Gramsci e l’Edizione nazionale italiana delle sue opere

Siamo alla grande Edizione Nazionale delle opere gramsciane con la presentazione del secondo volume degli Scritti 1910-1926 previsti dal Catalogo, tenutasi il 20 settembre presso la sede dell’Enciclopedia Treccani, a Roma, a cura di L. Rapone, L. Canfora, E. Giammattei, G. Vacca (Catalogo Treccani. Edizione nazionale degli scritti di Antonio Gramsci).

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Si tratta d’un vasto piano di pubblicazione (si calcolano 25 voll.) di tutti gli scritti del politico sardo, uno dei pensatori più studiati al mondo, vittima del fascismo, morto nel ’37 per il lungo deperimento causatogli dalla prigionia.

Sono connessi alla grande iniziativa, posta sotto l’alto patronato del Presidente della Repubblica, in coincidenza con il 70° anniversario della morte, problemi non solo filologici, ma di ricerca per il recupero e la fedeltà della conservazione che mettono alla prova la bravura e l’affidabilità degli studiosi impegnati. Un’opera ritenuta necessaria e doverosa per mettere ordine, il più fedelmente possibile, nel guazzabuglio che seguì la dispersione degli scritti, dopo la sua morte.

E’ risaputo infatti quanta sia stata accanita la lotta tra quanti avrebbero voluto oscurarlo e quanti si batterono ed in parte ancora si battono, perché il suo pensiero sia netto e chiaro, senza equivoci. I punti controversi della questione sono molto complessi e non riguardano soltanto la nascita e diffusione del Partito Comunista italiano, da lui fondato nel ’21, quanto lo sviluppo lacerato da aspri confronti interni e dissapori anche con il Comintern, per cui Gramsci ad un certo punto si trovò isolato, in contrasto con i suoi contatti interni ed esterni, fino a subire il processo che gli fu intentato nel ’28, insieme ad altri imputati comunisti, tra cui Terracini e successivamente la condanna a vent’anni di carcere come avversario politico pericoloso.

Il valore dei suoi scritti

Da quel momento, già malato, si adeguò a scrivere per comunicare la sua verità che è dottrina politica e storica, ma soprattutto lezione di vita e di libertà nell’evidenziare le premesse e le conseguenze del fascismo sull’Italia, nel leggere appassionatamente i grandi del passato fino ad immaginare il futuro e la sua evoluzione verso una forma di governo non autoritaria.

La sua è una grande testimonianza non solo di umanità, ma soprattutto di coraggio e di resistenza eroica alla negatività del tempo ed ai difficili momenti dell’esistenza.

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Ci commuove leggere una sua lettera scritta alla moglie Julca, ammalata, lontana da lui, in Russia, con i due figli :

Casa penale di Turi, 27 giugno 1932

Carissima Julca,

ho ricevuto i tuoi foglietti, datati da mesi e giorni diversi.

Le tue lettere mi hanno fatto ricordare uno scrittore francese poco noto, Lucien Jean, credo che era un piccolo impiegato in una amministrazione municipale di Parigi. La novella s’intitola : Un uomo in un fosso. Cerco di ricordarmela. Un uomo aveva fortemente vissuto, una sera, forse aveva bevuto troppo, forse la vista continua di belle donne lo aveva un po’ allucinato; uscito dal ritrovo, dopo aver camminato un po’ a zig zag per la strada, cadde in un fosso, era molto buio. Il corpo gli s’incastrò tra rupi e cespugli; era un po’ spaventato e non si mosse per timore di precipitare ancor più in fondo. I cespugli si ricomposero su di lui, i lumaconi gli strisciarono addosso inargentandolo (forse un rospo gli si posò sul cuore, per sentirne il palpito, e in realtà perché lo considerava ancora vivo). Passarono le ore; si avvicinò il mattino e i primi bagliori dell’alba; incominciò a passar gente. L’uomo si mise a gridare aiuto. Si avvicinò un signore occhialuto, era uno scienziato che ritornava a casa dopo aver lavorato nel suo gabinetto sperimentale.

– Che c’è?, domandò.

– Vorrei uscire dal fosso, rispose l’uomo.

– Ah,ah ! vorresti uscire dal fosso! E che ne sai tu della volontà, del libero arbitrio, del servo arbitrio! Vorresti, vorresti! Sempre così, l’ignoranza. Tu sai una cosa sola: che stavi in piedi per le leggi della statica, e sei caduto per le leggi della cinematica. Che ignoranza,che ignoranza !- e si allontanò scrollando la testa tutto sdegnato.

Si sentirono altri passi. Nuove invocazioni dell’uomo. Si avvicina un contadino, che portava al guinzaglio un maiale da vendere e fumava la pipa.

– Ah, ah! Sei caduto nel fosso, eh! Ti sei ubriacato, ti sei divertito e sei caduto nel fosso. E perché non sei andato a dormire come ho fatto io ? – E si allontanò col passo ritmato dal grugnito del maiale.

E poi passò un artista, che gemette perché l’uomo voleva uscire dal fosso: era così bello, tutto argentato dai lumaconi, con un nimbo di erbe e di fiori selvatici sotto il capo, era così patetico!

E passò un ministro di Dio, che si mise ad imprecare contro la depravazione della città che si divertiva e dormiva mentre un fratello era caduto nel fosso, si esaltò e corse via a fare una terribile predica alla prossima messa.

Così l’uomo rimaneva nel fosso, finchè non si guardò attorno e vide con esattezza dove era caduto, si divincolò, si inarcò, fece leva con le braccia e le gambe, si azzardò a mettersi in piedi e uscì dal fosso con le sole sue forze……….

[…]

Occorre bruciare il passato e ricostruire tutta una vita nuova: non bisogna lasciarsi schiacciare dalla vita vissuta finora o almeno bisogna conservare solo ciò che fu costruito e anche bello.

Bisogna uscire dal fosso e buttare via il rospo dal cuore.

Cara Julca ti abbraccio teneramente.

A. Gramsci (Lettere dal carcere)

Come tutto ritorna nella parafrasi della novella che forse già conoscevamo: la debolezza dell’uomo bloccato, l’insensatezza dei passanti liberi! Balzano vivi i particolari visivi del rospo che grava sul cuore, dei lumaconi che inargentano il corpo. Forse mai racconto fu così efficace a rendere la condizione di inattività forzata!

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Ora, per tornare al nostro presente, questa grande iniziativa della pubblicazione di tutti i suoi scritti, sarà sì molto faticosa, ma libererà, si spera, da tutte le possibili ombre il suo fervido pensiero, tenuto costretto in vincoli fino a morirne. Passerà per tempi diversi da quello della formazione alla maturazione, attraverso sottili confronti e testimonianze dirette ed indirette, ricerche approfondite, elementi che probabilmente sono sfuggiti, fino a ridarci il vero volto d’un grande italiano perseguitato.

Si chiarirà soprattutto la questione dei suoi Quaderni del carcere, di cui si è a lungo discusso, se fossero in numero di 33 o di 34, salvati dalla cognata Tania, impiegata all’ambasciata sovietica a Roma, che lo assistette nel suo calvario fino alla morte.

Ora sono offerti gli originali in mostra a Torino, a Milano e quanto prima a Roma. Senza dubbio si ricomporrà tutto il suo epistolario molto importante per capire i suoi rapporti familiari, affettivi, politici, con gli altri carcerati, in una sola parola si chiarirà lo spessore della sua rivoluzione, voluta e caldeggiata anche in favore dei contadini del sud, che egli auspicava alleati con i proletari del nord per vincere e superare il blocco della questione meridionale.

Finora sono già stati pubblicati anche l’Epistolario n1 che comprende gli scritti dal gennaio 1906 fino al dicembre del ’22, e L’Epistolario n.2 con le lettere del ’23, cioè la sua biografia politica e privata durante il soggiorno moscovita e come rappresentante del Partito Comunista d’Italia all’interno del Comintern.

L’opera sicuramente avrà un grande respiro e la storia, ivi compresa, sarà più lineare.

Gaetanina Sicari Ruffo

Fondazione Gramsci, edizione nationale degli scritti di Antonio Gramsci

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Gaetanina Sicari Ruffo
Gae(tanina) Sicari Ruffo è purtroppo venuta a mancare nel 2021. Viveva a Reggio Calabria. Già docente di Italiano, Latino e Storia, svolgeva attività giornalistica, collaborando con diverse riviste, tra cui Altritaliani di Parigi, Calabria sconosciuta e l’associazione Nuovo Umanesimo, movimento culturale calabrese. Si occupava di critica letteraria, storica e d’arte. Ha pubblicato i saggi Attualità della Filosofia di D.A. Cardone, in Utopia e Rivoluzione in Calabria (Pellegrini, 1992); La morte di Dio nella cultura del Novecento, in Il Santo e la Santità (Gangemi, 1993); La Congiura di Tommaso Campanella, in Quaderni di Nuovo Umanesimo (1995); Il Novecento nel segno della crisi, in Silarus (1996); Le donne e la memoria (Città del Sole Edizioni, 2006, Premio Omaggio alla Cultura di Villa San Giovanni); Il voto alle donne (Mond&Editori, 2009, Premio Internazionale Selezione Anguillara Sabazia). Suoi anche i testi narrativi Là dove l’ombra muore (racconti Premio Internazionale Nuove Lettere, 2010); Sotto le stelle (lulu.com, 2011); La fabbrica dei sogni (Biroccio, 2013); la raccolta di poesia Ascoltando il mare (Pungitopo, 2015).

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