Un vuoto di democrazia

Bocciato il lodo Alfano, la politica alza i toni, accuse e delegittimazioni contro le istituzioni della Repubblica. Una politica sempre meno responsabile, priva di una etica e di senso dello Stato, decide sui nostri destini. La lotta per l’informazione strumentalizzata da partiti sempre meno rappresentativi e sempre più invadenti, alla conquista di quello che fu l’opinione pubblica. Una riflessione sul vuoto di democrazia in Italia.

La bocciatura del “Lodo Alfano”, che prevedeva l’immunità per quattro cariche dello Stato, tra cui quella del Presidente del Consiglio, determinerà la ripresa dei processi penali che vedono coinvolto l’attuale premier.

A mio avviso, è stato così salvaguardato uno dei principi cardini della nostra Costituzione, quello per cui: « Tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge », art. 3 della Costituzione.
Un atto importante, che pone un argine ad una politica che non riesce più a contenersi nei suoi limiti, che ha perso contatto con la realtà effettiva del Paese, e che è in grave crisi d’identità, d’ideali e di rappresentanza.
In questo senso involontariamente, l’organo di garanzia, ha compiuto un atto politico, ristabilendo un minimo di credibilità, anche internazionale, per la nostra società.

La reazione di Berlusconi e dei suoi fan, all’annuncio della decisone della berlusconi.jpg Corte Costituzionale, si è manifestata con imbarazzanti affermazioni nei confronti, non solo della alta magistratura della Consulta, accusata di essere schierata a sinistra, e di non essere così un organo di garanzia, ma finanche nei confronti del presidente della repubblica Giorgio Napolitano, accusato di non aver tenuto a freno (come avrebbe potuto? N.d.r.) la Corte, e di essersi, perché comunista, schierato contro il capo del governo. Berlusconi sostiene la sua legittimità ribadendo un dato inconfutabile che la gran parte degli italiani continua ad avere fiducia in lui.

Questo episodio, come quello relativo alle recenti vicende sulla libertà d’informazione, impongono una breve riflessione sull’attuale malessere della politica italiana.

Sempre più i cittadini sono esclusi dalla politica, non esiste più un controllo democratico sull’attività dei partiti, non sono attivamente partecipi al futuro italiano, bensì ridotti a comparse se non a semplice pubblico « pagante » di uno spettacolo che ha sempre meno e sempre più “interessati” protagonisti.
Lo stesso linguaggio politico è del tutto lontano dai cittadini (si faccia eccezione per Berlusconi che piaccia o no, indubbiamente n’è stato un innovatore).

Credo si possa dire che la partecipazione alla politica è sempre più scarsa come la stessa domanda d’informazione.
Va detto che sempre meno i partiti si occupano di mettere radici nella società. La stessa legge elettorale attuale, che impedisce alla gente di scegliersi il candidato è emblema di quanto detto. Oggi non vi sono parlamentari che debbono dare conto ai propri elettori, ma solo parlamentari che debbono dare conto alle segreterie dei partiti che li hanno nominati. Pertanto, senza esagerare possiamo dire che gli eletti non hanno neanche interesse a conoscere i loro elettori.

E’ paradossale, ma nel pieno di una crisi d’ideale dei partiti, nel mezzo di una crisi grave della rappresentatività dei partiti, si assiste ad un’autentica egemonia dei partiti stessi. L’altra anomalia è interna alla democrazia di questi partiti. A destra si assiste ad una sorta di partito azienda, dove di fatto il leader Berlusconi, decide tutto, tanto che gli organismi politici del PdL, come denunciato da Gianfranco Fini, dal congresso ad oggi non si sono mai riuniti. Né appare diversa la situazione nel PD, dove il prossimo congresso e le primarie del 25 Ottobre, che sceglierà il nuovo segretario, sono caratterizzate da una difficile comprensione delle distinzioni politiche tra i candidati, dove la società e lo stesso popolo dell’opposizione non è stato se non sporadicamente coinvolto nell’essenziale dibattito sul futuro di questo partito.
Si assiste ad un paese che ormai da qualche lustro è spaccato in due.
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Certamente, “l’anomalia Berlusconi” ha contribuito a questa netta divisione tra gli italiani, ma va aggiunto che gli attuali partiti (non escludo responsabilità dovute anche all’attuale sistema bipolare o bipartitico n.d.r.) non riescono ad essere interpreti della volontà popolare o, se non in occasioni eccezionali, a coinvolgere i cittadini nell’attivo impegno politico. I cittadini, non coinvolti, sono sempre più utilizzati come massa di manovra, in uno scontro politico che sembra sempre più uno scontro meramente di potere.

Nelle recenti polemiche sull’informazione è stato fatto notare che in realtà la stampa e la televisione, pur sotto pressione, hanno una certa libertà d’informare (malgrado le note anomalie, dovute alle vicende imprenditoriali del premier), e tuttavia, la sensazione che si è ricavato e che in qualche modo, l’importante tema della libertà d’informazione sia
servita non a liberare il mondo della comunicazione dall’ingerenza sempre più forte di partiti, come detto sempre meno rappresentativi, ma ad utilizzare questo tema, ancora una volta per lo scontro tra Berlusconi e il suo sistema di potere e l’opposizione. Il tutto senza nulla considerare sulla necessità di lasciare liberi i giornalisti di poter informare dando conto solo ai propri editori e soprattutto alla loro professionalità ed onestà intellettuale.

L’opposizione denuncia come il governo, o meglio Berlusconi, voglia prendere tutta l’informazione senza garantire spazio all’opposizione, ma non si coglie il punto che occorre un’informazione che abbia le mani libere sia dal governo che dall’opposizione, potendo così svolgere serenamente ed obbiettivamente una informazione che sia rivolta non ai giochi dei partiti, ma al pubblico.

Egualmente con la magistratura, questo continuo gioco a definire i magistrati di sinistra o di destra, toghe rosse, Consulta retta da comunisti, ecc., come fare il tifo per avere sentenze che mettano in difficoltà politica Berlusconi, dimostra l’immaturità politica degli attuali partiti. Si fa fatica a sopportare partiti con così scarso senso dello Stato, che minacciano guerre, perche la sentenza non compiace Berlusconi (è il caso della Lega Nord n.d.r.), che invocano le dimissioni del
capo del governo solo perché ora riprenderanno le sue vicende private giudiziarie (è il caso dell’Idv di Di Pietro, ma non le ha date prima perché dovrebbe ora? N.d.r.), oppure dulcis in fundo, il ministro della cultura Bondi che accusa un giudice civile di fare sentenze politiche e di essere di sinistra, solo perché ha osato condannare Mediaset (si badi bene non Berlusconi, ma un’azienda privata) ad una super multa in favore di De Benedetti per i danni subiti a seguito delle vicende legate al “Lodo Mondadori”.

Quello che preoccupa è un paese dove accanto ad un massiccio
disimpegno dei cittadini, vi è un uso spregiudicato e strumentale delle istituzioni ed in particolare delle istituzioni di garanzia (Presidenza della Repubblica, Corte Costituzionale), uno svuotamento di ogni valore etico reggitore della repubblica ( si pensi, ma gli esempi sarebbero infiniti, al premio dato agli evasori fiscali con lo “scudo fiscale”), uno svuotamento di quegli strumenti del controllo sociale (l’informazione). Il tutto asservito ad un sistema politico e partitico, chiuso e ottuso in una sua lotta interna tra bande e incapace d’interloquire con la società.

Credo che mai la politica sia stata così lontana dalla realtà del Paese e dai suoi cittadini.

Nicola Guarino

(nelle foto: Silvio Berlusconi e Giorgio Napolitano)

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Nicola Guarino
Nicola Guarino, nato ad Avellino nel 1958, ma sin dall’infanzia ha vissuto a Napoli. Giornalista, già collaboratore de L'Unità e della rivista Nord/Sud, avvocato, direttore di festival cinematografici ed esperto di linguaggio cinematografico. Oggi insegna alla Sorbona presso la facoltà di lingua e letteratura, fa parte del dipartimento di filologia romanza presso l'Università di Parigi 12 a Créteil. Attualmente vive a Parigi. E’ socio fondatore di Altritaliani.