“Fai bei sogni” di Marco Bellocchio e “Vivere” di Judith Abitbol

Usciranno presto nelle sale francesi due film che raccontano diversamente il rapporto che hanno i figli con i genitori : l’ultimo film di Marco Bellocchio “Fai bei sogni” (Fais de beaux rêves), il 28 dicembre, e il documentario “Vivere” di Judith Abitbol, il 18 gennaio 2017. L’amore per la mamma: triste sogno o felice realtà, amore idealizzato o amore realizzato in tutta la sua pienezza. Due film toccanti, tanto diversi ma allo stesso tempo tanto simili, da non perdere.

FAIS DE BEAUX RÊVES DE MARCO BELLOCCHIO

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Fai bei sogni è l’ultimo film di Marco Bellocchio tratto dal libro di Massimo Gramellini (Longanesi Ed.) È la storia autobiografica del giornalista torinese, orfano di madre da quando aveva 9 anni, stroncata da un infarto. Ormai 40enne, Gramellini continua a soffrire di questa perdita precoce. Notti insonni, rapporti tesi con il padre, storie d’amore che durano il tempo di qualche uscita in discoteca. Se la sua carriera di giornalista decolla alla grande, le crisi di panico non solo persistono ma minano la sua salute psicofisica. Gramellini si sente come vittima di qualcuno e di qualcosa, che ex nihilo gli ha tolto la sua adorata mamma, bella, sorridente e piena d’amore. Ma chi è il vero colpevole di tutto cio’ ? Decide quindi di rivolgersi a un medico per farsi curare : è l’incontro che cambierà la sua vita. Una vita passata rincorrendo una verità che prima o poi arriverà, mettendo la parola fine ad una tragedia familiare durata troppo a lungo.

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La colonna sonora del film è la chiave di volta di tutta la pellicola : esalta gli stati d’animo del protagonista ma soprattutto rafforza il legame d’amore indistruttibile tra madre e figlio. La scena più bella ritrae la madre, Barbara Ronchi, che canta Resta cummé del rimpianto Modugno. Da Morandi ai Pink Floyd, il film rivisita i migliori pezzi musicali degli anni 70 in una Torino medio-borghese lontana dalle lotte di classe che stanno spaccando la vicina Mirafiori.

Gramellini da giovane è interpretato da Niccolò Cabras (Gramellini ha detto di lui «è una delizia»), mentre Gramellini da adulto è interpretato da Valerio Mastandrea. Un Mastrandrea come sempre espressivo e toccante, che interagisce molto bene con la figura paterna, incarnata da un ottimo Guido Caprino, rivelazione della serie 1992. Un ruolo importante è recitato dall’attrice francese Berenice Bejo, la cui presenza nel film è forse più dettata da esigenze di produzione che da un reale valore aggiunto.

Sul Corriere della Sera Paolo Mereghetti ha apprezzato la regia di Bellocchio ma ha scritto che «alla fine l’effetto è quello di un film sussultorio, che segue le ondivaghe e inconfessate richieste d’affetto del protagonista, attenua l’effetto svelamento sulla morte della madre, elimina gli snodi più melodrammatici ma ne sottolinea l’importanza con silenzi e immagini evocative». Personalmente credo che l’effetto sussultorio sia invece quello che si produce nella nostra anima, e la grandezza di Bellocchio sta nell’averlo tradotto in immagini forti e sincere.

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VIVERE DE JUDITH ABITBOL

Vivere di Judith Abitbol è un documentario che ritraccia il rapporto di profondo amore tra una giovane donna e la sua anziana madre malata. Per otto anni, Judith Abitbol ha filmato la quotidiana intimità della Sig.ra Ede Bartolozzi, una pensionata romagnola che negli ultimi anni di vita viene affetta dalla sindrome di Alzheimer. Paola, sola donna tra i figli, è una donna di successo che vive da anni a Parigi e soffre di questa distanza dalla madre. Con l’avanzare della malattia della madre, Paola si ritaglia sempre più spesso dei mini-soggiorni in Romagna per stare vicino alla madre malata. Il loro rapporto d’amore è una melodia d’affetto e un inno alla Gioia di vivere. Nonostante la malattia e qualche momento di comprensibile sconforto, regna tra le due donne una eterna gioia di vivere, e vivere vuole dire soprattutto sorridere. Per Paola questo documentario sarà anche una forma di impronta indelebile della mamma, che potrà rivedere e sentire anche dopo la morte.

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La scelta della Abitbol di filmare le parti del corpo che emanano amore, le mani, gli occhi e la bocca, dona potenza ad immagini semplici e talvolta sgradite. I dialoghi del documentario testimoniano anche una realtà rurale dove la feroce globalizzazione non sembra essere arrivata. Le scene girate al mercato o alla festa di paese ci raccontano di un’Italia rurale solidale e fraterna, dove il rispetto reciproco e i rapporti umani restano il cuore della vita.

Uscendo dalla proiezione riservata alla stampa francese, mi sono imbattuto in una giornalista transalpina costernata da questo documentario. Per lei il tema fondamentale del film non era affatto l’amore, ma il messaggio nascosto che regna dietro il documentario: quando ci si ammala in modo irreversibile, perchè non applicare l’eutanasia anziché prolungare la sofferenza propria o quella dei cari ? Sono rimasto molto perplesso da questa osservazione, che a mio avviso nasconde una differenza di base tra rapporti umani vissuti in area Mediterraneo e nel nord Europa. Per questa giornalista, la signora Ede ha inflitto otto anni di sofferenze alla figlia. Non credo assolutamente a questa visione della realtà, ma penso che Paola abbia vissuto con pieno amore questi ultimi anni della madre, scoprendo altri lati di lei e del loro rapporto. Paola non deve essersi sentita obbligata ad occuparsi della madre, ma ha voluto semplicemente estendere il più possibile un amore grande che sapeva non essere eterno.

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VIVERE from Norte Productions on Vimeo.

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Due film tanto diversi ma allo stesso tempo tanto simili. Un rapporto idealizzato in un caso, vissuto fino alla morte nell’altro. La passione che lega i rapporti umani nelle famiglie, ed in particolare le relazioni viscerali tra madre e figli. Il tempo, che ingigantisce l’amore ed è allo stesso tempo tiranno.

Nel film di Bellocchio il passare degli anni distorce il ricordo che Massimo ha della mamma, rendendolo irreale. Nel documentario della regista francese succede esattamente il contrario, più passano gli anni più Paola sia accorge di quanto è reale l’amore per l’amata mamma. Insomma, due film da vedere insieme alle nostre famiglie, ai nostri genitori e ai nostri nonni.

Fabrizio Botta

Da Parigi

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Fabrizio Botta
Fabrizio Botta, Piemontese d'origine e Francese d'adozione, si e' stabilito nella "Ville Lumière" dopo aver ottenuto un Dottorato all'Université Pierre et Marie Curie. Dopo aver lavorato per 10 anni come ricercatore nel campo ambientale, da qualche anno si occupa di valutazione del rischio all'Istituto Superiore di Sanità Francese. Appassionato di viaggi, di geopolitica e di fotografia (https://www.instagram.com/_fabrizio_botta_photographer/), dal 2015 collabora con Altritaliani per la sezione cinema.

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