I luoghi del Gattopardo, con Maria Antonietta Ferraloro

ovvero storia di una revisione magistrale del celebre romanzo nel saggio: “Tomasi di Lampedusa e i luoghi del Gattopardo”, Pacini Pisa 2014.

Tomasi di Lampedusa è tra i più importanti esponenti del ‘900 letterario: uno degli autori più tradotti, studiati e letti al mondo. Tuttavia, nella scelta di occuparmi di lui, ha avuto un grande rilievo una motivazione decisamente personale. Nel lontano 1943, infatti, il Principe giunse in un piccolo borgo dei Nebrodi di nome Ficarra, e vi rimase per alcuni mesi. In quel paesino io ho vissuto sino ai vent’anni, assorbendo le storie e i racconti legati al soggiorno di questo uomo straordinario e al suo romanzo, Il Gattopardo, dentro cui si favoleggiava che potesse esservi traccia di Ficarra…
(Maria Antonietta Ferraloro)

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Un capolavoro letterario è tale se la sua lettura rivela aspetti sempre nuovi nel tempo ed apre orizzonti sconosciuti. Il ‘Gattopardo‘ di Tomasi di Lampedusa è stato già riconosciuto da tutti come tale ed il suo lievito vitale vieppiù si rinnova, specie se chi lo legge vi aggiunge la sensibilità acquisita per esperienza proveniente dagli stessi luoghi in cui è stato l’autore.

C’è infatti uno sguardo, per così dire, dell’anima, che dà una particolare vibrazione alle parole e tocca le corde più segrete della psiche e degli affetti.

Questo modo ha trovato la Prof. Maria Antonietta Ferraloro che ha riletto il libro, tenendo presente la sua Ficarra, un paesino dei Nebrodi, nell’entroterra di Palermo dove lo scrittore Tomasi di Lampedusa soggiornò con moglie e madre, durante il secondo conflitto bellico, in una proprietà che i cugini Piccolo di Calanovella, misero a loro disposizione per tre mesi, nel ’43, quando infuriava la guerra.

La lettura infatti esula dal modo convenzionale di leggere il romanzo e s’appunta ad identificare quei luoghi, dove è rimasta l’eco di quella visita lontana e suggestiva. E’ accaduto che essa, stratificatasi nell’animo dell’autore, si sia concretizzata nelle rare immagini e nelle forti emozioni che sono il segreto della composizione.

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Lo sguardo di chi ripropone tale lettura è quindi diretto e motivato ad evidenziare l’autenticità dell’ispirazione e ad aggiungervi l’emozione di particolari inediti che la suggellano. Alla domanda posta per tanto tempo: Può un solo romanzo assicurare il successo e la fama al suo autore ?, la professoressa interprete risponde con sottili analisi che non fu un solo romanzo, come dapprima s’era pensato, iniziato nel ’53 e pubblicato postumo nel ’58 (lo scrittore morì nel 57), ma tante altre scritture impostate prima e dopo, letture di autori francesi ed inglesi, insomma un lungo apprendistato di lettore e critico, come già aveva dimostrato Leonardo Sciascia (in Fatti diversi di Storia letteraria e civile, Adelphi,1989) ed altri studiosi dopo di lui, a produrre il frutto maturo d’un decadentismo ormai superato, nella forma di uno storicismo di ritorno. Un romanzo quasi di contemplazione della morte, a partire dalla scena iniziale, che fa da preludio, della scoperta del cadavere d’un soldato borbonico durante la passeggiata del principe a villa Salina, scena desunta probabilmente dalla vista reale d’un soldato tedesco, morto durante la permanenza a Ficarra, che ritrova un parallelo più amplificato in quella del Gattopardo stesso fuori dalla sua maestosa dimora al termine dell’opera.

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La riflessione si fa insistente anche per altri particolari, compresa la fine del cane Bendicò, a conferma che il romanzo è opera d’un autore maturo che riflette sulla fine del suo mondo. E’ però tale l’intima connessione che vive all’interno dei personaggi del libro con il mondo esterno dei luoghi rappresentati da destare stupore ed ammirazione in chi lo rilegge e vi scopre l’essenza originale ed affascinante d’un vissuto dettato dall’esperienza e dalla saggezza mediata da una vasta cultura europea.

Tomasi di Lampedusa pensava da molto tempo a scrivere questo romanzo, forse dal 1930 (preziose sono le sue Lettere, indirizzate a Licy, la moglie, e ad altri amici), in onore del suo antenato, Fabrizio Corbera, principe di Salina, che egli fa rivivere durante l’epopea garibaldina. I fatti narrati vanno infatti dall’arrivo di Garibaldi nell’isola fino al 1910. Ma lo scrittore cominciò a stenderlo nel 1953, dieci anni dopo la fine della guerra che non l’aveva visto combattente, perchè era già un reduce della Prima guerra mondiale, con il bagaglio di tristi ricordi. Tuttavia,nella sua mente, c’era la condanna di tutte le guerre che finiscono per sancire un finto ordine di rinnovamento e il passaggio da un ceto ad un altro purchè l’arbitrio, la prepotenza e l’assurdo restino quali sempre sono stati.

Purtroppo lo scrittore morì nel ’57, tanto che la sua opera, che non aveva avuto l’ultima mano, fu pubblicata postuma nel ’58 a cura di Giorgio Bassani per interessamento di Gioacchino Lanza Tomasi per l’editrice Feltrinelli che firmò successivamente la prefazione,nel ’69. Il libro fu catalogato come romanzo storico sulla scia di Stendhal, De Roberto e Pirandello, ma nel corso degli anni, attraverso studi ed interventi mirati, si è compreso come alla sua origine sia superato il livello ottocentesco e ci sia un sapiente mixage delle linee dei grandi autori (Proust, Joyce,Woolf ) del Novecento, letti appassionatamente.

Cambia infatti la concezione del tempo e dello spazio considerati non in modo conseguenziale e logico, ma intersecantisi tra di loro, secondo un incastro originale voluto dallo scrittore che assomiglia al regista d’un film che sposta le sequenze per meglio armonizzare il vissuto biografico di Fabrizio e di riflesso il suo e la linea storica ottocentesca che ha delle strane somiglianze con quella novecentesca. Ed un film infatti ha girato con grande successo Luchino Visconti, nel ’63, ottenendo la Palma d’oro al festival di Cannes.

Per quanto riguarda i luoghi tomasiani, allo studio di Sciascia va accostato anche quello di Andrea Vitello, a metà degli anni sessanta, ma essi nascondono ancora segreti che la nostra professoressa cerca di penetrare e collegare giustamente nel contesto dell’opera. Allora è lì ad interrogare, a intervistare, a definire personaggi e tempi per meglio comprendere come il vero si sia trasformato in verisimile e l’arte alla fine abbia avuto il sopravvento. Un lavoro di scavo intelligente che ha prodotto risultati ineccepibili nel trattare la sintesi generale dell’opera.

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Ficarra, il paesino dei Nebrodi, nel ’43, di 3000 anime, quasi il doppio di quelle attuali, è al centro della sua ricognizione. Non vi ritrova che qualche raro testimone del tempo, ma apprende che la famiglia di Giuseppe Tomasi vi fu bene accolta da tutti i cittadini e divenne oggetto di deferenza e rispetto. Lo scrittore era molto riservato e frequentava una ristretta cerchia di amici non necessariamente nobili, oltre i cugini Piccolo. Vi rimase pure qualche settimana in più rispetto a quando i tedeschi se ne furono andati, dopo l’armistizio.

Dai racconti del luogo si deduce che parecchi eventi di Ficarra dovettero averlo ispirato, come per esempio la scena del cadavere del militare tedesco, come si è detto, trovato nel giardino, durante la passeggiata di Fabrizio, davvero fondamentale che dà il leitmotiv di tutto il lavoro. E così alcuni personaggi, dilatati poi dalla sua fantasia: Ciccio Tumeo, testimone del fatto di cronaca avvenuto in prossimità della tenuta dei Piccolo, che nel romanzo è l’organista del duomo di Donnafugata, la località di villeggiatura dove i Salina trascorrevano le ferie e quel Sedàra del romanzo, esponente della nuova classe borghese, padre di Angelica, grossolano speculatore ed ignorante che contrasta con la nobile figura del principe.

Tanti altri elementi sono identificabili non solo di Ficarra, ma della Sicilia in genere. Dall’alto del suo osservatorio astronomico il Principe gattopardo fotografa la sua isola e la vede come ostaggio “d’un sole violento e sfacciato, d’un sole sovrano assoluto e capriccioso che condanna all’arsura la terra e le bestie, toglie il peso alle cose, rende illusori spazi e distanze, ruba i desideri ed il respiro degli uomini,e nel contempo intorpidisce i loro animi sino a narcotizzarli”.

La bella isola non si riscatta neppure per il comportamento dei suoi abitanti, aristocratici e villani, tutti accomunati in un grande toccante rimpianto, per non riuscire a sfuggire alla morsa degli intrighi che la politica del governo centrale infligge loro. Tutto sembra cambiare per restare sostanzialmente uguale: questa è la morale conclusiva. Il capitolo che forse riscatta tutta la visione negativa degli avvenimenti rappresentati è il ballo a Palazzo Ponteleone che vede il trionfo della bellezza di Angelica e il ricordo della giovinezza vigorosa ed aperta all’avvenire. E’ il momento più esaltante della vicenda dei Salina e fa pensare che la loro casta è pronta a dare il passo ai più giovani come Tancredi, che un ciclo si chiude con amarezza ed un altro comincia con speranza, com’ è sempre nella storia dell’umanità.

Saggezza antica innestata in un rinnovato ed originale modo di sentire!

Gaetanina Sicari Ruffo

Nota sintetica:

Nell’estate del 1943 Giuseppe Tomasi di Lampedusa giunse da sfollato a Ficarra, accompagnato dalla madre e dalla moglie. Vi sarebbe rimasto poco più di tre mesi. Da luglio infuriava ormai la battaglia di Sicilia e l’isola viveva uno dei suoi momenti più tragici. Considerato sino ad ora una semplice tappa di passaggio nella vita dello scrittore, il soggiorno nel borgo dei Nebrodi costituisce, invece, un momento ben identificabile della sua biografia e occupa un piccolo ma riconoscibile spazio nel grande affresco del Gattopardo. Tomasi se ne servì, com’era sua consuetudine, al pari di un seme narrativo. Il libro ricostruisce quel soggiorno e, soprattutto, lo riconsegna al particolare contesto storico di riferimento – un lasso di tempo cruciale per le sorti dell’Italia e della guerra. E, mentre riannoda i fili del legame viscerale e antico che questo maestro del ’900 ha sempre instaurato con i luoghi dove è vissuto, compie un viaggio testuale dentro le più profonde strutture narrative, concettuali, cronotopiche di un classico tra i più amati, interrogandosi sui rapporti tra territorio e immaginario, tra storia e letteratura e sull’imperscrutabile mistero dell’arte.

Biografia:

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Maria Antonietta Ferraloro insegna Lettere nella scuola secondaria di I grado. Ha conseguito il dottorato di ricerca in Storia della cultura. Come cultore della materia in Letteratura italiana collabora con il Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università di Catania. Si è occupata di Leonardo Sciascia, del rapporto tra letteratura e spazio e di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Per la saggistica, è stata finalista al Premio Internazionale “Città di Castello” (2013).

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« Un saggio pieno di novità e dalla bibliografia importante. In Italia non c’è nulla di simile. »
G. Lanza Tomasi

In Italia il rapporto tra Letteratura e Geografia è stato sempre poco approfondito. Eppure è un elemento essenziale per comprendere le opere di uno scrittore. Solo tre autori si sono preoccupati di ricostruire in modo organico questo rapporto in Tomasi di Lampedusa: Leonardo Sciascia, Gioacchino Lanza Tomasi e Maria Antonietta Ferraloro”.
A. Buttitta (Sellerio)

Un linguaggio elegante e precisissimo. Una riflessione originale e molto rigorosa. »
S. Nezri-Dofour, Direttrice dipartimento d’Italianistica di Aix-en-Provence (Il giardino del Gattopardo. Giorgio Bassani e G. Tomasi di Lampedusa)

Una coltissima e appassionata rivisitazione critica dell’universo creativo di Tomasi di Lampedusa”.
Marco Olivieri (Centonove e Repubblica Palermo)

Ciò che mi ha colpita di più, devo dire, è il linguaggio controllato, prossimo a tratti alla poesia. Un saggio che si legge con la godibilità di un romanzo.
Anna Valleruga (Satisfaction )

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LINK ESTERNO :

Letteratitudine, blog gruppo Espresso, Giugno 2016

LINK INTERNO:

Il Gattopardo, tra storia ed eternità del Prof. Giovanni Capecchi, docente di letteratura italiana, Università per Stranieri di Perugia.

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VIAGGIO NEI LUOGHI DEL GATTOPARDO

Naxoslegge festival inaugura un ciclo di incontri interamente dedicati a Giuseppe Tomasi di Lampedusa dal titolo « In viaggio con Tomasi ». Il primo appuntamento è previsto domenica 5 marzo a Ficarra. L’iniziativa si svolgerà da marzo a dicembre 2017 in vari luoghi della Sicilia. Coideatrice del progetto: Maria-Antonietta Ferraloro

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http://www.anni60news.com/2017/03/03/parte-ficarra-viaggio-tomasi/

http://www.doppiozero.com/materiali/viaggio-nei-luoghi-del-gattopardo

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Gaetanina Sicari Ruffo
Gae(tanina) Sicari Ruffo è purtroppo venuta a mancare nel 2021. Viveva a Reggio Calabria. Già docente di Italiano, Latino e Storia, svolgeva attività giornalistica, collaborando con diverse riviste, tra cui Altritaliani di Parigi, Calabria sconosciuta e l’associazione Nuovo Umanesimo, movimento culturale calabrese. Si occupava di critica letteraria, storica e d’arte. Ha pubblicato i saggi Attualità della Filosofia di D.A. Cardone, in Utopia e Rivoluzione in Calabria (Pellegrini, 1992); La morte di Dio nella cultura del Novecento, in Il Santo e la Santità (Gangemi, 1993); La Congiura di Tommaso Campanella, in Quaderni di Nuovo Umanesimo (1995); Il Novecento nel segno della crisi, in Silarus (1996); Le donne e la memoria (Città del Sole Edizioni, 2006, Premio Omaggio alla Cultura di Villa San Giovanni); Il voto alle donne (Mond&Editori, 2009, Premio Internazionale Selezione Anguillara Sabazia). Suoi anche i testi narrativi Là dove l’ombra muore (racconti Premio Internazionale Nuove Lettere, 2010); Sotto le stelle (lulu.com, 2011); La fabbrica dei sogni (Biroccio, 2013); la raccolta di poesia Ascoltando il mare (Pungitopo, 2015).

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