oggi, di chi quell’idea vuole demolire?

Lodovico Luciolli

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Lodovico Luciolli
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