Una grande scoperta archeologica sul delta del Nilo riporta alla luce le città sommerse di Heracleion e Canopo. Da visitare attualmente a Parigi (Institut du Monde arabe) la mostra “Osiris, mystères engloutis d’Égypte” e, da maggio, la grande esposizione del British Museum dal titolo “Sunken Cities. Egypt’s Lost World”.
È vero, non sembra il momento di entusiasmarsi per avvenimenti quasi prodigiosi dell’arte e della cultura archeologica, ma come passare sotto silenzio che il prossimo anno – dal 19 maggio al 27 novembre – sarà allestita al British Museum, come riporta il Daily Mail, la grande mostra dei reperti di ben due città che erano all’ingresso dell’Egitto, prima d’Alessandria: Heracleion e Canopo, sommerse da tre metri di limo e inesorabilmente dimenticate?
Se gli avvenimenti luttuosi di questi giorni non avessero attenuato i nostri entusiasmi, l’avvenimento sarebbe come la scoperta di Pompei e la sua rivisitazione simile allo spettacolo che portò le folle impazzite a vedere il grande spettacolo della città dissepolta dopo tanti secoli dalle ceneri del Vesuvio. Solo che in questo caso non si è scavato, ma fatto risalire dai fondali, grazie ai sommozzatori, i meravigliosi, grandiosi reperti che caratterizzano specialmente Thonis-Heracleion, fondata nell’VIII sec. a.C.
Era un grande porto commerciale internazionale forse inabissatosi per una serie di terremoti, dedicata ad Ercole. È riemerso dopo decenni di studi e di ricerche, a 30 metri di profondità dalla baia di Abukir, quella in cui Napoleone fu sconfitto da Nelson. Un gruppo di archeologi (IAESM) guidati dal Prof. Frank Goddio, che sta preparando un documentario, hanno riportato alla luce, dopo 13 anni di lavoro: 64 relitti di antiche navi, monete d’oro, stele con iscrizioni in egizio ed in greco, una stele con una dichiarazione del faraone Nectanebo, manufatti religiosi, una scultura di ben 16 piedi che ornava la piazza principale della città, 700 ancoraggi ed una statua di Hapy, il dio egizio che personificava le inondazioni del Nilo.
Ci sono molti segreti da svelare e decifrare. Una grande sfida attenderà i futuri studiosi. L’antico Egitto ha sempre sollecitato la fantasia e la curiosità di grandi masse sia per il significato attribuito alle sue credenze religiose, sia per la potenza delle sue creazioni architettoniche ed artistiche. Anche la filologia classica sarà chiamata in causa partendo dalla verifica dell’attendibilità delle fonti erodoteee. La sfida è aperta soprattutto per l’accostamento delle due grandi civiltà greca ed egiziana che hanno avuto comuni origini.
La città di Canopo è più antica, risalente al VI sec. Ed è più legata al mondo greco. Veniva chiamata dagli Egizi “Pegwti” ed era nella periferia della città moderna di Alessandria. Addirittura i miti greci attribuivano la sua fondazione a Menelao che le aveva dato il nome di Canopo in memoria d’un suo nocchiero ucciso dal morso d’un serpente. La città si sviluppò dopo intorno a questo monumento.
Tolomeo III eresse poi un tempio ad Osiride, ma Erodoto parla pure d’un altro tempio dedicato ad Ercole, assimilato all’egizio Amon. Osiride era rappresentato pure in un vaso con la testa umana. Da qui il nome canopo si estese a questo contenitore che veniva usato per conservare le viscere del defunto nel processo d’imbalsamazione.
Il luogo si riteneva pure rifugio degli schiavi fuggiaschi.
Il Decreto di Canopo, noto fin dal 1866, consiste in due copie scritte, in egizio ed in greco, con il quale il re tentò, senza riuscirci, di cambiare il calendario per renderlo più attuale, aggiungendo un giorno ogni quattro anni. Anche il mondo latino ricorda la città di Canopo per la sua dissolutezza con la VI satira di Giovenale.
La mostra si svolgerà da maggio a novembre del prossimo anno e saranno esposti circa 300 esemplari estratti dalle rovine semisommerse. Sarà come dar vita ad un nuovo secolo di grandi scoperte, se ci sarà la possibilità di dimenticare le guerre e assimilare i grandi eventi dell’antico.
Gaetanina Sicari Ruffo
Foto: Christoph Gerigk/Franck Goddio/Hilti Foundation