Civiltà rurale e Grande Guerra. Maddalena, due volte: “Sì!”

1914-2014 Echi dalla Grande Guerra. Una microstoria. Un capitolo a se della Prima Guerra mondiale è quello del mondo contadino, che si trovò coinvolto in un “qualcosa” che non capiva e non gli apparteneva. Una tragedia che sconvolse numerose famiglie, che mise in ginocchio l’economia agraria del paese. Questa è l’esemplare storia di Maddalena in un profondo Sud ancora più lontano dall’eco del cannone.

Allora succedeva che una ragazza, appena fosse diventata donna, poteva già darsi per moglie. Succedeva al Sud come in tutti quei luoghi e nei tempi nei quali era il bisogno di sopravvivenza a decidere il destino. Aveva sedici anni o poco più quando Maddalena va in sposa ad un bel giovane, Pasquale, più che ventenne, contadino pure lui, con terreni floridi che coltivava con la famiglia: il soprannome di famiglia era “Sportaro”, ossia realizzatori di sporte e manufatti in vimini. E’ in uso ancora oggi da quelle parti identificare i ceppi familiari più che con i cognomi, con soprannomi di atavica origine.

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Maddalena (“Pacella” era invece il suo soprannome), la primogenita di cinque fratelli: un nucleo di contadini, del ramo più povero di una famiglia benestante, nobiltà agraria per quei tempi di povertà ed emigrazioni, là, alle pendici del Vulture, Lucania.
E quattro figli sono nati da quel matrimonio, purtroppo durato poco.

Il marito, Pasquale, li lascia piccoli per andare al fronte, nella “grande guerra”, quella del “15/18”, che per i tanti contadini del Sud fu solo una grande imboscata: milioni di morti, per lo più giovani strappati agli affetti, alle campagne quale unica forza per lenire miserie come ferite persistenti.

Pasquale in quella maledetta guerra viene ferito gravemente alla testa. Durante il ricovero nell’ospedale militare di Caserta, alla presenza della moglie e del primogenito, decide di controfirmare la sua uscita dall’ospedale, con il terrore che qualora avesse avuto segni di guarigione lo avessero nuovamente rispedito in quell’inferno, in prima linea, o in quelle trincee del Carso, contro le mitragliatrici e i cannoni degli austriaci, sterminatrici impietose come la morte: “Tapun-Tapun” rimbombava sordido nelle orecchie e negli occhi terrorizzati del giovane Pasquale. Ma quella firma fu fatale perché dalla breve invalidità, malgrado fosse a casa, ne uscì solo quando la sua vita si troncò, poco più di vent’otto anni. Meno che trentenne e quattro figli a malapena conosciuti.

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Sua moglie solo ventiquattro, o poco più, e figli da far crescere, accudire e mantenere nella loro dignità. Era maschio il figlio maggiore, e con tutti i piccoli andavano in campagna. Lavori nel proprio e a mezzadria svolgevano, ma la giovane mamma non aveva trascurato di mandarli a scuola. Fino alla quarta classe, e poi nei campi.

I ragazzi crescevano diligenti ed accorti e non erano poche le richieste di matrimonio che alla giovane vedova giungevano per “ambasciata”. Talvolta pure nelle “imboscate” di campagna. Ma la promessa di non prendere mai più marito fu solenne, presa in punto di morte davanti al giovane marito morente: “Ora che rimani sola, chissà in quanti si potranno fare avanti”. Le sussurrava Pasquale in quei lampi di sobria lucidità.

“Ti prometto che non darò mai retta a nessuno …” Questa la risposta della giovane donna: una risposta senza esitazione alcuna.

Solenne e mantenuta fu la promessa d’amore, eterno, verso un marito che una guerra non loro gli aveva strappato in così giovane età. Maddalena ha pronunciato due volte quel fatidico “Sì”: prima davanti all’altare della chiesa al quartiere dei Morti, del Santissimo Sacramento… E l’altro “Sì” ben più temerario, valoroso ed impavido al capezzale, sussurrato come un verso d’amore, che il poeta Mario Luzi avrà dedicato loro, in uno slancio inconsapevole come si fa con gli amanti di ogni tempo.

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Eppure, lavoro e sacrifici attenderanno la giovane donna, sempre legata ai fratelli – lei è la maggiore – uno dei quali, anni dopo, verrà assassinato per ragioni di terreni e di confini. Altri dolori, altre sofferenze si aggiungeranno, nel contesto di una famiglia che si dirama a macchia d’olio. Un altro fratello emigrerà negli anni delle grandi migrazioni a Torino, una sorella a Milano e quella più giovane addirittura in Argentina.

Maddalena continuerà a rappresentare il faro per la famiglia di prima e per quella che segue. La sua casa ha rappresentato, con la sua austera onnipresenza, il riferimento del ceppo precedente e di quello che proseguirà.

I figli si sono sposati, hanno avuto altri figli e nipoti. Il suo nome, Maddalena, ancora procede per generazioni successive, in memoria di una moglie, di una sorella, di una madre, di una nonna che ha incarnato l’essenza stessa della vita, oltre ogni sacrificio, oltre ogni affetto e circostanza. Oltre la Grande Guerra.

Armando Lostaglio

Amanti

Che mi riserva rivederti, amore,

quale viaggio t’hanno dato i venti?

L’oscuro avvolge questi giorni chiari,

circola forse in questa luce densa

qui dove a macchie dondolanti o ferme

filtra oro ed il vino matura.

Spicco dal cielo questo frutto splendido,

chiudo gli occhi su quel che porta seco,

o lo stare sulle spine

o il dirsi addio a cuore gonfio,

questo tempo nel tempo senza fine.

Mario Luzi

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Armando Lostaglio
ARMANDO LOSTAGLIO iscritto all'Ordine dei Giornalisti di Basilicata; fondatore del CineClub Vittorio De Sica - Cinit di Rionero in Vulture nel 1994 con oltre 150 iscritti; promotore di altri cinecircoli Cinit, e di mostre di cinema per scuole, carceri, centri anziani; autore di testi di cinema: Sequenze (La Nuova del Sud, 2006); Schermi Riflessi (EditricErmes, 2011); autore dei docufilm: Albe dentro l'imbrunire (2012); Il genio contro - Guy Debord e il cinema nell'avangardia (2013); La strada meno battura - a cavallo sulla Via Herculia (2014); Il cinema e il Blues (2016); Il cinema e il brigantaggio (2017). Collaboratore di riviste e giornali: La Nuova del Sud, e web Altritaliani (Parigi), Cabiria, Francavillainforma; Tg7 Basilicata.

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