Dopo il referendum, si torna alla vecchia cara Prima Repubblica.

Il popolo ha parlato e cosi vengono liquidati trenta anni di maggioritario (sia pure impuro) e mentre Renzi se ne va e non si sa cosa lo sostituirà, tutti i partiti (almeno a parole) chiedono di andare subito al voto. Cosi M5S è pronta a sostenere a spada tratta l’Italicum, vituperata fino alla mezzanotte del 4 dicembre, Forza Italia invoca il ritorno al proporzionale e certamente questa appare una delle ipotesi più probabile, insomma come non detto, mettiamo l’orologio indietro di 30 anni.

La premessa è sempre la stessa : la legge elettorale perfetta non esiste. Tutte hanno qualche difetto (talvolta molti difetti) e in questo campo la ricerca del meglio rischia di identificarsi con quella del meno peggio. La sconfitta governativa al referendum del 4 dicembre sulla riforma costituzionale non può non coinvolgere l’altra bandiera renziana : la riforma elettorale in senso maggioritario.

Del resto lo stesso presidente del consiglio aveva preso le distanze, poco prima del voto, dal testo da lui fatto approvare dal Parlamento (attualmente in attesa della parere della Corte costituzionale). Come se non bastasse, il solo partito che sarebbe oggi il vero beneficiario dell’Italicum (il M5S) è proprio quello che più si è battuto ieri contro l’Italicum. Ma in politica bisogna abituarsi alle svolte clamorose e alle sorprendenti conversioni.

Stabilito che l’Italia ha 40 milioni di commissari tecnici (di calcio) e 40 milioni di esperti di sistemi elettorali, mi pare che oggi ci sia un problema di accordi e di tempi. L’accordo che coinvolga tutti o quasi tutti, in questo Parlamento (ma anche in altri) non esiste, neanche prendendo tempo. Tutti vogliono battere il ferro finché è rovente: Grillo dopo aver detto che l’Italicum era come la legge Acerbo (Mussolini) è oggi il suo maggior sostenitore e lo vuole anche per il Senato. Renzi non vuole restare a bagnomaria ed è quindi disposto a votare presto, con qualsiasi (o quasi) sistema.

Per Mattarella una delicata crisi politica.

Posto che un Paese dotato di normale buonsenso non può cambiare leggi elettorali in continuazione (com’è il caso dell’Italia, che non sa neppure con che regole voterebbe se fosse costretta a farlo domenica prossima), mi pare chiaro che la vittoria schiacciante del « no » al referendum riporta il paese alle riflessioni e allo spirito della Costituzione (anche se i Costituenti evitarono di inserire la legge elettorale nel testo da loro approvato). Quelle riflessioni e quello spirito – che privilegiavano il bisogno di garantire le minoranze, creando equilibri e contropoteri – vanno chiaramente in direzione di una legge elettorale proporzionale. Piaccia o non piaccia, gli italiani hanno un cuore « proporzionalista ».

A me il proporzionale piace poco. Per tante ragioni, a cominciare dal fatto che questo sistema favorisce i pateracchi, l’instabilità, la lotta tra le correnti e i compromessi (non sempre cristallini) all’indomani del voto. Resto convinto che il sistema maggioritario « alla francese » (modificato in modo da permettere solo a due candidati di accedere al secondo turno, ossia modificato su un punto importantissimo) sia il « meno peggio » in un contesto come quello italiano, esprimendo al tempo stesso una vocazione maggioritaria (anche se non tale da garantire a priori la certezza di una maggioranza parlamentare) e un forte legame diretto deputati-elettori. Ma questa rischia di diventare una discussione di lana caprina nella fase in cui le forze politiche italiane potrebbero orientarsi verso soluzioni di carattere proporzionale.

La Terza Repubblica italiana potrà assomigliare alla Prima, il che non è comunque un insulto, visto che l’Italia del periodo 1946-92 non è affatto da buttar via (malgrado i suoi molti difetti). « Mutatis mutandis » (molto mutatis e moltissimo mutandis) il M5S potrebbe diventare un grande partito di costante opposizione, di pungolo e di forte presenza in alcune realtà locali (un po’ stile vecchio PCI) e la Lega potrebbe occupare lo spazio del vecchio MSI. A sinistra del PD (ossia a sinistra del centrosinistra) potrebbe nascere un nuovo soggetto politico « Made in Pisapia ». La vera incognita è il Centro. Staremo a vedere.

Un’eventuale – e ormai molto probabile – legge elettorale proporzionale sarebbe, tutto sommato, la meno complicata da scrivere e da far approvare dal Parlamento in tempi brevi. Se si andrà effettivamente in questa direzione, le domande « pesanti » non mancheranno : quale soglia di sbarramento ? Quali differenze tra leggi elettorali per la Camera e per il Senato ? Come affrontare il problema del voto di preferenza, che nella Prima Repubblica è diventato un generatore di lotta tra correnti, di corruzione e di instabilità ? Il voto del 4 dicembre è stato chiaro. Il popolo ha scelto. Adesso il tempo stringe. Se proporzionale ha da essere, che proporzionale sia.

Ma almeno facciamo una legge elettorale che non abbia in sé le ragioni della propria decadenza. Una legge che duri più del Mattarellum e del Porcellum.

Alberto Toscano

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Alberto Toscano
Alberto Toscano est docteur en Sciences politiques à l’Université de Milan, journaliste depuis 1975 et correspondant de la presse italienne à Paris depuis 1986. Ex-président de la Presse étrangère, il est l’un des journalistes étrangers les plus présents sur les chaînes radio-télé françaises. A partir de 1999, il anime à Paris le Club de la presse européenne. Parmi ses livres, ‘Sacrés Italiens’ (Armand Colin, 2014), ‘Gino Bartali, un vélo contre la barbarie nazie', 2018), 'Ti amo Francia : De Léonard de Vinci à Pierre Cardin, ces Italiens qui ont fait la France' (Paris, Armand Colin, 2019), Gli italiani che hanno fatto la Francia (Baldini-Castoldi, Milan, 2020), Mussolini, "Un homme à nous" : La France et la marche sur Rome, Paris (Armand Colin, 2022)

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