In passerella i maggiori tesori della Napoli Angioina (1266-1381)

Napoli. In passerella al Museo del Tesoro di San Gennaro “Ori, argenti, gemme e smalti della Napoli angioina” per la prima volta riuniti in un’esposizione, nell’ambito del Forum Universale delle Culture. Lettura della mostra di Vincenzo De Gregorio, recensione di Raffaele Bussi e portfolio di alcuni dei manufatti di altissimo valore artistico esposti.

La Mostra, curata da Pierluigi Leone de Castris, è l’occasione per ammirare i più pregevoli manufatti in metalli preziosi di quello che può essere definito il vero “secolo d’oro” della storia artistica, civile, politica e culturale della città partenopea. E’ il periodo (1266-1381), quasi cent’anni, in cui Napoli divenne per la prima volta, con l’instaurarsi della dinastia degli Angiò, una vera e propria capitale d’Europa, superiore forse alla stessa Parigi, un’importante crocevia tra le regioni d’Oltralpe e il Mediterraneo, centro di una feconda cultura artistica e letteraria.
(n.d.r. Vedi wiki/Angioini)

ori-argenti-gemme-e-smalti-della-napoli-angioina-640x293.jpg

E’ il Regno di Carlo I, Carlo II, Roberto e Giovanna d’Angiò, durante il quale Napoli conosce uno dei periodi di maggior splendore della sua storia: castelli, grandi chiese gotiche, in uno spazio del territorio che va da Castel Nuovo a San Lorenzo, dal Duomo a San Domenico fino a Santa Chiara.

A Napoli, alla Corte degli Angioini, lavorano gli architetti Pierre d’Angicourt e Jean de Toul, pittori del calibro di Giotto, Pietro Cavallini e Simone Martini, e scultori quali Tino da Camaino, Ramo di Paganello, Lando di Pietro e Giovanni Bertini.

Lo scopo della Mostra, curata, oltre che da Leone de Castris, da un prestigioso comitato scientifico internazionale, è quello di evidenziare non solo il lusso estremo e la ricchezza materiale di questa “arte di corte”, ma la sua raffinatezza ed il suo aggiornato gusto gotico e comprendere la grandezza europea di una città, Napoli, dove davvero l’Europa è passata prima che altrove.

8b_mitra_nola_museo_diocesano_partpetit.jpg

Ma per una più consona, corretta ed espansiva lettura della Mostra seguiamo il commento di don Vincenzo De Gregorio, preside del Pontificio Istituto di Musica Sacra e Abate Prelato della Cappella del Tesoro di San Gennaro:

Dalle rovine dell’impero romano d’Occidente, lungo tutto il Medioevo, a poco a poco nascono nuove entità statuali, piccole e grandi, che non possono assolutamente estraniarsi dalla grande Storia che Roma aveva scritto in Europa e intorno a tutto il Mediterraneo fino ai confini dell’India. In questo contesto, per secoli, il Cristianesimo, soprattutto la Chiesa Romana, è l’anello di congiunzione con l’antico. E’ questo il motivo per il quale gli oggetti d’arte per il culto, hanno due ambiti specifici di creatività: quelli della Gerarchia e quelli del culto eucaristico/sacrificale. La dinastia angioina non si sottrae a questa visione. Gli arredi episcopali, sono i segni della maestà divina che opera mediante i vescovi per guidare il popolo di Dio. I vescovi sono i garanti della successione degli Apostoli nella continuità della “consegna” data da Cristo ai primi Apostoli: “Andate e predicate a tutte le genti, insegnando loro…” I reliquari che contengono le reliquie dei Santi e i vasi sacri per la messa sono il suggello di questa “trasmissione” attraverso la garanzia del corpo e del sangue di Cristo e quello dei Santi che hanno affrontato, come Cristo, il sacrificio per la fede. Questi elementi costituiscono la lente mediante la quale deve essere letta questa mostra che, altrimenti, resterebbe “solo” una stupenda esposizione di manufatti di altissimo valore artistico.

Ma il linguaggio della Mostra di oggi, sottile, suona monito ai governanti di turno per far capire cosa è stata e cosa ha rappresentato la città di Napoli in Europa, un messaggio preciso a rileggere il territorio ed a porre rimedio ai tanti guasti perpetrati nel corso di svariati decenni.

Raffaele Bussi

Article précédentItaliani nel Principato di Monaco: una comunità italiana attiva.
Article suivantIl nuovo nemico del popolo: il « populista »
Raffaele Bussi
Raffaele Bussi è nato a Castellammare di Stabia. Giornalista, scrittore e saggista, collabora con importanti quotidiani e periodici nazionali. Ha collaborato a "Nord e Sud", "Ragionamenti", e successivamente a "Meridione. Sud e Nord del Mondo", rivista fondata e diretta da Guido D'Agostino. E' stato direttore editoriale della rivista "Artepresente". Collabora al portale parigino "Altritaliani" e alla rivista "La Civiltà Cattolica". Ha pubblicato "L'Utopia possibile", Vite di Striscio", "Il fotografo e la Città", "Il Signore in bianco", "Santuari", "Le lune del Tirreno", "I picari di Maffeo" (Premio Capri 2013 per la critica letteraria), "All'ombra dell'isola azzurra", romanzo tradotto in lingua russa per i tipi dell'editore Aleteya, "Ulisse e il cappellaio cieco" (2019). Per Marcianum Press ha pubblicato: "Michele T. (2020, Premio Sele d'Oro Mezzoggiorno), "Chaos" (2021), "L'estasi di Chiara" (2022), "Servi e Satrapi" (2023).

LAISSER UN COMMENTAIRE

S'il vous plaît entrez votre commentaire!
S'il vous plaît entrez votre nom ici

La modération des commentaires est activée. Votre commentaire peut prendre un certain temps avant d’apparaître.