Vent’anni

Era forse l’autunno, del 1993, e mi ricordo, sì, io mi ricordo. Per le strade e nelle piazze certi manifesti murali, grandi, con le fotografie di bambini, piccoli. E poi lo slogan, «Fozza, Itaia». Ma che cos’è questa robina qua ? Spiegazione ufficiale : una campagna di sensibilizzazione « sulle misure previste dal nuovo Codice della strada che, se approvate, avrebbero eliminato gli spazi destinati a cartelloni e manifesti ».

E c’era il disgusto per la politica (poco tempo prima c’era stata Tangentopoli e Mani Pulite e le monetine contro Craxi che erano, anche, monetine un po’ contro tutti i politici), il « tutti ladri » che certo ha il merito di evitare di fare lo sforzo del discernimento (quello che, per Massimo Cacciari, distingue l’essere umano dalla bestia) – ma che rende ladro anche chi ladro non è (e che ingiustizia, a pensarci). Poi il tempo si mise a correre, come sempre fa il tempo, irreparabile, come sempre è il tempo.

E la « discesa in campo », le risatine, la gioiosa macchina da guerra di Occhetto, e le calzamaglie sulla telecamera (vero o falso ?) per rendere più soffice l’immagine del capo, capo di tutto, padrone di tutto, che dice « l’Italia è il paese che amo ». E il paese che si spacca e rispacca in due. Iva Zanicchi donna di popolo che dice che bisogna affidarsi al capo e lui risolverà tutto (non come quei brutti della sinistra in cui lei credeva tanto tanto ma che non hanno mai combinato niente) e che dice, la Iva, che la televisione non conta niente; la gente ragiona con la sua testa e la gente ha già scelto.

E la vittoria di Forza Italia (non più Fozza Itaia). Nanni Moretti che per la prima (e penso unica) volta in vita sua si fuma una canna. Emilio Fede commosso, il conflitto di interessi. L’impegno a risolverlo entro poche settimane, la sinistra che lotta s’impegna poi getta la spugna con gran dignità. La promessa del nuovo miracolo italiano, le discussioni sulla « rivoluzione liberale » possibile anzi certa, la mobilitazione democratica e popolare contro il « nuovo fascismo », stavolta con l’aggettivo « mediatico », la gente sotto la pioggia a Milano un 25 aprile, ora e sempre Resistenza, ma per chi, contro chi ?

E poi il tempo accelera ancora ed è (quasi) subito Prodi e l’Ulivo e Veltroni che dice che ha parlato con Massimo d’Alema e gli ha detto : « Massimo, non abbiamo il diritto di sciupare questa occasione », e che il governo di centro-sinistra (o senza trattino ? Centrosinistra tutto attaccato ? Mai lo si saprà, nemmeno tra mille anni e più), che la sinistra, dicevo, « cambierà volto al paese ». E poi lunghi mesi di litigi e all’apparire del terzo millennio è di nuovo Berlusconi trionfante. E di nuovo c’è la « rivoluzione liberale » possibile anzi certa, e la mobilitazione contro il nuovo fascismo (mediatico) e la battaglia durissima contro il conflitto di interessi (con la sinistra che lotta s’impegna poi getta la spugna con gran dignità). E poi come in un film già visto, o come in un sogno ricorrente, è ancora Prodi, solo appena un poco più vecchio, come tutti noi del resto, che dura poco.

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E poi Berlusconi. E poi la stagione delle larghe intese, con Giorgio Napolitano che viene da un mondo in cui i politici conoscevano il significato delle parole che usavano, e Monti e poi Letta e siamo a Renzi e siamo all’oggi. E adesso lo so che sono vecchio – lo so che ho già vent’anni ; e ora, ora ci penso che il tempo è passato. E le bambine nate in quel tempo d’aprile di venti anni fa ora hanno già vissuto la loro ultima estate da bambina e sono meravigliose ragazze minacciate dai vent’anni ; leggono l’Esterina di Montale e i versi del giovane poeta inglese, forever young, John Keats e portano i guanti (ma quante cose sono successe in vent’anni, mio Dio, come hai fatto a fregarci così bene con questo inganno del tempo ?).

E la calzamaglia sulla telecamera non basta più a rendere levigato e suadente il volto del padrone, che è tutto tirato da far pena ; e le sue reti televisive, che erano il massimo della modernità irridente e trasgressiva e sfottente, ora appaiono polverose e gonfie di una tristissima, falsa allegria obbligatoria. E il conflitto di interessi è ancora lì (e prima o poi la sinistra tornerà a dire che si impegnerà e lo risolverà, certo, in breve tempo, ma lo dirà con voce fioca, come si ripete un’abitudine venuta un po’ a noia). E Iva Zanicchi (mi dicono) ancora lì, candidata per Forza Italia. Che era novissima cosa ed adesso è cosa, dispiace dirlo, davvero vecchia e davvero grigia, ma – intendo – senza la bellezza e la poesia che vecchiaia e grigiore hanno con sé, in sé .

E c’è il disgusto per la politica e il « tutti ladri » che certo ha ancora e sempre il merito di evitare di fare lo sforzo del discernimento (quello che, per Massimo Cacciari etc. etc.) – ma che continua a rendere ladro anche chi ladro non è (e che ingiustizia, a pensarci) ; e dal « tutti ladri » sono venuti fuori quelli del Movimento Cinque Stelle che si definiscono, da soli, splendidi, belli, liberi ed onesti (e qualcuno, maschio, presidente del gruppo alla Camera, persino « nubile », sì, « nubile », e per iscritto, nel compilare il documento della dichiarazione dei redditi : sempre a proposito di politici che conoscono il significato delle parole che usano).

E quando ci penso, che il tempo è passato, penso adesso che forse era un gioco, e gioco con le parole di un poeta che è Roberto Roversi, e di un cantante, Lucio Dalla, che venti anni fa c’erano e adesso, già da un po’, non ci sono più e mai più ci saranno . Perché è questo l’inganno del tempo : farci credere che tutto è identico – un giorno dopo l’altro – quando invece tutto è cambiato e nulla di ciò che è stato tornerà. (Era un gioco, io, io, io, io, lo so che era un gioco. E non so cosa fare – perché adesso non voglio che stare qua a guardare, ed ascoltare).

Maurizio Puppo

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Maurizio Puppo
Maurizio Puppo, nato a Genova nel 1965, dal 2001 vive a Parigi, dove ha due figlie. Laureato in Lettere, lavora come dirigente d’azienda e dal 2016 è stato presidente del Circolo del Partito Democratico e dell'Associazione Democratici Parigi. Ha pubblicato libri di narrativa ("Un poeta in fabbrica"), storia dello sport ("Bandiere blucerchiate", "Il grande Torino" con altri autori, etc.) e curato libri di poesia per Newton Compton, Fratelli Frilli Editori, Absolutely Free, Liberodiscrivere Edizioni. E' editorialista di questo portale dal 2013 (Le pillole di Puppo).

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