Una razza di razzisti.

Mentre sugli immigrati c’è chi specula e ci mangia, c’è chi fa demagogia e gioca sulla paura e l’ignoranza, suscitando le sempre latenti tentazioni razziste. Chi arriva con il terrore addosso ci racconta una storia di dolore e sofferenze di uno che non ha più nulla ma difende la propria dignità, il proprio essere. E’ una storia coraggiosa da cui si può imparare molto, specie in un mondo globalizzato che dovrebbe domandarsi sul valore dei propri confini.

Per quello che posso, voglio dare un mio contributo ad una storia che in questo momento in Italia fa risuonare campane e trombe in ogni dove. Campane a morto e trombe di guerra.

Sono stanca, lo posso dire? Di ascoltare le perenni considerazioni di chi cerca il marcio, condito con il disonesto, nelle gesta e avvenimenti di uomini alla semplice ricerca di una possibilità.

Possibilità per uomini depredati di tutto di poter finalmente essere. Essere lontani dalla paura, dalla violenza, dalla fame, dall’angoscia, dal terrore di respirare, dall’impossibilità di vivere se va bene, di sopravvivere nella maggior parte dei casi. Le storie ci parlano di morte. Di stupri e violenze.

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Di figli rubati e restituiti in brandelli, di donne oltraggiate, di case e terre saccheggiate. Questo è il motore del rischio, la causa prima di un viaggio in cui la paura e la sofferenza sono un prezzo già messo in conto.

Il pagamento richiesto è la vita. Da cedere o da conquistare per mare.

Tutto questo sono i negri, gli stronzi, gli sporchi, i pericolosi, i ladri, tutto questo sono le donne, i bambini e gli uomini che approdano sulle nostre coste.

E invece di accoglierli come giustizia e bellezza di esseri umani vorrebbe, per risarcirli, in parte, della violenza che sono costretti a subire semplicemente perché nati in una terra che è terra di conquista anche per le nostre facili vite (petrolio, coltan, olio di palma, oro, acqua….), sdegnati si grida all’ignominia, all’inaccettabile, al non “è tollerabile”.

Che cosa non è tollerabile? Che è gente che dimostra dal suo primo respiro che è più forte, più intelligente, più capace di vivere e per vivere intendo resistere alle violenze quotidiane, rabbia e dolori veri, alla povertà più nera e rabbiosa, altro che file alla posta e traffico sulla tangenziale, di noi?

Gente abituata dalla realtà e dalla storia ad una lotta corpo a corpo con la propria sofferenza, occhi e mani che assistono a tragedie continue, per non cedere e ritrovarsi a pezzettini.

E quelli che non si lasciano sconfiggere li ritrovi interi con un cuore grande sui barconi, relitti persi tra un passato in cui, in ogni caso, non ci si può ritornare ed una lieve possibile speranza.

Occhi grandi fissi sul mare e sulla fiducia di potercela fare.

Per quella speranza si imbarcano i figli, i nipoti, i padri, le mogli, i fratelli perché ciò che non è umano non si può accettare. E loro lo sanno e lo insegnano

Io da questi voglio e posso solo imparare e comprendere, sapere del loro coraggio e della loro implacabile voglia di vivere, così grande che riesce ad affrontare e sfidare la morte.

Figurarsi che cosa gli possono fare i commenti dei piccoli uomini e donne che infamano, infangano e sparlano di respingimenti, di ruspe, di malattie, di confini e salvaguarda di, vattelapesca, chissà quali diritti dei cittadini ,povera gente codarda e arrogante, stupidamente inabile per affrontare la sua enorme incompetenza e incapacità umana.

Ma a chi ha attraversato gli orizzonti per giorni in profonda concentrazione e visto morire per mare i propri fratelli, capaci di misurare le proprie resistenti energie, calcolando costantemente il peso della propria esistenza, posso solo restituire un grazie, perché mi confermano che l’essere umano ha insito una capacità di resilienza e resistenza che va oltre il nostro immaginario occidente pesante e viziato.

La nostra storia, evidentemente, non ci ha insegnato niente, quella fatta dalle scarpe rotte, dalle valigie di cartone e dalla fame nelle tasche dei pantaloni bucati. Quella degli italiani “neri, sporchi, ladri e mafiosi” nelle città in giro per il mondo. Anche la mia famiglia sparsa tra Canada, Stati Uniti d’America e Inghilterra. Sporchi stranieri in terra straniera.

Mi fanno paura gli addormentati intorno a me, quelli che si rianimano solo quando c’è da insultare e oltraggiare senza conoscere e senza avere rispetto per la vita degli altri, mi fanno paura ma anche piuttosto schifo.

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Mi pare che si viva da privilegiati, scordando che siamo tutti esseri umani, uguali nelle stesse esigenze, i super umani non esistono, perciò non esiste il mio diritto alla sopravvivenza o alla vita se non c’è implicito anche quello dell’altro. Pura follia il razzismo. Malattia mentale che denuncia una disumanità che va ben oltre la mala fede.

E allora, lo dichiaro ai quattro venti, sono miei fratelli, anzi, pretendo di essere riconosciuta umana come quei ragazzi Senegalesi, Palestinesi, Nigeriani, Congolesi, Siriani…. che ieri ho visto giocare sulla spiaggia, passarsi la palla, come la vita, con occhi grandi e grandi sorrisi. E scambiarsi di tanto in tanto uno “scusa” in un italiano maldestro quando il passaggio non funzionava a dovere

Quanto mare è passato attraverso quegli occhi, quanto dolore e affetto in quell’ultimo saluto ai loro cari, in un abbraccio grande e umano che sapeva forte di un addio, nascondendo un arrivederci troppo bugiardo.

“Io vado per provare a vivere, nonostante tutto e ti lascio qui, amore mio, madre mia, padre mio, fratello e tu continuerai a sopravvivere e a morire, mentre io tenterò di vivere per i figli e per la vita che rifiorirà”. Non oso immaginare cosa possa significare tutto questo.

Penso a questo e rivedo la brutta signora arrogante, la professoressa presuntuosa, cattolicissima che capovolge il suo proverbio evangelico “ Siamo tutti uguali” in un “Mi fanno schifo sti neri, portateli a casa tua se te piacciono tanto!”

Magari signora mia, vestita di celeste in una assolata piazza italiana, la sfortuna ci ha messe difronte, magari signora mia! Li vorrei ascoltare e vorrei imparare da loro il significato profondo della bellezza e resistenza umana. Onorata di averli a casa mia. Grandi partigiani della vita.

Perché, differentemente da lei, loro hanno molto da dare, raccontare, entusiasmare. Piango per quei poveri ragazzi che sono costretti ad averla per professoressa, disumana e brutta. Mammamia, insegnante?!!! Di che poi. Cosa puo’ insegnare una razzista?

Trattengo il respiro e mi commuovo, perché penso che non sono sola, perché ho certezza di una bella e profonda umanità che mi si muove accanto. Persone che si guardano e si chiedono: “che sta succedendo?. Perché tutto questo odio?”. E magari cercano di fare qualcosa.

E tanto ha fatto una di queste meravigliose persone, un uomo giovane, che purtroppo si è spento da poco. Di lui ho saputo che ha contribuito alla creazione di una fondazione Federico Onlus

L’associazione ha lo scopo di:

Promuovere una cultura di pace, tolleranza e di solidarietà, promuovere l’affermazione dei diritti umani anche attraverso iniziative tese alla loro effettiva attuazione, Intervenire nelle zone depresse, colpite da calamita’ naturali, malattie epidemiche o guerre, con iniziative umanitarie a favore delle vittime civili, con particolare attenzione alle prime cure o allo sviluppo di una cultura di pace ed alla educazione dell’infanzia.

Oggi ci saranno i funerali, la famiglia e gli amici raccoglieranno donazioni per la fondazione, il ricavato sarà utilizzato per aiutare i bambini palestinesi.

Mi permetto di chiudere questo pezzo con l’Ibam della fondazione per chi volesse contribuire con un suo gesto.

In memoria e in onore di Roberto Pagliaricci. Grazie.

IBAM: IT2H030690320700000008433

Codice fiscale: 08252951002

Marina Mancini
Da Anzio

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1 COMMENTAIRE

  1. Una razza di razzisti.
    Gentilissima Marina
    Non c’è nulla da obiettare in quello che lei dice se non che, “come tutti i salmi finiscono in gloria,” anche il suo articolo ha un finale di scopo.
    Tuttavia il suo articolo è come uno specchio limpido sopra questa umanità che riflette chiaramente quello che siamo, come reagiamo ai nostri stessi disastri e l’incapacità di capire gli altri. Anzi ci fa vedere anche la paura che abbiamo degli altri nel buio della nostra ignoranza. L’insulsa reazione contro il diverso a difesa della nostra piccolezza. Ma purtroppo lo specchio riflette solo il presente e non può mostrarci il passato. Quel passato dal quale abbiamo imparato poco. Quel passato che dovrebbe farci vergognare e che quindi, volutamente, abbiamo cancellato dalla nostra memoria. Mi riferisco al lungo e recente periodo della colonizzazione quando con la menzognera scusa di portare la civiltà siamo andati a rubare quanto ci faceva comodo e alla fine, in nome di una pseuda libertà, abbiamo abbandonato al loro destino quelle popolazioni che abbiamo corrotto e derubato senza lasciare loro nulla per sopravvivere. Le condizioni dell’attuale esodo di massa le abbiamo create noi. Questi popoli oggi ci restituiscono una visita dovuta. Ma lo specchio riflette solo il presente che ha di fronte e la storia è il passato.
    Daniele Bertozzi

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