Venezia 72. Bilancio e premi. Il verdetto spiazzante della Giuria.

E’ stato un verdetto letteralmente spiazzante quello della Giuria della 72ma Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, presieduta dal regista messicano Alfonso Cuarón. E’ noto, i giudizi di pubblico e di critica coincidono raramente con quelli degli autorevoli membri chiamati a giudicare i film in concorso. Si mette sempre in primo piano la loro competenza e il loro metro di misura professionale per valutare le opere cinematografiche in gara. Eppure sempre qualcosa ci sfugge.

I critici cinematografici delle più importanti testate giornalistiche nazionali ed estere, nell’indicare in un giochino proposto da una rivista di cinema quali fossero i film a loro giudizio degni di meritare un premio, avevano valutato il documentario “Beixi Moshuo (Behemoth)” di Liang Zaho, sulle miniere carbonifere e sugli altiforni cinesi come un’opera di alta rappresentatività. Realizzato con una meravigliosa fotografia, l’opera era degna del Leone d’Oro come già era accaduto con il documentario “Sacro Grà” di Gianfranco Rosi vincitore alla Mostra del Cinema di due anni fa.

Lorenzo Vigas, vince il Leone d'Oro Desde Allá (From Afar)

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Invece a vincere quest’anno il Leone alato a diciotto carati è stato un film venezuelano “Desde Allá (From Afar)” di Lorenzo Vigas (Venezuela, Messico). La storia di un benestante che adesca giovani con il denaro per vederli spogliati e la sua particolare relazione con un giovane violento deve aver impressionato molto la Giuria, cosa che invece non ha fatto del tutto con i critici. Nemmeno l’interpretazione poco espressiva dell’attore Alfredo Castro, già utilizzato in vari film del regista cileno Pablo Larraín e la fotografia, seppur interessante, ha giustificato un premio così importante.

Altra pellicola sudamericana, premiata con il Leone d’Argento, è stata quella del regista Pablo Trapero, che ha firmato “El Clan” (Argentina, Spagna). La storia ambientata in Argentina agli inizi degli anni Ottanta, con gli ultimi scampoli del precedente regime dittatoriale, che vede l’insospettabile famiglia Puccio, con il capo famiglia Archimedes (il bravo attore Guillermo Francella) al centro di una serie di rapimenti a scopo di estorsione e del successivo omicidio dei sequestrati, si era fatta notare sia per la drammaticità della sua trama, sia per il modo in cui il regista aveva reso lo straniante contrasto tra la famiglia che viveva la sua normale quotidianità e la “banalità del male” nella quale era immersa.

Pablo Trapero, Leone d'argento per El Clan

I due premi più importanti sono andati quindi al Sudamerica. Altri due riconoscimenti sono finiti invece in Europa, in Francia per un’unica pellicola.

Infatti il premio per la migliore sceneggiatura e la coppa Volpi come migliore interpretazione maschile sono andati alla pellicola “L’Hermine” di Christian Vincent, una commedia interpretata dal bravo Fabrice Luchini. Non ci sono stati dubbi nel vedere sullo schermo quel mostro della recitazione che è Luchini nella parte di un temuto e inflessibile presidente di corte d’assise Xavier Racine (porta il cognome di un importante drammaturgo, sembra dimostrare come un aula di tribunale possa essere il palcoscenico della vita) alle prese con processi, avvocati e persone da giudicare, con i loro drammi personali. La pellicola, che descrive alcune giornate di dibattimenti e le discussioni dei giudici popolari, ricorda un po’ “La parola ai giurati” di Lumet, ma poi vira nella commedia sentimentale quando il presidente s’imbatterà, tra i giudici del popolo sorteggiati, in una sua vecchia fiamma (l’attrice Sidse Babette Knudsen). Luchini lo ribadiamo, è un animale da palcoscenico, recita con una leggerezza e professionalità anche le parti più impegnative.

Per questo motivo i critici presenti alla Mostra, pur riconoscendo la sua grandezza, ritenevano superfluo che venisse premiato, per privilegiare invece altri attori, come ad esempio il giovane inglese Eddie Redmyne, interprete del coraggioso film “The Danish Girl” di Tom Hooper. Redmyne, che ha vinto recentemente l’Oscar per la sua efficace immedesimazione/interpretazione dell’astrofisico Stephen Hawking, nel film di Hooper veste letteralmente i panni, con eleganza e misura, di un pittore danese degli Anni Venti, Einar Wegener, veramente esistito. Questi, sposato con una pittrice di fama, dopo un lungo esame di coscienza sulla propria sessualità, aveva deciso di operarsi per cambiare sesso. Un film a tratti commovente, forse troppo convenzionale, ma con una recitazione impeccabile.

Il regista Christian Vincent, Premio per la Migliore Sceneggiatura, con Fabrice Luchini, coppa Volpi come migliore interpretazione maschile

La coppa Volpi per la miglior interpretazione femminile per fortuna è andata alla nostra attrice Valeria Golino, protagonista principale di “Per amor vostro” del regista Giuseppe Gaudino. La sua efficace interpretazione di Anna, una donna debole e remissiva che vive a Napoli, sposata con un malavitoso che si occupa del recupero crediti per conto di un clan camorrista, ha colpito un po’ tutti quando la Mostra di Venezia stava per concludersi con quest’ultima pellicola in concorso. Prima di lei i pronostici davano favorita l’attrice Catherine Frot (“Lezioni di felicità”, “La cuoca del presidente”) simpatica e brava interprete della commedia “Marguerite” di Xavier Giannoli, dove è una facoltosa nobildonna che aveva la passione del bel canto. La Golino invece ha dato prova di una forte drammaticità, ma anche di una più misurata recitazione nella quale ha potuto esprimere sogni e disillusioni di una donna che un giorno decide di guardare finalmente in faccia la realtà e di ribellarsi.

A Valerio Golino, la coppa Volpi per la miglior interpretazione femminile

Abbastanza scontato invece è stato il premio Marcello Mastroianni ad un giovane attore emergente, andato al ragazzino Abraham Attah, interprete del duro film “Beasts of no Nation” di Cary Joji Fukunaga (Usa). La storia, tratta dal romanzo dell’autore nigeriano Uzodinma Ivveala, raccontava la storia di Agu, un bambino soldato strappato alla sua famiglia per combattere nella guerra civile di un paese africano. Sebbene la pellicola non avesse destato troppo interesse dagli addetti ai lavori, per la sua confezione da film per la televisione e per alcuni scene dense di retorica, era quasi sicuro che il ragazzino Attah potesse essere menzionato per la sua bella interpretazione. Inoltre era tra i pochi giovani attori emergenti che si erano distinti per conseguire il premio Mastroianni.

Abraham Attah, Premio Marcello Mastroianni a un giovane attore emergente

Passiamo ai premi considerati un po’ più originali nelle scelte della Giuria.

Primo fra tutti c’è il film d’animazione “Anomalisa” dei registi Charlie Kaufman (“Essere John Malkovich”) e Duke Johnson, che ha ottenuto il Gran Premio della Giuria (altro riconoscimento quindi andato agli Stati Uniti) girato interamente con pupazzetti a “passo uno” e l’aiuto della “computer graphic”. Una storia, quella del protagonista Michael Stone, autore di libri di successo sui “customer services” che durante una notte in un albergo, dove dovrà tenere una conferenza, in cerca di compagnia, dapprima contatterà una sua ex e poi farà amicizia con Lisa, una ragazza non troppo bella, vicina di stanza, con una voce melodiosa (la voce in originale è di Jennifer Jason Leigh) con la quale trascorrerà una notte di sesso. L’originalità è proprio nella scelta di raccontare una vicenda di persone adulte con l’uso dei pupazzetti. Efficaci sono le scene, abbastanza realistiche e plausibili, a volte anche tenere, che mostrano la solitudine di alcune persone dalla vita comune. E’ forse la prima volta che una scena di sesso, in questo caso orale, viene mostrata esplicitamente in un’animazione senza però troppo voyerismo. Una scena di sesso tipica in altre pellicole, ma in questo caso davvero originale in un film di genere.

Il premio Speciale della Giuria invece è andato al film turco “Abluka” (Follia) di Emin Alper (Turchia, Francia, Qatar). In questo caso non ci chiediamo nemmeno le motivazioni del premio perché non sono troppo comprensibili. Forse ha colpito la storia molto originale e inquietante di un uomo che in una Istambul in preda ad attentati terroristici, una volta uscito di prigione, un losco individuo dei servizi segreti lo fa assumere dalla nettezza urbana per scovare tra i rifiuti di un quartiere le possibili prove di una cellula terroristica, ed anche di spiare i suoi vicini di casa. Il mistero si infittisce ancora di più quando l’uomo spia suo fratello, che abita nella zona, e poi va alla ricerca di un altro suo fratello, scomparso misteriosamente anni addietro. C’è aria di regime di polizia, c’è l’inquietudine di un paese che vive anni difficili, c’è un quartiere povero, con i cani randagi da sopprimere. Squallore e miseria nella vita di un uomo che finirà per essere vittima della sua paranoia.

Lo sconcerto è stato quello che la Giuria non ha nemmeno preso in considerazione due film di alto valore culturale e storico.

Il primo è “Francofonia” di Aleksander Sokurov (Francia, Germania, Paesi Bassi) un grido in difesa dell’Arte, patrimonio culturale da difendere, prendendo spunto dalle vicende storiche del Louvre di Parigi, che ha affrontato vari momenti difficili, ma ha sempre protetto nel tempo le sue opere racchiuse come in un prezioso scrigno. La seconda pellicola era “Rabin, the last day” di Amos Gitai (Israele, Francia). Nel ventennale della scomparsa dello statista israeliano Ytzhak Rabin, fautore degli accordi di pace tra Israele e la Palestina, premio Nobel per la Pace nel 1994, ucciso per mano di un colono ebreo estremista il 4 novembre 1995. Un film importante, dall’accurata ricostruzione storica dei fatti, svelati attraverso una commissione parlamentare d’inchiesta incaricata di accertare cos’era accaduto la sera del suo omicidio. In esso vi sono molte immagini di repertorio che raccontano il clima di ostilità interno che si era raccolto nel paese attorno al premier, anche tra le file del suo partito laburista. Questo perché egli desiderava impedire un’ulteriore occupazione di territori da parte dei coloni ebrei. Per questo lavoro coraggioso di Gitai non c’è stato nessun premio.

La stessa cosa anche per “11 Minut”, pellicola del polacco Jerzy Skolimowski, una storia drammatica scandita dal tempo, quegli undici fatidici minuti nei quali la vita di diverse persone viene stravolta, si consuma, finisce. Un film ad incastro, con un’eccellente fotografia, dove il destino gioca un ruolo importante. E ancora “Remember” di Atom Egoyan, con un efficace interprete, Christopher Plummer, pellicola basata sulla memoria e l’oblio dell’Olocausto e sulla caccia aperta ancora a quegli uomini che in divisa hanno fatto del male ad altri esseri umani, senza pietà.

I quattro italiani in concorso: Bellocchio, Guadagnino, Gaudino e Messina

Per ultimo vogliamo parlare dei film italiani in concorso.

A parte quello di Gaudino “Per amor vostro”, “L’attesa” di Piero Messina, “Sangue del mio sangue” di Bellocchio e “A Bigger splash” di Luca Guadagnino hanno sofferto di un po’ troppa presunzione. Il film di Messina, è tutto incentrato sulla sofferenza della Binoche, sempre in primo piano, in una storia apparentemente misteriosa di elaborazione del lutto. Quello di Bellocchio invece è disconnesso tra la prima e la seconda parte; quest’ultima più debole e assurda (con il conte Herlitzka, sua moglie Patrizia Bettini e il ruolo del pazzo di Filippo Timi) ambivano a colpire lo spettatore sia per la ricerca delle immagini che per alcune elucubrazioni che però fanno fatica ad essere comprese. Inoltre Bellocchio esplica ancora una volta la sua anti-religiosità e i concistori segreti laici di potere, argomenti già usati in passato in altri suoi lavori. Per Guadagnino invece è proprio la storia che disincanta per le sue incongruenze, nonostante avesse a disposizione un solido film di base (“La piscina” di Jacques Deray) e un cast di attori non indifferente (Dakota Johnson, Matthias Schoenaerts, Ralph Fiennes, Tilda Swinton) ma è il risvolto in noir, alcuni dialoghi e qualche parte fuori ruolo che riducono la pellicola a un’imbarazzante ridicolaggine.

Come aveva preannunciato il direttore della Mostra, Antonio Barbera, la 72.a rassegna di Venezia è stata molto spiazzante nei suoi contenuti. Così lo è stato anche nell’assegnazione dei premi. Ma si sa, il mondo è bello perché e vario. Soprattutto quello del cinema.

Andrea Curcione

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VENEZIA 72: I PREMI DELL’EDIZIONE 2015

La Giuria di Venezia 72, presieduta da Alfonso Cuarón e composta da Elizabeth Banks, Emmanuel Carrère, Nuri Bilge Ceylan, Hou Hsiao-hsien, Diane Kruger, Francesco Munzi, Pawel Pawlikowski e Lynne Ramsey, dopo aver visionato tutti i 21 film in concorso, ha deciso di assegnare i seguenti premi:

Leone d’Oro per il miglior film a:

DESDE ALLÁ (FROM AFAR) di Lorenzo Vigas (Venezuela, Messico)

Leone d’Argento per la migliore regia a:

Pablo Trapero per il film EL CLAN (Argentina, Spagna)

Gran Premio della Giuria a: ANOMALISA di Charlie Kaufman e Duke Johnson (USA)

Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile a:

Valeria Golino nel film PER AMOR VOSTRO di Giuseppe Gaudino (Italia)

Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile a:

Fabrice Luchini nel film L’HERMINE di Christian Vincent (Francia)

Premio Marcello Mastroianni a un giovane attore emergente a:

Abraham Attah nel film BEASTS OF NO NATION di Cary Joji Fukunaga (USA)

Premio per la Migliore Sceneggiatura a:

Christian Vincent per il film L’HERMINE di Christian Vincent (Francia)

Premio Speciale della Giuria a: ABLUKA (Follia) di Emin Alper (Turchia, Francia, Qatar)

LEONE DEL FUTURO – PREMIO VENEZIA OPERA PRIMA “LUIGI DE LAURENTIIS”

La Giuria Leone del Futuro – Premio Venezia Opera Prima “Luigi De Laurentiis” della 72. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, presieduta da Saverio Costanzo e composta da Charles Burnett, Roger Garcia, Natacha Laurent e Daniela Michel, assegna il:

Leone del Futuro – Premio Venezia Opera Prima (Luigi De Laurentiis) a:

THE CHILDHOOD OF A LEADER di Brady Corbet (Regno Unito, Ungheria) (ORIZZONTI)
Nonché un premio di 100.000 USD, messi a disposizione da Filmauro di Aurelio e Luigi De Laurentiis, che saranno suddivisi in parti uguali tra il regista e il produttore.

PREMI ORIZZONTI

La Giuria Orizzonti della 72. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, presieduta da Jonathan Demme e composta da Anita Caprioli, Fruit Chan, Alix Delaporte e Paz Vega dopo aver visionato i 34 film in concorso, assegna:

il Premio Orizzonti per il Miglior Film a:

FREE IN DEED di Jake Mahaffy (USA, Nuova Zelanda)

il Premio Orizzonti per la Migliore Regia a:

Brady Corbet per THE CHILDHOOD OF A LEADER (Regno Unito, Ungheria)

il Premio Speciale della Giuria Orizzonti a:

BOI NEON (NEON BULL) di Gabriel Mascaro (Brasile, Uruguay, Paesi Bassi)

il Premio Orizzonti per la Miglior Interpretazione a:

Dominique Leborne nel film TEMPÊTE di Samuel Collardey

Premio Orizzonti per il Miglior Cortometraggio a:

BELLADONNA di Dubravka Turic (Croazia)

Il Venice Short Film Nomination for the European Film Awards 2015 a:

E.T.E.R.N.I.T. di Giovanni Aloi (Francia)

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Andrea Curcione
Andrea Curcione è nato e risiede a Venezia dal 1964. Laureato in Storia all'Università Ca'Foscari di Venezia, ama i libri, la scrittura, la fotografia e il disegno. Giornalista pubblicista, ha pubblicato alcuni racconti e romanzi noir di ambientazione veneziana. Si occupa soprattutto di critica cinematografica, ma per Altritaliani scrive anche di avvenimenti culturali e mostre di particolare interesse che si inaugurano nella città lagunare.

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