Le vedute di Ippolito Caffi tra Venezia e l’Oriente – Museo Correr

Fino al 20 novembre 2016 e da non perdere! A 150 anni dalla sua morte e dall’annessione di Venezia e del Veneto all’Italia si è inaugurata il 28 maggio a Venezia, presso le sale del Museo Correr in Piazza San Marco, una mostra dedicata all’artista-patriota Ippolito Caffi (Belluno 1809 – Lissa 1866), ultimo erede ottocentesco di Canaletto e di Pietro Bellotti, pur innovativo e originale. Una vita in viaggio tra arte, passione politica e l’amata Venezia, città d’elezione di cui ha saputo tradurre nei suoi quadri la struggente bellezza, traghettando il vedutismo verso la contemporaneità.

La mostra è prodotta e promossa da Fondazione Musei Civici di Venezia, con Civita Tre Venezie, Villaggio Globale International, a cura di Annalisa Scarpa.

Ippolito Caffi, “Venezia, Regata in Canal Grande”, ante 1848-49, Fondazione Musei Civici di Venezia

Caffi, di origini bellunesi, da giovane vivrà a Venezia dove frequenterà l’Accademia di Belle Arti. In seguito, nel 1832, raggiungerà a Roma il cugino-maestro Pietro Paoletti, dove si dedicherà essenzialmente alla veduta. Da quel momento in poi sarà sempre in viaggio. Per il suo spirito indipendente, curioso, libertario, ed anche per la sua perenne avversità al dominio austriaco a Venezia.

Ispirato dalle fonti letterarie come Chateaubriand e Hugo e dagli audaci viaggi dell’esploratore padovano Giambattista Belzoni, nel settembre del 1843 a Napoli si imbarcherà per l’Oriente in un viaggio avventuroso che durerà sei mesi.

Ippolito Caffi, “Costantinopoli: l’Ippodromo”, 1843, Fondazione Musei Civici di Venezia

Sarà ad Atene e poi a Smirne, visiterà Costantinopoli, Efeso e poi andrà in Egitto. Nei bagagli unicamente una tavolozza, pennelli, e blocchi per schizzi e appunti, sulla scia di altri artisti suoi contemporanei, come il pittore inglese David Roberts (1796-1864).

Ippolito Caffi, “Egitto: carovana nel deserto”, 1843

Tornato in Italia nel febbraio del 1844, fu tra i primi a partecipare nel 1847 a un’ascensione in mongolfiera insieme all’aeronauta francese François Urban. Questa sua esperienza lo ispirò a realizzare dei quadri dal tono romantico.

Sempre inviso alla polizia austriaca, Caffi nel 1848 sarà in Friuli dove si arruolò per combattere contro i dominatori di Venezia. Arrestato a Belluno, fuggirà tra le montagne dell’Agordino e poi raggiungerà Venezia dove entrerà nella Guardia Civica come capitano e dove sposerà Virginia Missana, il suo amore di gioventù. Alla resa della città lagunare, Caffi sarà costretto a fuggire, anche perché su di lui pende un’accusa di “crimine di violenza pubblica”. Continuerà il suo esilio viaggiando in Italia e in Europa: Roma, Genova, Torino, e poi Nizza, in Svizzera, e poi Parigi, Londra, dove presenterà le sue opere sia all’Esposizione Universale, ed anche in Spagna (Madrid, Barcellona).

Ippolito Caffi, “Parigi: veduta del palazzo del Louvre”, 1855

Solamente nel 1858, una volta prosciolto dalle accuse, poté far ritorno nella sua amata Venezia insieme a sua moglie, e prenderà casa in calle del Selvadego. Tuttavia la sua indole inquieta e patriottica lo porterà ancora a spostarsi. Andrà in Lombardia, in Piemonte e poi di nuovo a Venezia. I suoi viaggi desteranno i sospetti della polizia austriaca che nel luglio del 1860 lo porrà agli arresti. Egli trascorrerà tre mesi in carcere come detenuto politico. Una volta scontata la pena sarà a Milano, poi a Napoli, dove si unirà all’esercito garibaldino.

Ippolito Caffi, “Napoli, dalla Riviera di Chiaia”, 1843, Fondazione Musei Civici di Venezia

Dopo il 1860, con l’Unità d’Italia, ritornerà a Venezia e riprenderà a dipingere. Nel 1862 per decreto di Vittorio Emanuele II diventerà cittadino italiano e sarà nominato “cavaliere”. Nel 1866, allo scoppio della Terza guerra d’Indipendenza dall’Austria, l’artista si imbarcherà a Taranto su una nave italiana. Morirà a soli 57 anni nell’affondamento della nave “Re d’Italia” durante la battaglia di Lissa.

Ippolito Caffi, “Venezia, Neve e nebbia in Canal Grande”, 1842, Fondazione Musei Civici di Venezia

A 150 anni dalla sua morte e dall’annessione di Venezia e del Veneto all’Italia, questa grande mostra intende celebrare il più innovativo vedutista dell’Ottocento, visionario e patriota, che ebbe fama tra gli artisti d’epoca, e un successo di vendite, al punto che tra i suoi estimatori vi fu anche lo stesso principe d’Austria. Per la prima volta, dopo cinquant’anni, viene esposto integralmente al Correr il fondo di oltre 150 dipinti – conservati abitualmente nei depositi di Ca’ Pesaro – e donato dalla vedova alla città.

Degno successore di Canaletto e di Pietro Bellotti, ai quali si accosta per le nitide vedute di Venezia e per la forte prospettiva, Caffi ha inoltre una mano raffinata e insuperabile per rappresentare la suggestione della luce, colta in qualsiasi luogo e ora del giorno: dal deserto arabo alle soglie del vento del Simun, in Nubia, ai resti dei colonnati di Tebe al Partenone d’Atene, al romano Colosseo e a certe vedute delle coste liguri e campane.

Ippolito Caffi, “Venezia: sera di carnevale”, 1860

Le sue opere sono quindi anche dei reportage del tempo, di luoghi lontani e affascinanti. Ma anche le illuminazioni artificiali riescono bene all’artista; come la serie dei quadretti sui “Moccoletti” durante il carnevale romano (1837) che gli diedero la notorietà ed anche una buona remunerazione con le sue varie riproduzioni. E ancora, i fuochi rappresentati come bagliori ne “L’ultima dimostrazione fatta a Pio IX il 10 febbraio 1848”, o il “Bombardamento notturno a Marghera del 25 maggio 1849” che lo vide spettatore privilegiato, in quanto capitano della Guardia Civica, e ancora “Roma: Colosseo illuminato a bengala” (1856), Così come l’imponente olio su tela “Venezia: Serenata innanzi alla Piazzetta di San Marco” (1858-1865) dove la luna che si intravede nascosta dalle nubi in un cielo senza stelle sopra il Bacino è come un faro che sovrasta un momento magico: intanto due fuochi, uno rossastro vicino alla riva, nascosto dalle imbarcazioni, ed un abbagliante bengala bianco, celato dall’angolo del Palazzo Ducale creano altri due punti luce per le facciate degli edifici e per le colonne di Marco e Todaro in un luogo senza illuminazione pubblica. Solamente i puntini delle lanterne a bordo delle gondole fanno da supporto alla luce notturna.

Nel generoso lascito sono compresi anche i disegni sciolti e i suoi taccuini pieni di annotazioni, schizzi e bozzetti preparatori di alcuni suoi dipinti, conservati al Museo Correr, tutti ancora da riscoprire. L’eredità di un artista che ha voluto sempre vivere la storia del proprio tempo da vero protagonista.

Andrea Curcione

(Pubblicato il 12 giugno 2016 e aggiornato)

DA VISIONARE NEL PORTFOLIO LE FOTO SCATTATE ALLA MOSTRA DA ANDREA CURCIONE
© Foto e articolo – Riproduzione riservata

IPPOLITO CAFFI (1809-1866)
Tra Venezia e l’Oriente
Venezia, Museo Correr
(dal 28 maggio al 20 novembre 2016)

SITO UFFICIALE DELLA MOSTRA IPPOLITO CAFFI

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Andrea Curcione
Andrea Curcione è nato e risiede a Venezia dal 1964. Laureato in Storia all'Università Ca'Foscari di Venezia, ama i libri, la scrittura, la fotografia e il disegno. Giornalista pubblicista, ha pubblicato alcuni racconti e romanzi noir di ambientazione veneziana. Si occupa soprattutto di critica cinematografica, ma per Altritaliani scrive anche di avvenimenti culturali e mostre di particolare interesse che si inaugurano nella città lagunare.

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