Piovene a Napoli, sembra ieri… sembra oggi.

La Napoli di oggi, quella del sindaco De Magistris. Quella che appare al turista è una continua festa. Una chiassosa immagine da fiera eterna che in realtà ha portato molti turisti con pochi soldi e di bocca buona. Tramontato il sogno industriale, dopo un ventennio d’Italsider, Olivetti ed altre imprese, Napoli sembra affidarsi ad un’economia dell’effimero, ancora una volta dimostrando la sua eterna vocazione all’arte dell’arrangiarsi.

La Napoli di oggi continua ad essere terreno letterario e cinematografico, magmatico proscenio di tendenze musicali ed immortalato da fotografi di primo piano. La contraddizione resta la cifra di una città che è un unicum culturale che non ha modelli paragonabili.

Tra baby gang che infestano le labirintiche strade della metropoli ai panorami da cartolina che l’hanno resa celebre, tra palazzi storici mal tenuti alle installazioni contemporanee che impreziosiscono le sue metropolitane ultra moderne ma già poco efficienti.

Negli anni cinquanta lo scrittore e giornalista Guido Piovene nel corso del suo “Viaggio in Italia” si soffermo’ a lungo sulla “monumentale e cadente” Napoli. Quel suo incontro con la città, al di là delle particolarità del tempo e di quel contesto storico, offre riflessioni che sono valide ancora oggi, malgrado i cambianti portati dalla nascita, lo sviluppo e la decadenza dell’industrializzazione.

Italsider oggi.

Ecco una sua pagina:

Quante persone vivono in questa Napoli brulicante, popolaresca, si puo’ appena congetturare : forse sulle 300.000. Le classi alte hanno emigrato da tempo verso il porto e le alture, lasciando qui le spoglie delle loro dimore. Molto è stato scritto sui “bassi”, alloggio abituale del popolino: camere a pianterreno, che sono insieme dormitorio, salotto, laboratorio artigiano e bottega, e nelle quali le famiglie vivono accatastate.

La mancanza di spazio e di servizi igienici fa si che il gettare i rifiuti per la strada, l’esporre i panni ad asciugare , sia una triste necessità; il dormir poco, il restare fuori il più possibile, di giorno come di notte, quella nervosa vita stradale perpetua che ha tanta parte nel pittoresco di Napoli, è spesso un modo per evadere da sgradevoli abitazioni. Ma il risanamento di Napoli è opera lenta, in gran parte indiretta, e non puo’ ottenersi mediante provvedimenti draconiani.

Gli sventramenti inconsulti non sono preoccupanti solo per chi difende la bellezza artistica di una città dove il nobile e il sordido, il monumentale e il cadente, formano un unico tessuto. Sono anche umanamente una cattiva azione. I grandi sventramenti sono infatti possibili nelle città industriali, nelle quali il lavoro delle industrie assorbe e inquadra il popolo portato alla vita operaia; non sono possibili a Napoli.

Il risanamento urbanistico dev’essere preceduto dall’industrializzazione, e anche dall’educazione delle maestranze. Matilde Serao defini in modo perfetto la vita del vicolo, quando scorse in esso una vera società di mutuo soccorso; non la si puo’ distruggere senza averla sostituita.

Guido Piovene

Ogni vicolo è un centro di piccolo commercio, spesso fatto di scambi, e di aiuti reciproci; i “bassi” ospitano artigiani valenti ed ambiziosi del mestiere. Il committente li ritrova ogni volta che ne ha bisogno. E’ un genere di vita che non puo’ trapiantarsi nei cortili e sui pianerottoli di case moderne ed eccentriche. Questo, è non solo l’abitudine sentimentale al colore della loro vita, spiega perché i napoletani si abbarbichino ai loro vicoli, e spesso quando sono demoliti, in baracche, rifiutando le case nuove, e resistendo a chi vuole farli sloggiare.

L’estasiarsi sopra il colore napoletano non è di moda (…) e la giovane letterature ha elaborato tutto un modo non romantico di vedere Napoli. Uno scrittore di sinistra mi mostra i vicoli di Napoli da un angolo diverso da quello tradizionale. Non esiste una Napoli, egli afferma, bensi due Napoli: la Napoli del turismo; quella dei vicoli, che rimane chiusa in se stessa, i cui abitanti spesso ignorano il mare.

Il fatto rivoluzionario, egli continua, fu l’arrivo degli americani. Essi vi riversarono tutto un benessere momentaneo e fittizio; gli abitanti dei vicoli scesero nell’altra Napoli; videro per la prima volta, gustarono beni ignorati, si accorsero di essere poveri. Questo segno’ la svolta; la propaganda comunista qui poté innestarsi. “Chi vuole conoscere la verità”, mi dice l’accompagnatore, “veda certe liti di donne, disperate e improvvise, che durano mezza giornata, in cui si sfogano in mezzo a quella gaiezza apparente la tristezza e il rancore accumulati; veda quel che bolle sotto; per esempio il padre, che rientra nel “basso”, ed appena chiusa la porta sulla commedia del vicolo smette di colpo di sorridere, sfoga sui figli e la moglie una subitanea violenza.”

Funerale napoletano

Si penetri anche nei luoghi ove il colore napoletano si estingue, che sono, secondo chi mi accompagna, la spia della verità; le donne grasse e dall’espressione accasciata; e niente mandolini, niente canzoni narcotiche, ma piuttosto il silenzio. “Letteratura e cinema”, mi dice l’accompagnatore, “si sono divertiti a far delle colore sui funerali a Napoli: quei carri funebri pomposi, neri, dorati, con i cavalli impennacchiati, estremo fasto dei poveri e non dei ricchi; giacché i poveri raggiungerebbero almeno nella morte un sogno di vanità, di grandezza, di onore, di vita lussuosa. Le cose non stanno cosi. In realtà i funerali sono sentiti. Il senso della morte è forte ed assiduo; la morte è il vero re.”

Guido Piovene

Article précédentDopo la sentenza sull’Italicum : Ora al voto subito.
Article suivantAnne Maria Ortese. Au nom des «petites personnes».

LAISSER UN COMMENTAIRE

S'il vous plaît entrez votre commentaire!
S'il vous plaît entrez votre nom ici

La modération des commentaires est activée. Votre commentaire peut prendre un certain temps avant d’apparaître.