Terremoto: “La Passione degli Umbri”

Perugia, domenica, 30 di ottobre del 2016.

Questa mattina la giornata è cominciata presto, è tornata l’ora solare; sono a casa fra i miei libri, il computer già acceso, intenta alle occupazioni solite mentre i gatti fastidiosi girano irrequieti. A loro attribuisco per un attimo il trambusto, poi capisco: è il terremoto e questa volta sembra non finire mai. Subito mi chiedo dove sia la distruzione.

Un gran numero di persone nei giorni a venire racconterà il suo terremoto, dove era, cosa faceva, quanta paura ha avuto, che cosa ha detto. Questa volta non ci sono morti, ed è già un grandissimo sollievo.

Oggi a Norcia però è crollata tanta parte della chiesa di San Benedetto. È rimasta in piedi la facciata, esile barriera alle forze dei venti che vengon giù dalle montagne.

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Basilica San Benedetto di Norcia prima e dopo il crollo

La televisione mostra quella piazza così familiare, quasi irriconoscibile, dove tra la polvere e le macerie si inginocchiano devoti in preghiera e sembrano ascoltare una messa muta, quella della mattina presto davanti alla facciata della chiesa sventrata. In quell’attitudine semplice e solenne c’è tutta l’energia di questa terra, del suo splendore, dei corsi d’acqua, delle montagne dagli anfratti misteriosi, dove vissero eremiti e santi, pastori e contadini. In quell’aria già frizzante e cristallina non meritano abbandono né uomini, né bestie e nemmeno le antiche pietre crollate. Quelle pietre incastonate per generazioni, quasi fossero gioielli, sono l’anima di questi luoghi senza tempo, non possono essere dimenticate perché sono come malati, amati malati sofferenti. Pronte a risuscitare. Con le pietre si può, basta volerlo, scegliere le strade giuste, senza incertezze, questi luoghi devono tornare a nuova vita, lo vogliono con forza gli abitanti che restano nei pressi delle loro case, e anche quelli che se ne allontano, soltanto per riprendere energie.

La facciata bianca di San Benedetto non dovrà crollare. Mi sembra quasi un simbolo della nostra civiltà ed è un colpo durissimo vederla così. In quella chiesa distrutta oggi, si specchia il mondo intero. Lì la tradizione vuole che siano nati i due gemelli Scolastica e Benedetto nel 480 d. C. Era la fine dell’impero Romano d’Occidente, era l’inizio di una nuova epoca. Nelle nicchie della facciata due statue li raffigurano, al centro del portale su un fondo di marmi policromi c’è la Vergine col Bambino, accompagnata da due angeli inginocchiati, fedeli servitori. Tante volte, crollata. Tante volte ricostruita.

E pensare che nel 1980 era stato Giovanni Paolo II a inaugurarne l’ultima riapertura dopo il gravissimo terremoto del 1979 che aveva danneggiato la Valnerina. Un papa era venuto per ricordare la nascita di Benedetto da Norcia, il fondatore del monachesimo d’occidente, il santo dichiarato da Paolo VI, protettore d’Europa. Norcia con il suo impianto regolare di un Castrum romano, con le sue mura (anch’esse adesso compromesse), con la sua fortezza cinquecentesca, la possente Castellina, residenza dei governatori pontifici, mi è sempre apparsa come l’avamposto di un percorso d’indescrivibile bellezza, che si spinge fino a Pian Grande.

Castelluccio di Norcia, ora quasi distrutto, e Pian Grande

Spettacolo infinito, dove l’anima davvero si perde; solo un borgo sperduto, quasi casette di un presepe dell’infanzia, richiama alla terrestrità. Oggi questo borgo, Castelluccio di Norcia, è quasi distrutto. Non lo voglio sentire.

Mentre scrivo continuano le scosse, resta l’incertezza per la gente, crescono le rovine.

Rovine…. Mi fermo su questo pensiero e guardo la mia carta geografica interiore, dove scorrono le notizie di questi giorni. È fatta di chiese e paesaggi, di strade che s’inerpicano, di luci di giorni lontani.

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San Salvatore di Campi di Norcia prima e dopo il terremoto

Crollata San Salvatore a Campi. Per me un mito giovanile. Una scoperta quella chiesa piena di affreschi, a fondo valle messa lì ad assorbire il sole. La magnifica facciata con i due rosoni traforati. La rustica trasanna davanti ai due portali. La torre campanaria che biancheggia da lontano quasi fosse concepita in un sol masso di roccia.

San Salvatore di Campi. Le Marie al sepolcro. Antonio Sparapane 1464

E poi l’interno con un prezioso, raro tramezzo ravvivato dagli affreschi allegri di Giovanni Sparapane e di suo figlio Antonio una famiglia di pittori nursini, c’era Nicola da Siena e tanti altri.

Nell’elenco che si fa ogni ora sempre più lungo anche Sant’Eutizio, appare duramente colpita. La sua storia è millenaria, con i suoi silenzi scende nei secoli lontani. L’abbazia messa a dominio della Val Castoriana crebbe accanto alle grotte degli eremiti che vi vivevano nel V secolo, dominata da quell’orrido maestoso di pietra sponga col suo campanile settecentesco rimasto in piedi, mentre ha ceduto una parte del cimitero sovrastante schiantandosi sul tetto della chiesa e mandando in frantumi il rosone prezioso. Qui fiorì la scuola chirurgica di Preci. Qui si miniarono codici famosi. Qui in un sepolcro rinascimentale riposano i resti di Eutizio e di Spes.

Speranza, sempre.

Galleria nazionale dell'Umbria, Maestro di San Francesco crocifisso, 1272

A Perugia intanto nelle sale maestose del Palazzo dei Priori si inaugura una bella mostra, nove celebri croci dipinte raccontano la forza della “Passione degli Umbri”.

Maria Rita Silvestrelli
Docente di storia dell’arte
Università per Stranieri di Perugia

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Maria Rita Silvestrelli
Rita Silvestrelli è docente di Storia dell'Arte presso l'Università per Stranieri di Perugia.

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