Venezia 71: Si apre la caccia al Leone d’oro con Inarritu.

Alla presenza di Giorgio Napolitano si è aperta la kermesse per il leone d’oro con il toccante e surreale film di Gonzalez Inarritu. Di seguito un altro film in concorso, una conproduzione firmata da Joshua Oppenheimer . Fuori concorso il cinese Qin’Ai De sul traffico e il commercio di bambini cinesi.

BIRDMAN OR (THE UNEXPECTED VIRTUE OF IGNORANCE) di Alejandro González Iñárritu (Usa, 119’, v.o. inglese s/t italiano)

con Michael Keaton, Zach Galifianakis, Edward Norton, Andrea Riseborough, Amy Ryan, Emma Stone, Naomi Watts

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Il concorso principale della Mostra, quello per assegnare il Leone d’Oro, parte a tavoletta. Con un grande film di Alejandro González Iñárritu. Sorprendente. Fuori da tutti i registri che riconosciamo nel talentuoso regista della nuova scuola messicana. Per la prima volta affronta i toni di commedia. E lo fa con grande disinvoltura e maestria. Un film che affronta temi per nulla banali. Come la fama, contrapposta al talento ed all’arte. I sogni che ogni uomo ha e che difficilmente riesce a realizzare quando si confronta con la realtà. Il film è di grande scorrevolezza. Piacevole.

Profondo. Colto. Coinvolgente. Surreale e magico. Giocato sul sottilissimo confine tra sogno e realtà. Sembra che tutto fili liscio con sublime improvvisazione. A vedere i lunghi piani sequenza, che non barano mai. Non usano la finzione del montaggio, delle diverse inquadrature della stessa scena. Dei trucchi della post produzione. Ma tutto, invece, invece è frutto di una meticolosissima preparazione. Di prove estenuanti , come per la messa in scena di uno spettacolo teatrale. E di una sceneggiatura di ferro, scritta dallo stesso regista a 8 mani con altri 3 grandi professionisti dello script. Monumentali gli attori. Folgorante il duetto tra Michael Keaton e Edward Norton.

“Senza Michael Keaton, questo film non si sarebbe potuto fare!”, ha affermato Iñárritu oggi in conferenza stampa al Lido. Perché Keaton è stato uno dei primi grandi attori a interpretare un super eroe, i primi due episodi di Batman di Tim Burton. Una pietra miliare per questo tipo di film. Ed ha potuto portare il suo apporto creativo a questo personaggio di Birdman anche per questo bagaglio. E soprattutto l’unico a saper dare il tono che il regista cercava. Tra l’ironico, il comico, l’onirico, l’amaro ed il crepuscolare. Iñárritu mette lo spettatore nelle scarpe del protagonista.

Con un uso creativo della steady porta lo spettatore a vivere la sua claustrofobica mediocrità. Il film è perfetto in ogni dettaglio. Ed una particolare menzione va posta alla partitura musicale. Che è strepitosa. Merging di musiche scritte per il film e di grandi classici, da Ravel a Mahler, a Tchaikovski, ed anche Rachmaninof. Un capolavoro di colonna sonora. Dal momento che, per la prima volta nelle storia dei grandi festival, la Mostra, con audacia encomiabile, ha chiamato a presiedere la giuria un musicista da film, il grande Alexandre Desplat, nessuno meglio di lui potrà apprezzare questo lavoro. Chissà se influenzerà le sue scelte per il leone d’oro. Una colonna sonora ispirata dal volo della fantasia, o dalla fantasia in volo?

Curiosità : a schermo ancora spento, prima dell’inizio del film, si sente una frase in spagnolo. Ripresa poi alla fine del film, dopo i titoli di coda. Non sono riuscito a distinguerla, ma mi piacerebbe sapere se si tratta di una citazione del Don Chisciotte di Cervantes, quanto mai pertinente alla specie, peraltro.

Alejandro Gonzalez Inarritu

THE LOOK OF SILENCE di Joshua Oppenheimer (Danimarca, Finlandia, Indonesia, Norvegia, Gran Bretagna, 98’, v.o. indonesiano/javanese s/t inglese/italiano)

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Una scritta che scorre sullo schermo ad esergo iniziale ci informa che nel 1965 in Indonesia i militari hanno preso il potere con un colpo di stato. Chiunque si sia opposto è stato accusato di comunismo ed è stato imprigionato o ucciso. L’esercito ha fatto fare il lavoro sporco a civili, organizzati in squadroni della morte, che hanno trucidato circa un milione di persone innocenti in pochi mesi con la accusa di comunismo ed ateismo. Impossessandosi dei loro averi e spesso delle loro mogli.

Un oculista, nato dopo l’eccidio, ma il cui fratello maggiore era stato barbaramente torturato ed ucciso in quel frangente, si mette in giro e con un operatore e telecamera e comincia a visitare e ad intervistare i vari capi degli squadroni della morte. Che ancora occupano posizioni di potere e di privilegio in Indonesia. Ne esce un quadro che definire agghiacciante è riduttivo. Si supera e di molto la “banalità del male” del processo Eichmann.

Gli intervistati non solo non sono pentiti, ma si vantano dei massacri compiuti. Fornendo i più orrendi dettagli di quelle operazioni. Un film di rara potenza. Pur con qualche imperfezione, è un documento di altissimo valore storico, sociologico ed antropologico (ed anche psichiatrico). E torna ancora, come un tormentone, il tema della violenza alla Mostra.

QIN’AI DE (DEAREST) di Peter Ho-sun Chan (Cina, Hong Kong, 133’, v.o. cinese s/t inglese/italiano)

con Zhao Wei, Huang Bo, Tong Dawei, Hao Lei, Zhang Yi

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Il film, basato su una storia vera, mette in luce un fenomeno poco conosciuto. Il rapimento ed il commercio di bambini in Cina. E la strenua ricerca che ne è effettuata dai genitori dei bambini rapiti, che si organizzano in gruppi di sostegno reciproco. Un film di grande drammaticità. Di profonda tristezza. Che ben illustra la profonda ferita nei sentimenti di adulti e bambini. E le complicazioni di situazioni che si consolidano e che possono sconvolgere vite e famiglie per intere esistenze.

Efficaci gli interpreti e la messa in scena. Bella ed efficace la metafora del groviglio inestricabile di cavi che sovrasta le strade popolari della grande metropoli di Shenzhen, nella Cina meridionale.

Catello Masullo

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