Quel vecchio porto di Anzio nelle mani della malapolitica.

Quella del vecchio porto e del progetto del nuovo porto di Anzio è una vicenda emblematica, che potrebbe riguardare tanti luoghi d’Italia, la cultura del Belpaese. Una politica lontana dalla gente, che insegue fantomatici interessi di pochi a scapito del territorio e dei cittadini che vorrebbero proteggere la bellezza dei propri luoghi, la propria storia, una storia d’amore e di rispetto.

Uscire dal lavoro e correre nella piazza della mia città non accade di frequente. Ma tralascio per un po’ la pigrizia domestica pomeridiana e vado a sentire l’aria che tira. L’argomento trattato nell’incontro a cui sono stata invitata dall’altra parte è affare serio, come è seria la corrispondenza di affetti che c’è tra gli uomini e i luoghi in cui vivono.

L’incontro è organizzato dal gruppo Sel (Sinistra ed ecologia) di Anzio con lo scopo di rendere partecipi più persone possibili su un progetto di divulgazione e diffusione di informazioni intorno ad un tema che, chi è di Anzio, per nascita, ventura, o scelta, respira come la salsedine. Il famigerato porto.

Il porto di Anzio

Quello vecchio. Porto incantevole, transito di mille passeggiate, dallo sguardo aperto sul mare e sui pescherecci radunati intorno al suo braccio, bello quanto un sospiro che sa di brezza salina. Ma, chi è di Anzio lo sa, il tema del porto, ormai da diversi anni, non si snoda intorno alla celebrazione della sua bellezza caratterizzante la cittadina, ma è tutto uno srotolare e poi dipanarsi intorno ad un disegno nuovo, ad interessi economici, mani private e semi pubbliche, appalti, concessioni, faremo, diremo, mal di pancia, che negli anni hanno partorito debiti e un progetto che sulla carta e nelle chiacchiere ricorda un mostro marino che tenta di mordersi la coda. Mal di pancia, appunto.

E in tutto questo trentennale parlarsi addosso dei politici nostrani, questo porto bello, di una bellezza vera a misura di sguardo e cuore umano, sprofonda e aspetta quelle opere di manutenzione doverose e necessarie.

Ma qualche giorno fa il gruppo Sel ed altri cittadini vicini a questo tema si sono riuniti, guardati ed ascoltati. Finalmente! E scoperto che, per quanto diversi per vocazione, storia e idee, sul porto ritrovano lo stesso pensiero, uguale filo conduttore, niente a che vedere con mostri marini o pericolosi parcheggi per yacht di privatissimi ricconi. Quello che la maggioranza chiede da questo appuntamento, con piccole sfumature, è il nostro porto sollevato e salvato dalla sabbia. Un pensiero comune per agire. Intanto questo.

Riflessioni, idee, lanciate per dare respiro e tregua ad una antica città di mare, che troppo ha visto e troppo è stata calpestata.
Difendere lo spazio dei pescatori, anima vera del porto, minacciati di isolamento ai confini di un opera impudente. Preservare quel passaggio continuo di gente lungo la sua banchina, curva armoniosa che insegue le rotondità della sua costa senza ferirla e affaticarla.
Sovrapposizione: stato attuale e opere in progetto

Lasciare respiro e movimento alle correnti che si muovono al di sotto del porto, rispettandone i flussi.
Aria e movimento.

Poco distante da Anzio, d’altronde, come un brutto presagio, è stato realizzato tempo fa un altro porto, moderno, freddo e asettico. Immagine inquietante di quello che potrebbe essere. Cancelli bianchi e sbarre a dividere cittadini e barche per vip. Marineria consumistica ed aria commerciale. Porto triste e senza identità.

Capita di andare in questo porto di Nettuno, magari d’estate, e vedersi interrompere il proprio libero vagabondare, perché c’è sempre un guardiano che alle 11 di sera ti caccia, come a dire “questo luogo non ti appartiene più, non è tuo se non hai lo yatch parcheggiato”. Triste destino che frammenta e sequestra un luogo di affetti e di appartenenze.

No, proprio non risuona questo disegno che reprime l’ autorevolezza che dà un porto ad una città di mare. “Anzio – si diceva – è, soprattutto, il suo porto”.
Merito di Sel e del suo giovane portavoce aver fatto incontrare queste voci differenti ma simili in questo preciso sentire. Ancora prima, bravi, per essere scesi nelle strade a chiedere ai propri concittadini, compaesani per terra e per mare, se e quanto sapessero del balletto di carte bollate apparecchiato intorno al porto che appartiene a tutti.

Un questionario con poche domande, quanto ne bastano per far emergere in una domenica mattina di festa il dubbio, anche nei più distratti, che forse quello che vogliono fare e quello che vogliono togliere alla nostra città è affare anche e ancora più nostro.

E questo guardarsi in faccia e dirsi “questo non va, sei d’accordo?” in questi incontri riusciti troverà certamente un suo prosieguo. Una nuova e consapevole storia di lotta e resistenza. Una storia d’amore e di rispetto di una città per il suo vecchio porto. E mai come prima, tornando a casa quella sera, mi sono sentita così vicina a questa storia.

Marina Mancini

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