Turchia nell’UE: L’ultimo colpo di grazia all’Europa

Le recenti scelte politiche e il contesto di guerra in cui ci troviamo, impongono di riflettere e di abbandonare l’idea di una Turchia dentro l’Unione Europea. La politica di Erdogan si segnala per troppe ambiguità e per il suo carattere illiberale. Prendendo spunto dalla recente pubblicazione della conversazione tra Guarino e il politologo Diodato, un’ulteriore lettura dei fatti di queste settimane.

La recente conversazione che ha intrattenuto Nicola Guarino con Emilio Diodato, docente di politica internazionale presso l’Università di Perugia, sul tema “L’Islam e la sua trentennale guerra interna che ci coinvolge” (Altritaliani, 26 novembre 2015), ci offre un quadro puntuale dell’attuale condizione della politica internazionale che, partendo dai recenti avvenimenti parigini, naviga tra la paura che serpeggia nei paesi occidentali, con una guerra alle porte e le innumerevoli contraddizioni dell’Europa, degli Stati Uniti e dello stesso mondo musulmano.

Dall’intervista estrapolo un passaggio di Nicola Guarino, che offre lo spunto per un’ulteriore riflessione che è alla base del dibattito che in questi giorni ha riempito, spesso in modo insensato e da cortile, intere pagine di quotidiani e tabloid.
A proposito di un certo pacifismo di “sinistra”, Guarino commenta: “si sente dire da taluni: « Ma contro chi combattiamo? Dove sono? » Perché tanta esitazione contro l’IS?”

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Credo che l’ennesima verità storica, come in passato, venga ancora una volta ignorata artatamente dai governi occidentali sia sulle cause pregresse del fenomeno, sia sui rimedi ai quali porre mano nel presente. Sulle prime due domande, le risposte sono scontate, non scontata la risposta sulla terza. L’esitazione di dare risposte ferme e decise da parte dei governi occidentali deriva dall’incapacità d’azione di fronte alla causa vera del fenomeno che vede il mondo musulmano mediorientale nel ridisegnare il nuovo assetto territoriale di quei territori.

La Siria del dopo Assad è territorio troppo ambito da parte di nuovi sultanati e califfati, da generare guerre e terrore al proprio interno (Libano, Siria, Egitto) e verso chi, al di fuori di tale mondo, si oppone a tale progetto (Francia e Russia ultimamente).

In questo scacchiere mediorientale variegato, a far riflettere, è la condotta verso i Daesh, a dir poco equivoca, di uno dei maggiori interessati al dopo Assad in Siria e cioè la Turchia. A innestare dubbi, il perpetrare dell’incessante intervento armato contro i Curdi, piuttosto che verso l’esercito del nascente Califfato, e poi l’abbattimento del bombardiere sovietico dopo quello dell’aereo civile nel Sinai giustificato da Erdogan con arroganza e protervia dialettica. Infine l’assassinio di Tahir Elci, prestigioso avvocato curdo.

Il tutto con il benestare di Obama che di fronte all’abbattimento del bombardiere russo ha dichiarato che la Turchia ha il diritto di difendere la propria integrità territoriale. Da questa copertura deriva forse l’arroganza e la protervia turca? Se così fosse ci sarebbe da stare preoccupati. La preoccupazione dovrebbe investire soprattutto l’Europa, la quale commetterebbe l’ultimo errore della sua folle politica degli ultimi decenni, portando all’interno dell’Unione un paese ed il suo capo che hanno privato il popolo sostanzialmente della libertà e dei più elementari valori di democrazia, ambo le cose sono alla base stessa del Vecchio Continente e della costituita Unione europea.

In tempi meno recenti cortei oceanici di contestazione contro il tiranno avrebbero inondato le vie del mondo, mentre oggi le coscienze tacciono, lasciando passare senza colpo ferire un regime sanguinario ammantato da una democrazia di facciata.

La Turchia è un paese oggi al bivio, tra oriente ed occidente, e quindi ambiguo, non va dimenticato che all’indomani della strage di Parigi, mentre ovunque nel mondo s’intonava la “Marsigliese”, durante una partita di calcio, gran parte del pubblico turco non esitava a fischiare l’esecuzione dell’inno francese.

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E’ questa la Turchia che l’Europa intende portare nel suo ambito? Sarebbe la fine, la resa definitiva al progetto, mai credibile, di dare vita ad una Comunità europea i cui interessi sono di ben altra natura, legati unicamente agli scopi del “colono americano” che per la gestione di quel territorio ha un piano ben specifico che prima o poi dovrà pur emergere.

Tra le dichiarazioni di queste ultime ore, due devono focalizzare la nostra attenzione, la prima di Matteo Renzi, la seconda di Jorge Bergoglio. Il primo ministro italiano invoca una reazione appellandosi alla pratica di una maggiore cultura, una strategia vaga quando l’enuncia, legando tale progetto alla nascita di maggiori teatri e strutture in grado di produrre cultura. Ma non credo sia la maggiore cultura che possa debellare il terrorismo islamico, ma quella guerra culturale, come riferisce Paolo Mieli nell’editoriale del Corriere della Sera (La guerra culturale al terrore, CdS, 29 novembre 2015), che richiede impegno contro gli jihadisti per aiutare coloro che, nel mondo islamico, sono impegnati a costruire un campo aperto all’interlocuzione con chi non segue la legge del Corano.

L’altra riflessione è di Papa Bergoglio il quale puntualizza che la preghiera è l’arma più forte. La preghiera come momento di alta spiritualità? La preghiera come illuminismo dell’anima, portatore e conservatore di valori laici inalienabili di civiltà? Se questa è la strada, ben venga, per mettere in condizione il Vecchio Continente di rimpossessarsi di un mondo perduto causa la sua miopia politica e sdoganare la sua gente dalla servile libertà in cui si è cacciata.

Raffaele Bussi

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Raffaele Bussi
Raffaele Bussi è nato a Castellammare di Stabia. Giornalista, scrittore e saggista, collabora con importanti quotidiani e periodici nazionali. Ha collaborato a "Nord e Sud", "Ragionamenti", e successivamente a "Meridione. Sud e Nord del Mondo", rivista fondata e diretta da Guido D'Agostino. E' stato direttore editoriale della rivista "Artepresente". Collabora al portale parigino "Altritaliani" e alla rivista "La Civiltà Cattolica". Ha pubblicato "L'Utopia possibile", Vite di Striscio", "Il fotografo e la Città", "Il Signore in bianco", "Santuari", "Le lune del Tirreno", "I picari di Maffeo" (Premio Capri 2013 per la critica letteraria), "All'ombra dell'isola azzurra", romanzo tradotto in lingua russa per i tipi dell'editore Aleteya, "Ulisse e il cappellaio cieco" (2019). Per Marcianum Press ha pubblicato: "Michele T. (2020, Premio Sele d'Oro Mezzoggiorno), "Chaos" (2021), "L'estasi di Chiara" (2022), "Servi e Satrapi" (2023).

2 Commentaires

  1. Turchia nell’UE: L’ultimo colpo di grazia all’Europa – Nessun dubbio!
    Ancora una volta punto assegnato! Ma gli ultimi due paragrafi nascondono il dilemma della laicità dello Stato Italiano in contraddizione con i concordati con la Chiesa Cattolica. Perché non se ne parla? Certo è che, a mio modesto modo di vedere e capire, una eventuale ammissione della Turchia alla UE metterebbe in dubbio anche la laicità di tutta l’Unione Europea.
    “Se mi sbaglio mi corriggerete”.
    Daniele Bertozzi

  2. Turchia nell’UE: L’ultimo colpo di grazia all’Europa
    Se tutto fosse bianco e nero, perderemmo il gusto delle sfumature. Ammiro coloro che hanno posizioni sicure sull’entrata o meno della Turchia nell’Unione Europea.
    Io ancora non riesco ad averle. Esito, non di fronte a problemi di natura culturale, ma soprattutto di natura politica, con la P maiuscola. O forse di fronte a problemi di natura ancor più profonda. Esito. Chi mi sembra esitare di più (cosa ben più grave!) è l’Unione Europea, indecisa tra accettarne l’entrata perché converrebbe (strategicamente, politicamente, economicamente) o non accettarla, perché le sue pratiche non vanno d’accordo con il minimo comun denominatore dei nostri valori. Tra il 1990 e i primi anno del 2000 abbiamo accettato molti compromessi per ragioni « strategiche ». La cosa peggiore è non decidere nulla. Il che lascia aperte tutte le porte al ricatto e ai peggiori compromessi.

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