La compagnia nO (Dance first. Think later) porta in scena ‘Città inferno’

La compagnia teatrale “nO (Dance first. Think later)”, con la regia della splendida Elena Gigliotti, porta in giro per l’Italia lo spettacolo “Città Inferno”. Già a Pescara, sarà ancora a Torino, Roma e Campobasso. Sette donne, sette tragedie, sette modi diversi per imbrogliare le attese. E la rabbia. Ilaria Paluzzi era in prima fila sabato 26 novembre al Teatro Florian di Pescara e ci parla di questa pièce toccante e bruciante.

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Foto di Sara Ciommei - Le attrici, da sinistra a destra: Melania Genna (Enza); Elisabetta Mazzullo (Zucco), Elena Gigliotti (Cicci), Carolina Leporatti (Lina); Demi Licata (Lea); Rachele Canella (Erika); Daniela Vitale (Teresa)

Sabato 26 novembre, in giro per l’Italia molte persone hanno ribadito per le piazze il loro NO alla violenza sulle donne. Io l’ho fatto nel silenzio di una platea, quella che sabato sera, presso il Teatro Florian di Pescara, ha assistito al toccante spettacolo Città Inferno, messo in piedi dalla compagnia « nO(Dance first. Think later) », liberamente ispirato al film Nella città, l’inferno e intimamente dedicato alla vita nel carcere femminile.

A me hanno sempre detto che l’inferno non esiste. E che alla fine dentro l’idea dell’inferno mettiamo la proiezione di tutte quelle attese alle quali non abbiamo saputo rispondere. Ma c’è gente che tira avanti una vita sotto la minaccia dell’inferno, così come i bambini vengono terrorizzati dalle streghe, che possono comparire da un momento all’altro a materializzare i loro incubi peggiori. Per noi che siamo donne, streghe quando ci ribelliamo al martirio di una storia al condizionale maschile, allora noi l’inferno, noi che non lo viviamo perché non ci crediamo, non ci rimane che inventarlo, così da rappresentare lo spazio di tutte quelle attese ferite per chi, a differenza nostra, purtroppo non ce l’ha fatta.

Foto di Donato Aquaro

Ero seduta in prima fila, mentre assistevo alla rappresentazione di storie che ti arrivano in faccia come una secchiata d’acqua gelata di primo mattino. Storie di donne, assassine, fattucchiere, ladre. Donne vissute in tempi diversi, storie ispirate a fatti di vita vera. Storie atroci. Vicino a me un signore e vicino a lui una bambina. I suoi occhi hanno continuato a brillare per tutto il tempo. Lei che non aveva paura dell’inferno perché sa che non esiste, mentre io, che ho sconfitto i fantasmi, perché conosco la differenza tra un corpo e la sua ombra, ho guardato lo spettacolo per tutto il tempo senza aver paura di bruciare.

Foto di Sara Ciommei

Sette donne, sette tragedie, sette modi diversi per imbrogliare le attese. E la rabbia, quella di chi non riceve le risposte, di chi non ha saputo opporsi all’ignoranza, di chi non ha scelta e ammazza per sopravvivere. D’altronde lei che colpa ne ha, questo le hanno detto, lei che poteva saperne, questo le suggeriva quella vocina, forse era il diavolo, o magari era già all’inferno, lì dove bruciano persino le ombre, vapori di inganni, bolle di veleno, domande svuotate di senso che entrano in gola e come fili di rame strozzano il respiro. E allora, se tu non mi dai da mangiare, io vado a rubare, se non mi ami, io li ammazzo, ferisco a morte quel che ne rimane. Quel che rimane di me. La vita svuotata di senso, il volto bruciato prima di prendere fuoco. Si fa facile a non tornare indietro e dentro all’inferno, tu non puoi saperlo, ma il fuoco che brucia è solo un’illusione: sono i vapori smossi dai fantasmi, le urla: echi insistenti ispessiti dall’ignoranza.

Foto di Sara Ciommei

Ieri su quel palco ho visto andare in scena me stessa, la mia storia, il mio passato, soprattutto quello dal quale mi sono salvata, uscendo dall’inferno e soffiando sui miei fantasmi. Ci vuole coraggio per rappresentare l’assenza di vita e dimostrare che le favole non esistono e nessuno può redimersi realmente senza l’antidoto: la conoscenza di tutto quel che non si vede. Se ne sarebbe dovuta salvare almeno una, Lina, l’ultima arrivata. Quella che però poi alla fine ritorna, a cercarli uno a uno, i suoi affezionati fantasmi, legati tutti insieme dal filo invisibile e arrugginito che stringe la gola, quello teso dagli annali della storia, quella storia che possiamo cambiare solo noi. Ma intanto cominciamo a raccontarla. Ad ascoltarla. Senza paura. Come quella bambina seduta con me in prima fila, lei che sa che l’inferno non è, che è solo un modo per raccontare di tutto quel che ancora ci spaventa. L’incapacità alla conoscenza. Il dolore inciso in quelle ferite per chi crede ancora che noi donne al posto del sangue abbiamo il diavolo in corpo.

Cosa ne rimane di una donna, mi chiedevo, quando tra le mani non può stringer altro che i fili cuciti male tra le preghiere invecchiate. Eppure alla fine qualcosa rimane sempre, nascosto da qualche parte. E poi qualcuno, di più coraggioso, si alza in piedi e racconta di quel che, pur rimanendo, nessuno vede.

Foto di Sara Ciommei

Lo spettacolo, con la regia della splendida Elena Gigliotti, e con Rachele Canella, Melania Genna, Elena Gigliotti, Carolina Leporatti, Demi Licata, Elisabetta Mazullo, Daniela Vitale, voce off Maurizio Lombardi, sarà ancora a Torino, Roma e Campobasso.

Non perdetevelo, per non dimenticare che dietro l’inferno c’è sempre stato qualcuno che ci aveva promesso il paradiso.

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Ilaria Paluzzi
Ilaria Paluzzi è nata in un piccolo paese vicino al mare, in Abruzzo. Verso i 18 anni si trasferisce a Roma dove consegue la laurea in studi umanistici. Attualmente vive tra l'Abruzzo e il Lazio, tra ilmare e la città. Per diverso tempo ha collaborato con varie testate giornalistiche. Attualmente ha deciso di dedicarsi unicamente alla narrativa. Recentemente è uscito il suo primo romanzo, 'Riva', edizioni Bookabook. Collabora come autrice per la collana Dafni&Cloe, mentre lavora ai prossimi progetti. Nel 2016 ha ideato e curato 'Gente di mare', progetto editoriale itinerante. Oggi il mare continua a scorrere in tutte le sue storie, in un modo o nell'altro, come l'estate che mantiene vivo col suo profumo il più lungo inverno.

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