Addio al Nobel dei Giullari.

Dario Fo se ne va. Ora abbraccerà per sempre la sua Franca.

“Sono ateo, ma Franca la incontro tutte le notti”. Gli mancava tanto Franca, la sua Franca, una vita di amore ed impegno civile, di teatro e letteratura. Ora saranno finalmente insieme, da quando è spirato (oggi 13 ottobre) a 90 anni compiuti dal marzo scorso, a 19 anni dal suo Premio Nobel per la Letteratura (in quanti lo irrisero?), da mezzo secolo dalla loro messa al bando dalla Rai della Democrazia Cristiana che censurava le avanguardie. Perché Dario Fo e Franca Rame erano avanguardia, erano di altra stoffa rispetto ai tempi correnti, ai luoghi comuni, sebbene erano anni – i ’50 e ’60 – pur pieni di talenti espressi dal teatro al cinema e persino in tv.

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Insieme diedero vita a messe in scena in quegli anni: Gli Arcangeli non giocano a flipper, Chi ruba un piede è fortunato in amore, La signora è da buttare. Insieme esordirono in televisione in quella “scandalosa” Canzonissima del 1962 che gli costò la cacciata per ben 14 anni da quella Rai bacchettona.

E poi il grande successo di Mistero Buffo nel 1969, dove Dario recupera a modo suo la dissertazione dei cantastorie, introducendo il “Gramelot” a suo modo decantato. Racconterà tra motteggi e commozione, le storie della Bibbia e dei Vangeli, di papi arroganti e di villani perspicaci. Ma quel terribile anno, il 1969, è stato l’anno dell’inizio di nuove trasformazioni sociali e civili, devastate dalla strage di piazza Fontana e la conseguente strategia della tensione. Il teatro di Dario rilegge quel tempo come una cronaca che diventa storia. Così è per Morte accidentale di un anarchico, sulla morte di Pinelli; così per Il Fanfani rapito, Non si paga non si paga!, Pum pum! Chi è? La polizia, Tutta casa, letto, chiesa, Clacson, trombette e pernacchi. Mentre la polizia era alla ricerca di pretestuosi motivi pur di fermare i suoi spettacoli.

Come farà anche anni dopo verso il suo bersaglio più volte colpito, Berlusconi, riletto come il nano in Ubu Bas, omaggio al celebre personaggio di Alfred Jarry, e poi trasformato in una specie di Frankenstein con il corpo di Silvio e il cervello di Putin. Dario Fo era il genio che si supera sulla scena, il comico ed il ribelle.

“Il premio più alto va dato senz’altro ai membri dell’Accademia svedese che hanno il coraggio di premiare con il Nobel un giullare”. Questo affermò all’annuncio del più ambito premio per la letteratura, aggiungendo “il riso non piace al potere. Il mio più grande maestro era Molière. Dopo di lui fu Ruzante Beolco, entrambi disprezzati perché portavano in scena il quotidiano, la gente comune, l’ipocrisia e la spocchia dei potenti, facendo semplicemente ridere.” Perché “il riso è sacro, quando un bambino ride è una festa” amava ripetere. E Jacopo, il loro unico figlio viveva probabilmente all’ombra (ma con grande dignità) la presenza maestosa di due genitori sempre al centro della Storia. Loro che difendevano le deviazioni di certa Sinistra in “soccorso rosso”, che si schieravano con gli esclusi e gli indifesi.

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La politica e l’arte, la scena e anche la pittura: Dario rappresentava la Storia che diventava metafisica e canto sottoproletario, sia che avesse echi dal medioevo o ne avesse dalla cronaca dei giornali.

Persino l’amicizia con Grillo e l’ammiccamento al Movimento è stato un atto controcorrente. La Sinistra oltre la Sinistra, anche contro certa Sinistra.

L’ultimo saluto nella sua Milano, lui lombardo del Lago Maggiore. Come i grandi del secolo scorso, Dario lascia il vuoto che si deve riconoscere solo ai grandi. Ma senza retorica, perché lui ci avrebbe irriso.

Armando Lostaglio

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Armando Lostaglio
ARMANDO LOSTAGLIO iscritto all'Ordine dei Giornalisti di Basilicata; fondatore del CineClub Vittorio De Sica - Cinit di Rionero in Vulture nel 1994 con oltre 150 iscritti; promotore di altri cinecircoli Cinit, e di mostre di cinema per scuole, carceri, centri anziani; autore di testi di cinema: Sequenze (La Nuova del Sud, 2006); Schermi Riflessi (EditricErmes, 2011); autore dei docufilm: Albe dentro l'imbrunire (2012); Il genio contro - Guy Debord e il cinema nell'avangardia (2013); La strada meno battura - a cavallo sulla Via Herculia (2014); Il cinema e il Blues (2016); Il cinema e il brigantaggio (2017). Collaboratore di riviste e giornali: La Nuova del Sud, e web Altritaliani (Parigi), Cabiria, Francavillainforma; Tg7 Basilicata.

1 COMMENTAIRE

  1. Addio al Nobel dei Giullari.
    Caro Armando, Dario Fo io lo considererei il « Sociologo-storico dei sentimenti » dell’uomo in tutte le loro variegate manifestazioni di vita, da quelle del Potente a quelle del misero e dell’infelice. Le ha saputo cogliere tutte grazie al suo occhio di scutatore attento e alla sua ipersensibilità umana. Non solo, ma le ha sapute anche rappresentare con quel coraggio che è solo dell’intellettuale libero amante non del successo e del benessere materiale ma della verità, quella verità che raccoglie tutti i valori umani sempre calpestati, ieri ed oggi, da politici e religiosi, da operatori economici e amministratori di beni vari. Non dobbiamo dimenticare che anche la storia della Chiesa brilla in questo mondo di storie tristi dove gli oppressi, gli infelici, gli sfruttati e gli abbandonati oggi crescono sempre di più. La Chiesa sta facendo la sua ammirabile autocritica mentre il mondo della finanza e dei poteri forti continua a manifestarsi insensibile ai richiami di un Dario. Ti abbraccio.

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