‘Spietati i mansueti’ di Lisa Ginzburg

Si muovono sotto la pressione di un desiderio represso i personaggi dei cinque racconti della nuova raccolta ‘Spietati i mansueti’ di Lisa Ginzburg. Sulla quarta di copertina si legge Giuseppe Boles, che di questo ‘pugno chiuso’ di racconti dice: « In una Parigi scorticata del suo romanticismo, Lisa Ginzburg dipinge l’intimità di persone dai più e meno controversi destini. Gente la cui vita si complica sul filo della medesima domanda: chiunque fossimo, potremmo esserlo di nuovo? »

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Difficile stabilire chi siano i personaggi di questi racconti. Potrebbe essere Galia, in ‘Buonanotte gattina’, ma potrebbe esserlo anche il suo amante Luc, sempre assente, eppure, come lo sono gli amanti, sempre presente, nel desiderio e nell’attesa. Potrebbe essere la moglie di lui, quella bibliotecaria, cosi sfacciatamente bibliotecaria, osservata, studiata, derisa ed invidiata da Galia, che la spia di nascosto tra gli scaffali della biblioteca.

Protagonista potrebbe essere anche la casa dei genitori di Galia, in Italia, lasciata e venduta senza « strappo », senza che lei se ne rattristasse, per poi tornare al ricordo del luogo dove tutto era finito, quando tutto ormai era finito: « Galia e Luc si sono lasciati ». Il racconto inizia dalla fine per raccontarne la loro storia, in una spirale di narrazione a ritroso, ancorata al suo presente. Il qui e ora immanente, sotto il quale il passato fa pressione. Un passato che si ripara, come si fa con gli orologi, come Galia fa con l’orologio « che era di sua madre »: « dopo anni finalmente si è decisa a usarlo, e deve farlo riparare ».

‘Spietati i mansueti’ sono Sabine e Didier: « ventinove anni lei, ventotto lui. Vivono insieme da tre ». Un presente storico li precede ed è quello del trauma, del ricordo feroce della violenza subita, in cui il silenzio s’insinua ed impedisce ogni possibile futuro prossimo. Didier guarda Sabine allontanarsi, la guarda di spalle, mentre lei è gia altrove, e pensa « sta meglio quando è sola ». Sabine quando parlerà, lo farà al web: « Sabine si iscrive al forum, comincia a prendere parte alla discussione. Dialoga con donne (anche qualche uomo) di molte parti del mondo. Sconosciuti, improvvisamente vicini, intimi (…). A Didier non dice niente ».

Sono cosi, questi mansueti: silenti, striscianti, spietati a loro insaputa: « Dovrebbero comunicarsi tante cose e invece tacciono. Vince il silenzio ».

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Sono luci nascoste, i mansueti, in ‘Hidden Light’, sono famiglie perfette, che vivono in luoghi luminosi: « un grande appartamento in rue Cler, nel settimo arrondissement ». Perfetta è la famiglia Silbert – Millet. I genitori di Miriam, amorevoli, presenti, insistenti, ossessivi: « si chiamano Ethan e Johanna, Ethan e Johanna Silbert (…). Nove volte su dieci, il loro argomento di conversazione è Miriam, la figlia ». Presentati cosi ad incipit del racconto potrebbero sembrare loro i protagonisti del racconto, ma non lo sono, loro sono causa scatenante, sono fastidio persistente. Sono quella oppressione che soffoca il desiderio, quel desiderio che spinge con forza da sotto, che fa pressione e che con un sibilo inquietante emerge nell’esistere quotidiano di Miriam e di Serge Millet, suo marito. Una bella coppia, Serge e Miriam: « A Serge piacevano di Miriam, il pudore e la timidezza un po’ goffa di lei nell’intimità. Determinata nel lavoro, insicura nel privato: una dissociazione irresistibile agli occhi di un uomo come Serge, cresciuto nel culto della potenza virile ».

E poi c’è Jacques Tournier. E chi sarebbe Jacques Tournier? Nessuno, solo un agente immobiliare, uno bravo, capace, serio professionista, ‘abile lettore delle psicologie umane’. Che ci fa Jacques Tournier in una famiglia che apparentemente sembra non aver bisogno di nulla e di nessuno? « Tutto in Jacques è tensione, controllo. Non un solo particolare deve sfuggirgli », infatti Jacques « vede ».

Sesso, silenzio, solitudine, ultimo arriva il sospetto: « Ma tu, tu Daniel, sei il mio papà, vero? ». Delicato e commovente è questo personaggio, che con pazienza e determinazione tenta di costruire il suo ruolo di padre. Tra le tante ‘Missioni’ diplomatiche di Daniel ‘essere padre’ forse è la più complessa, quella che necessità di maggiore attenzione e strategia diplomatica: « al dolore per il disturbo di suo figlio, Daniel non si è sottratto ». Si sottrae a sé stesso, ma non al suo ruolo.

Intorno a questi personaggi si muove Parigi. « Illuminata, gigantesca, sempre diversa. Trasferirsi lì era stato un sogno », per Galia.

Parigi spazio aperto, immensa solitudine, stordimento di libertà, di possibilità, infinite strade da percorrere, cosi Miriam « Certe sere anziché rientrare (…) si tratteneva fuori. Camminava molto. Qualche volta andava al cinema o a teatro. Di notte la città non era frenetica come durante il giorno, nel buio era calma silenziosa, raccolta. La solitudine di quelle uscite serali a Miriam piaceva moltissimo. Tutto era nuovo. La libertà di essere quel che desiderava, poter darsi respiro (e respiro voleva dire tempo, modo), senza avvertire il fiato sul collo dell’amore apprensivo dei suoi genitori ».

Daniel che torna a Parigi da Rio Vermelho, tornava a casa, con lei, con la bellissima Nadja, per provare a vivere. Davanti al mare di Rio Daniel lancia l’idea di nuove opportunità: Parigi. Si ritrova davanti ad un mare di strade, a perdersi di nuovo nella sua solitudine: « Ha bisogno di camminare; prendere aria, star solo. Raggiungere Place de la République, il manto stradale in molti punti divelto (…). Costeggia buche grandi come voragini, s’infila in una strada laterale. La serata è fresca, il bianco avorio delle case si staglia sul buio, nel silenzio di quelle strade secondarie. Voglia della sola compagnia di sé ».

Nel bouquet dei cinque racconti, l’ultimo afferra, compendia, chiude. Sono presenti tutti gli elementi dei precedenti: un certo sensuale erotismo, venato di frustrazione, rancore e rimpianto. Una profonda nostalgia scivola lungo le pagine di ‘L’amore cammina’ e dell’intera raccolta. Nostalgia di ciò che è stato, che avrebbe potuto essere, che non sarà mai più, Nostalgia, persino, di quello che potrebbe essere.

Non è Parigi a far da sfondo a questo racconto, ma Roma, che in fondo, a pensarci, non è forse una piccola Parigi? In realtà è un non-luogo, è un computer, una mail, che riprende un discorso lontano e pretende una risposta: « E tu, Antonia, come stai? Ti sei sposata? ».

Lisa Ginzburg scrive questi cinque racconti in terza persona, visibilmente tenta di prendere le distanze dai suoi personaggi. Una preoccupazione comprensibile la sua, perché questi personaggi sono talmente reali e veri, che è difficile non restarne coinvolti.

Animata dalla necessità di raccontare, l’autrice, riesce perfettamente in questo distacco e ci restituisce, in modo elegante e a tratti cinico, cinque vissuti, in fondo, semplici, nei quali sarà facile, per il lettore, specchiarsi e riconoscersi.

La Ginzburg si dimostra maestra di questa tecnica scrittoria che è il racconto breve, cosi poco conosciuto e riconosciuto. Il racconto breve è un lampo, deve correre verso la sua fine, senza perdere fiato, senza trascurare niente, ma non eccedere in nulla. Il racconto breve, e Lisa Ginzburg lo sa bene, è equilibrio, brevità, è schiaffo, pugno chiuso, come ‘poignants’ sono questi cinque racconti, che toccano nel vivo il dolore morale.

Carla Cristofoli

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‘Spietati i mansueti’ di Lisa Ginzburg, Gaffi editore

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Lisa Ginzburg vive e lavora a Parigi, dove è stata direttrice di cultura della Unione latina. Ha pubblicato con Feltrinelli il romanzo Desiderava la bufera (2002) e la raccolta di racconti Colpi d’ala (2006). L’e-book La guerriera con Terra Ferma (2015). Una raccolta di racconti, Spietati i mansueti, édito da Gaffi. Ha curato con Cesare Garboli il testo di Natalia Ginzburg È difficile parlare di sé (Einaudi 1999). È autrice di una biografia (Anita. Storia di Anita Garibaldi, e/o 2005) e di due reportage (Mercati. Viaggio nell’Italia che vende, Editori Riuniti 2001; Malìa Bahia, Laterza 2007). Ha tradotto William Shakespeare, Arthur Rimbaud, Clarice Lispector, Sarah Kofman, Alexandre Kojève. Il suo ultimo romanzo è Per amore (Marsilio, 2016).

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Carla Cristofoli
Carla Cristofoli è nata a Cagliari. Dal 2008 vive e lavora a Parigi, dove insegna italiano. È autrice di due racconti per bambini. Scrive regolarmente brevi racconti, pubblicati su riviste online. È co-fondatrice e responsabile di FormaRes.fr, centro online di formazione per la lingua italiana. Dal 2015 collabora con il magazine Altritaliani.net, per il quale pubblica recensioni su romanzi, raccolte di racconti e poesia a tematiche contemporanee.

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