Pasolini, di Abel Ferrara esce in Francia. Recensione.

Il due novembre del 1975 all’Idroscalo di Ostia cessava la vita di uno dei più importanti intellettuali del nostro tempo: Pier Paolo Pasolini. Su questo artista così complesso e anticonformista, si è parlato molto e a lui sono stati dedicati alcuni film sulla sua scomparsa. E la sua fine, nonostante i tragici fatti e le inchieste ufficiali e la condanna di colui che è sempre stato considerato l’autore della sua morte, resta per molti ancora un mistero insoluto. Anche il regista italo-americano Abel Ferrara da oltre vent’anni voleva girare un film su di lui, ma non intendeva ridurlo ad un’agiografia o ad una ricostruzione storica del motivo per il quale lo scrittore è stato ucciso.

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Ecco che il controverso cineasta è riuscito, dopo molto tempo, a realizzare il suo progetto dal semplice titolo: “Pasolini”. Così Ferrara ha provato ad immaginare, con l’aiuto dello sceneggiatore Maurizio Brancacci, come sia stata l’ultima giornata di vita di Pasolini, le sue ultime 36 ore, attraverso i suoi pensieri, le sue emozioni, e alcuni frammenti della sua esistenza che sono il riflesso di una vita da intellettuale impegnato. A dare corpo e pensieri al regista, scrittore e poeta nato a Bologna nel 1922, è l’attore Willem Dafoe che offre una delle sue prove più convincenti di trasformazione in un personaggio. Dafoe, nella sua scarna magrezza, con le rughe marcate del volto, gli occhiali e la pettinatura, è Pasolini.

Il film di Ferrara si apre con l’immagine dello “scrittore” (questo era scritto sul suo passaporto e come lui si definisce nella pellicola) mentre è intento a rientrare in Italia da Parigi, dopo aver seguito il montaggio di “Salò o le 120 giornate di Sodoma” (uscito dopo la sua morte) a dare forma ad altri suoi due lavori, rimasti incompiuti: il romanzo “Petrolio” e il film “Porno Teo-Kolossal”. Entrambi vengono raccontati per immagini attraverso alcune scene sia luminose che in controluce (merito della fotografia di Stefano Falivene). Del primo attraverso alcuni suoi appunti: “il pratone della Casilina”, e poi il racconto, durante una festa con alcuni politici e alto-borghesi, di un aereo che cade in Sudan. Del secondo invece, si segue una sorta di viaggio onirico di due personaggi – che Pasolini avrebbe voluto fossero interpretati dal giovane Ninetto Davoli e dall’anziano Eduardo De Filippo – verso la città di Sodoma, che qui viene rappresentata durante la celebrazione di una festa della fertilità e poi, al termine del film, in una sequenza conclusiva su una scalinata. Seguiamo il suo rientro a casa, sulle parole della lettera rivolta ad Alberto Moravia nella quale esprime la sua volontà di dare forma a queste sue prossime idee, e quindi l’incontro affettuoso con la madre Susanna (un’invecchiata Adriana Asti) e con la sorella Graziella (Giada Colagrande). E poi il suo alacre lavoro di scrittura e di correzione dinanzi alla sua cara macchina da scrivere “Lettera 22”. Seguiranno le visite a pranzo degli amici Nico Naldini (Valerio Mastandrea) e Laura Betti (un’esuberante Maria de Medeiros) di ritorno dalla Croazia. Infine l’intervista con Furio Colombo (con Francesco Siciliano nei panni del giornalista).

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Infine arriverà la sera, quando Pasolini deciderà di andare a fare un giro per le borgate alla guida della sua auto sportiva, l’Alfa Romeo GT 2000 color argento. Durante il suo vagare notturno incontrerà questo “ragazzo di vita” romano, Pino detto “la rana” (Damiano Tamilia) che lo intrigherà per la sua faccia giovane e i modi semplici. Dopo avergli offerto la cena, Pasolini lo condurrà in una zona oscura e isolata dell’Idroscalo di Ostia. E qui Ferrara non azzarda ipotesi di complotto, non prosegue sulla linea “giuridica” già percorsa dal regista Marco Tullio Giordana in “Pasolini, un delitto italiano” (1995). Abel Ferrara offre una plausibile ricostruzione di quanto può essere accaduto quella notte (secondo la ricostruzione del perito Faustino Durante) con il concorso insieme ad altri dell’omicidio volontario dello scrittore. Tesi oggi suffragata dalla scienza; secondo ultimi accertamenti, in base anche alle recenti, ennesime dichiarazioni rese da Pino Pelosi, colui che è stato acclarato come unico esecutore dell’omicidio, ai pm della Procura di Roma – il quale insiste a dichiarare la sua estraneità ai fatti – sul corpo di Pasolini sarebbero state rilevate alcune tracce di sangue il cui Dna apparterrebbe ad altre persone e non allo stesso Pelosi.

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Non possiamo dire che “Pasolini” di Abel Ferrara, presentato in concorso alla 71. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia (2014), sia un film completamente riuscito, sebbene l’intenzione del regista sia stata quella di entrare in punta di piedi, quasi in maniera rispettosa, nel mondo dell’intellettuale e di renderne alcune sue importanti sfaccettature nell’arco delle sue ultime ore di vita. La struttura della pellicola risulta sfilacciata e discontinua, poiché era complesso gestire questo lavoro cogliendo ogni sua essenza. Ferrara (New York, 11/07/1952) è un regista, dicevamo, controverso che però ama le sfide, comprese quelle del “low budget”: esce da una pellicola emozionalmente “intima” dedicata alla ineluttabile fine del mondo vissuta da una coppia di amanti in un loft (“4:44 Last Day on Earth”, 2011) per poi affrontare la scandalosa vita di un uomo potente dalle sfrenate abitudini sessuali (“Welcome to New York”, 2014 interpretato da un debordante Gerard Depardieu) che prende spunto dal caso di cronaca del 2011 che ha coinvolto l’ex presidente del Fondo monetario internazionale Dominique Strauss-Khan.

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Se le parti più efficaci di questo film sono quelle dedicate alle ore dedicate alla famiglia, agli incontri con gli amici e all’intervista con Colombo, oltre al termine della sua tragica serata, che mette, nella sua naturale crudezza dei fatti, un certo disagio, non si può dire la stessa cosa su un certo eccessivo voyerismo sul quale insiste il regista: dalla lunga “fellatio” omosessuale all’inizio tratta da “Petrolio” o la scena dell’orgia a Sodoma nel “Porno Teo-Kolossal”. Come all’ingenua rappresentazione dei due personaggi: Epifanio, tratteggiato da Ninetto Davoli (nella parte che sarebbe stata di De Filippo; se mai l’avesse accettata) e quella di Ninetto (un Ninetto Davoli da giovane) suo compagno di viaggio, interpretato dal riccioluto Riccardo Scamarcio, due personaggi stralunati come i felliniani errabondi de “La voce della luna”, privati però di quella magica poesia.

Un’ultima considerazione è sulla scelta voluta dal regista di far recitare in originale Dafoe/Pasolini in uno stentato italiano e in inglese, mentre i suoi familiari parlano in italiano tra loro e in inglese per comunicare con Dafoe, così come il giornalista Colombo lo intervista in inglese. Sicuramente ciò è dovuto alla presenza di Dafoe e al mercato internazionale al quale la pellicola si rivolge (ma nella versione italiana l’attore americano è stato doppiato dal bravo Fabrizio Gifuni, mentre a Laura Betti/de Medeiros presta la voce Chiara Caselli). Tutto ciò però crea una sorta di confusione linguistica che rende l’opera ancora più straniante.

Andrea Curcione

(Venezia)

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Trailer del film:

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PASOLINI, di Abel FERRARA

(Id. Francia/Italia/Belgio, 2014, col., 87’)

Cast: Willem Dafoe, Ninetto Davoli, Riccardo Scamarcio, Valerio Mastandrea, Giada Colagrande, Adriana Asti, Maria de Medeiros.

Genere: Biografico/Drammatico.

Distribuzione francese: Capricci.fr

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2 Commentaires

  1. Pasolini, di Abel Ferrara esce in Francia. Recensione.
    Salve Andrea,

    Ho visto il film in Francia 2 giorni fa, attirata dal soggetto, così interessante e non molto trattato finora dal cinema. Ignara di tutto il resto e non troppo convinta del regista. E ne sono rimasta delusa. Condivido con lei la definizione di film sfilacciato (ho avuto difficoltà’ a seguirlo) e estraniante. Non mi e’ piaciuta la scelta del linguaggio ( per una volta che anche all’estero avrebbero potuto ascoltare un buon italiano quale quello parlato dallo scrittore, ecco che arriva l’inglese, che degrada la nostra lingua a dialetto quasi, parlato solo dal popolo o in famiglia). Forse Ferrara voleva dare una certa internazionalità’ all’autore, ma la scelta mi sembra sbagliata. Bisognerebbe invece che ne uscisse subito un altro, di film, per ridare un po’ di lustro allo scrittore Pasolini (Frerrara mi sembra che veda soprattutto il lato del regista ossessionato dal sesso). Dove si dia più’ spazio ai suoi discorsi, all’acume, alla « chiaroveggenza » di questa mente per quanto riguarda la società nella quale viveva e in cui ci accingevamo a vivere noi. Per quanto riguarda la scena della morte, Ferrara ha fatto una scelta, d’accordo, ma avrebbe dovuto renderla più’ credibile. I ragazzi che arrivano all’idroscalo, come ci arrivano, a piedi? visto che sono gli stessi che s’intravedono nel bar di Roma, dove Pasolini rimorchia il ragazzo di vita. Insomma, si e’ letto così tanto sulla morte di questo grande scrittore, che anche i « non addetti » sanno già’ abbastanza per trovare il film davvero poco interessante. Soprattutto riguardo la morte dello scrittore.

    La ringrazio per aver scritto l’articolo, sono uscita dalla sala davvero molto contrariata.

    Katia

    • Pasolini, di Abel Ferrara esce in Francia. Recensione.
      Gentile Katia,

      Sono io che ringrazio Lei per l’attenzione e il commento.

      Cordialmente

      Andrea Curcione.

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