Pasolini quarant’anni dopo: discesa all’Inferno senza più ritorno.

Proprio oggi, il 2 novembre, ricorre l’anniversario di morte di Pasolini, una vita stroncata al culmine d’una strenua lotta, di cui ancora restano misteriosi sviluppi drammatici irrisolti. In questi giorni autunnali del 2015 il rimpianto per la morte dello scrittore di Sarzana si fa acuto e tutto è avvolto nel mistero com’era all’epoca del grande schianto.

Il suo sguardo indagatore, dalle pagine dei giornali che l’hanno commemorato, ha il potere ancora di strapparmi pensieri e considerazioni che a suo tempo non avrei espresso. Solo ora, dopo un percorso tortuoso di tanti anni di discussioni, ho compreso appieno il suo messaggio di contestazione e il suo grido di allarme.

Un omaggio del pittore francese Ernest Pignon-Ernest a Pasolini

Lo scrittore allora temeva per il futuro, bene a ragione. Era convinto e cercava di comunicarlo anche agli altri che era finito il tempo della ricostruzione e che cominciava un altro dello straniamento e della rovina. Avevano avuto ragione dell’uomo e lo avevano insidiato e corrotto la pazza industrializzazione e l’alienazione massificante che avevano bruciato tutte le sue risorse primigenie. Ridotto ad oggetto di consumo, l’uomo era destinato a non essere più uomo. La cultura anziché ricrearlo, lo distruggeva, lo annientava. Lo stavano stritolando tutti gli strumenti di cui si circondava e che divenivano altrettanti totem a cui era asservito.

A pensarci bene la società, di cui ora la nostra è il proseguimento, non poteva lasciarlo passare indenne. Infatti lo ha ucciso. Ha ucciso il nuovo profeta che aveva visto più lontano degli altri.

All’amico Moravia che gli chiedeva che cosa cercasse, egli rispondeva che voleva scendere all’inferno solo perché voleva sapere più cose degli altri, ma che non era sicuro di poter tornare. E le ha indubbiamente viste le cose che minacciavano lui e tutta la comunità, ma non ha saputo più trovare la via del ritorno.

Nell’idroscalo di Ostia dove fu ucciso, sembra da un gruppo di persone che gli si dichiaravano amici, mai del tutto identificati, non s’aspettava forse che avrebbe perso la vita. La sua verità non era quella comune e poteva apparire un visionario che aveva troppo azzardato nel cercare nuove forme di linguaggio e di comunicazione non per il gusto di piacere, ma con l’intento di denunziare i condizionamenti dell’essere, la sua grande voglia di libertà e le deformazioni della politica sotto le sabbie mobili del conformismo e della omologazione.

Ora ai suoi compagni di strada, che hanno fatto un pezzo di strada in più, si sono aperti gli occhi ed hanno capito a che cosa lui alludesse quando, disperato, cercava una innocenza ormai indefinibilmente perduta, il riscatto dalla miseria, il coraggio di resistere per testimoniare che la vita era altrove, la lotta ai gioghi della schiavitù e dell’asservimento.

Ha capito meglio di tanti altri e, non solo formalmente, il discorso delle beatitudini di Cristo e l’intensa sacralità del suo sacrificio.
Si è servito della poesia e della cinematografia in modo consustanziale al suo essere libero, come di strumenti nuovi attraverso i quali far pervenire il suo credo. Ma è stato tradito ed incompreso e per di più vilipeso.

Il suo calvario d’uomo inquieto e perspicace ha finito per essere una condanna piuttosto che una conquista di libertà.

Ora che quell’epoca drammaticamente continua a starci come un peso sulla coscienza, scopriamo le nostre debolezze, ma non abbiamo più gli strumenti per poterla modificare.

Gae Sicari Ruffo

Di Reggio Calabria

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Nota della redazione:

Vi proponiamo di visionare questo bel documentario di video.repubblica.it del 2 novembre 2015: PASOLINO MAESTRO CORSARO

http://video.repubblica.it/spettacoli-e-cultura/pasolini-maestro-corsaro/216709/215893

Pier Paolo Pasolini quarant’anni dopo. Cosa resta del suo sguardo sull’Italia e sul mondo. Il cinema, i libri, la passione per il calcio. Fu ucciso sul litorale di Ostia il 2 novembre 1975. Il suo cadavere continua a tormentare chi non crede alla realtà ufficiale. Ma cosa è cambiato nei luoghi che frequentava? E quante delle sue profezie si sono avverate? 60 minuti di testimonianze: dagli amici come Maraini, Davoli, Galeone, Poli, Ferretti, Naldini, Asti a chi ancora oggi riscopre forza e originalità nella sua opera. Fino all’ultimo mistero delle foto.

Documentario di Emanuela Audisio, con 3D produzioni

Letture di Fabrizio Gifuni. Musica di Remo Anzovino

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Gaetanina Sicari Ruffo
Gae(tanina) Sicari Ruffo è purtroppo venuta a mancare nel 2021. Viveva a Reggio Calabria. Già docente di Italiano, Latino e Storia, svolgeva attività giornalistica, collaborando con diverse riviste, tra cui Altritaliani di Parigi, Calabria sconosciuta e l’associazione Nuovo Umanesimo, movimento culturale calabrese. Si occupava di critica letteraria, storica e d’arte. Ha pubblicato i saggi Attualità della Filosofia di D.A. Cardone, in Utopia e Rivoluzione in Calabria (Pellegrini, 1992); La morte di Dio nella cultura del Novecento, in Il Santo e la Santità (Gangemi, 1993); La Congiura di Tommaso Campanella, in Quaderni di Nuovo Umanesimo (1995); Il Novecento nel segno della crisi, in Silarus (1996); Le donne e la memoria (Città del Sole Edizioni, 2006, Premio Omaggio alla Cultura di Villa San Giovanni); Il voto alle donne (Mond&Editori, 2009, Premio Internazionale Selezione Anguillara Sabazia). Suoi anche i testi narrativi Là dove l’ombra muore (racconti Premio Internazionale Nuove Lettere, 2010); Sotto le stelle (lulu.com, 2011); La fabbrica dei sogni (Biroccio, 2013); la raccolta di poesia Ascoltando il mare (Pungitopo, 2015).

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