Le parole vuote di una estate difficile

“Perché lei mi racconta storie simili? – Così… Un po’… per parlare.
Ma perché bisogna sempre parlare? Io trovo che molto spesso bisognerebbe star zitti, vivere in silenzio. Più si parla, più le parole non vogliono dir niente.”

E’ una delle lapidarie affermazioni tratte dal film Questa è la mia vita (Vivre sa vie) girato nel 1962 dal geniale Jean-Luc Godard. Quanto mai pertinenti con il chiacchiericcio di parole vuote e fino a poco tempo fa desuete, parole di crisi pressoché quotidiane che relega il pensiero in un contenitore sottovuoto. “Nel linguaggio menzogna ed errore sono pressoché inscindibili e indiscernibili”, prosegue in un altro segmento quel film del maestro francese.

Notizie funeste di borse e mercati, una violenza che segue un’altra, e giù a contare e raccontare l’incomprensibile, vuoto dopo vuoto. Il confine fra libertà di espressione (diritto di cronaca) e il chiacchiericcio ferale è ormai sempre più labile: incertezze e trepidazioni sono una costante e, di contro, il mercato da spiaggia, con suggestioni al netto dei sentimenti. “Bisogna prestarsi agli altri e darsi a se stessi“ è la citazione di Montaigne in apertura di quel film di Godard.
Jean-Luc Godard

Una lettura della realtà che si affranchi dal mormorio inconsistente sarebbe auspicabile in un sistema che si emancipi dalla mercificazione di ogni effetto, di ogni commozione. Sarebbe un sensibile contributo contro la maldicenza nella quale si annega. Mentre si è sospesi in un limbo senza tempo, perché siamo fuori dal tempo, nel vuoto, e soprattutto in attesa di un “Godot che non arriverà mai”. A quanti ancora riescono a credere e a gioire, ad indignarsi senza scandalizzarsi, vanno questi versi (cantati in Quello che manca al mondo) di Ivano Fossati:

“Quello che manca al mondo / è un poco di silenzio / quello che manca a questo mondo / è il perdono / che non vedo e non sento / tutta la gente intorno sogna di cavalcare il temporale / quello che serve alla vita è acqua e sale / io non sono quell’uomo che aveva un sogno che ne è stato dei sogni di questo tempo? / Di che cosa parliamo in questa vita? Di che cosa nutriamo i nostri figli? / Quello che mancherà domani / è un monumento all’uguaglianza quello che manca già stanotte / sono mille parole d’amore / perché c’è gente che parla d’amore in una lingua morta, / sono vivi e gli basta e sanno aspettare, / ma in questa estate che sembra piuttosto dicembre / non tutto va bene oppure sì,/ se vi pare…”

Armando Lostaglio

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Armando Lostaglio
ARMANDO LOSTAGLIO iscritto all'Ordine dei Giornalisti di Basilicata; fondatore del CineClub Vittorio De Sica - Cinit di Rionero in Vulture nel 1994 con oltre 150 iscritti; promotore di altri cinecircoli Cinit, e di mostre di cinema per scuole, carceri, centri anziani; autore di testi di cinema: Sequenze (La Nuova del Sud, 2006); Schermi Riflessi (EditricErmes, 2011); autore dei docufilm: Albe dentro l'imbrunire (2012); Il genio contro - Guy Debord e il cinema nell'avangardia (2013); La strada meno battura - a cavallo sulla Via Herculia (2014); Il cinema e il Blues (2016); Il cinema e il brigantaggio (2017). Collaboratore di riviste e giornali: La Nuova del Sud, e web Altritaliani (Parigi), Cabiria, Francavillainforma; Tg7 Basilicata.

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