Tra primarie e scissioni.

A destra a sinistra e al centro la politica si agita senza fare progressi, tattiche e guerre di posizioni degne delle trincee della Grande Guerra. Berlusconi inventa le scissioni a termine, mentre Renzi se la vede contro tutti in vista del voto delle primarie. E il governo va avanti con il passo della lumaca Letta, che si impone più in Europa che in Italia.


 “S’ode a destra uno squillo di tromba;

 a sinistra risponde uno squillo:

 d’ambo i lati calpesto rimbomba

 da cavalli e da fanti il terren.”


(Alessandro Manzoni)

Il quadro politico continua apparentemente a muoversi, ma in realtà tutto è immobile. Come nelle trincee della “Grande guerra” di cui a breve sarà il centesimo anniversario. Il teatrino della politica continua a presentare tante tattiche, dichiarazioni, annunci a cui segue il nulla.Un’estenuente guerra di posizione si consuma intorno alle larghe intese che, volute da Napolitano, vedono giorno dopo giorno dissiparsi le già non consistenti aspettative di concreti interventi anche strutturali, a favore della crescita economica.

In tal senso, finanche il dissenso interno al PDL, che aveva fatto sperare in frutti utili per le possibilità di manovra del gabinetto Letta, specie dopo la repentina ritirata di Berlusconi che, quasi in lacrime, cedeva alla governabilità e alle colombe, appare oggi meno autentico di allora. Nell’approssimarsi della sua decadenza, il cavaliere con abile manovra riesce a monetizzare anche il dissenso di Cicchitto, Alfano ed altri, evitando cosi una scissione sostanziale.

Argutamente, Renzi, ha definita quella del PDL, “Scissione a termine”. Il nuovo gruppo dal nome provvisorio di Nuovo Centro Destra, si farà portavoce di quella destra che è favorevole a mantenere in vita il governo, mentre la rinata Forza Italia con le componenti più dure e pure del berlusconismo, si appresta ad essere (a decadenza avvenuta del cavaliere) forza di opposizione. Preparandosi cosi all’ennesima (ed in mancanza di riforma elettorale, inutile) campagna elettorale.

berlusconi-e-alfano.jpg

Ci risiamo la destra sarà forza di lotta e di governo, pronta poi a riallinearsi nelle sue diverse sfaccettature come polo di coalizione pronto a riprendersi (se possibile) l’esecutivo e gran parte del parlamento.

E’ assolutamente chiaro a questo punto che quando si arriverà al dunque dell’elezioni, i nostalgici di “Alleanza Nazionale” con la direzione dell’estremista Storace, “Fratelli d’Italia” a guida, grosso modo, della Meloni e il “Nuovo Centro Destra” di Alfano & C. faranno da satelliti di “Forza Italia”, costituendo cosi un coerente e populista polo della destra italiana.

Va dato atto che l’indemoniato cavaliere è riuscito anche questa volta ad evitare una fine che sembrava sicura. Berlusconi sa bene che l’intellighenzia del suo partito è presso le colombe, e per questo nelle ultime settimane non si è risparmiato infinite riunioni con Angelino Alfano, pur di arrivare a questo compromesso che gli permette di non perdere definitivamente i suoi “pezzi”. Tuttavia, conserva con sé i fedeli e vocianti falchi e ora anche falchetti (dopo il casting proposto dalla Santaché) che costituiscono una truppa fidata ed utile specie quando ci sarà da portare avanti la battaglia elettorale.

Naturalmente a questa destra, che è euroscettica, poco ideologica, fondata sugli interessi del capo che poi vanno a coincidere con i privilegi dei sottoposti, interessa poco l’esito elettorale. Magari pensa di vincere, ma, in ogni caso, confida nel pari, che vuol dire ancora fruttuosi (per loro privilegiati) anni di nulla in cui il paese andrà a rotoli, la faglia tra ricchi e poveri si allargherà ancora, ma siate pur certi che i dirigenti, di questa destra, saranno sempre dal lato dei ricchi e quindi senza alcuna paurà della povertà.

Anche a sinistra apparentemente il quadro va frantumandosi. I verdi si rilanciano con un nuovo congresso, riuscendo a cavalcare alcune tigri come “la terra dei fuochi” in Campania, il degrado ambientale che ogni mese ci presenta il suo conto di morti e distruzioni, il tema ILVA di Taranto, la battaglia No-Tav che se è ormai sotto il controllo grillino è pur sempre un tema che ha ricadute ambientaliste. Finanche l’IdV ha fatto il suo congresso e anche la polvere di SEL e Rifondazione di tanto in tanto manifestano qualche sbuffo di politica.

Ma è evidente che tanta frammentazione costituisce anche un rischio per il PD, che si appresta con le primarie dell’8 dicembre a scegliere non solo il suo leader, ma anche la sua linea politica per il futuro e finanche le strategie più utili a riportare il PD al centro dell’azione politica. Centro che è oggi costituito dall’asse istituzionale Letta/Napolitano.

Un rischio, perché non appare ancora sicuro se, all’esito di queste primarie, il PD conservi la sua unità evitando l’errore di frantumarsi in tanti mini-partiti con ambizioni centriste o voglia di derive estremiste.

Ha leggere i post nelle varie community in rete c’è poco da essere ottimisti. Renziani, cuperliani e anche civatiani (questi ultimi, sia pure apparentemente, in netta minoranza) se le danno di santa ragione e anche i dirigenti nazionali non si risparmiano frecciate e battute velenose. La nomenclatura del partito che di fatto e non solo di fatto, sostiene Cuperlo, individua il pericolo di dover passare la mano al “rottamatore” e quindi non c’è giorno in cui Renzi non venga attaccato per gli endorsements in suo favore di alcuni vecchi quadri che furono anche del PCI e della DC (Fassino, Franceschini, Veltroni e finanche l’appena assolto dalla giustizia Bassolino). Si accusa Renzi di essere troppo leader, l’uomo solo al comando del partito ed altre facezie.

E’ evidente che la nomenklatura del PD, non contenta del disastro causato dopo le ultime primarie, vinte da Bersani, con regole ad arte modificate per impedire di far votare, al secondo turno del ballottaggio, molti simpatizzanti di Renzi, ricorderete fra itanti casi due noti alla cronaca, ovvero Margherita Hack, allontanata dal gazebo dove voleva votare e l’analoga scena avvenuta a Roma dove fu impedito il voto al cantautore Antonello Venditti, ci riprova mettendo davanti il giovane Cuperlo che puo’ contare ancora su un apparato che è rimasto lo stesso dei tempi di Bersani.

2339105-pd_renzgfgfgfg.jpg

Questa volta la novità è che Renzi è riuscito a vincere anche tra gli iscritti staccando di quasi otto punti Cuperlo. E’ il segno che la base vuole il cambiamento, che chiede un rinnovamento profondo del partito. Sinceramente ero scettico su Renzi leader del PD, pensando fosse più adatto come premier di un futuro governo. Tuttavia, proprio il quadro politico mi ha fatto cambiare idea.

La vera battaglia resta tra la partecipazione popolare e civile dei cittadini alla vita della repubblica, contro un populismo di destra (berlusconiano e grillino) che non vuole cittadini ma solo sudditi che devono eseguire ordini dei capi ed applaudire ad ogni loro scelta. Spesso scelte che costruiscono il consenso sulla demagogia, la manipolazione dell’informazione e finanche della rete. Il tutto per perpetrare se stessi e non nell’interesse del paese.

Se è cosi il ruolo del PD diventa decisivo, essendo l’unico partito che si fonda su una organizzazione democratica, con i suoi organismi interni di elaborazione e discussione con le sue primarie aperte anche ai non tesserati. Diviene allora essenziale la conquista della direzione del PD per favorire l’esplosione delle contraddizioni all’interno anche delle altre aree politiche e al contempo per rinnovare nelle idee e nei protagonisti la politica italiana. Se il PD diventa una forza del rinnovamento e del cambiamento questo non potrà non avere effetti anche sul resto del panorama politico.

In tal senso, mi sembra che la proposta più innovativa e adatta a scardinare questo sistema berluscoiniano, è quella di Renzi che parte dalla premessa di ridare dignità alla politica e di ricostruire una cultura della legalità e della partecipazione . Si tratta di battere venti anni di rassegnazione e di sconfitte che hanno portato i cittadini ad un cupo clima di sfiducia nel prossimo e quindi nelle istituzioni.
Venti anni che si sono fondati sull’ingiustizia sociale, sulla paura , e sulla precarietà economica che poi diviene precarietà esistenziale.

L’idea di un partito che non sia una chiesa riservata ai soli tesserati, ma un luogo aperto alla società, dove nelle piazze virtuali e non, si discute e decide insieme e non secondo gli interessi di Grillo e Casaleggio è un’effettiva novità. Avere al primo posto il territorio, l’ambiente e la cultura che sono oggi, come ahimé lo erano ieri, le prime voci per un rilancio del paese, è un segno di cambiamento. Creare una cultura dell’accoglienza è un segno di progresso civile e culturale dopo anni di leggi come quella Fini – Bossi che hanno creato un clima di odio e diffidenza. Modificare il mercato del lavoro con l’obiettivo di eliminare la precarietà che è oggi il modo di sfruttare i giovani, anche a rischio di dare meno certezze a chi è ipergarantito da sempre nel suo posto di lavoro, è segno di coraggio e realismo. Rilanciare il sud italia con investimenti mirati e legati alla natura economica e produttiva del territorio, significa avere meno casi ILVA ed avere una maggiore armonia e rispetto con la tradizione culturale di quel territorio.

Avere il coraggio di fare una riforma della scuola coinvolgendo finalmente, tutto il mondo scolastico attraverso i suoi soggetti e interpreti significa avviare una poltica che finalmente ascolti i cittadini e fare una riforma finalmente condivisa. Abolire il Senato ed uniformare all’Europa l’Italia, vuol dire, con l’abolizione delle province e il dimezzamento dei parlamentari, ridurre i costi della politica e dei suoi dannosi privilegi, vuol dire ridimensionare nel modo più corretto la stessa politica rendendola più dinamica e vicina alla società.

La tracciabilità a larga diffusione, riducendo l’uso dei contanti, vuol dire combattere seriamente l’evasione fiscale, prendere il ricavato dell’evasione fiscale per ridurre le tasse a chi le paga e al lavoro vuol dire aiutare le imprese e i consumi. Mettere al centro il merito e colpire le caste che hanno paralizzato con i loro i veti il paese vuol dire dare spazio a concrete liberalizzazioni, avviare un sano mercato della concorrenza, favorire la nascita d’imprese.

Ridurre la burocrazia dando più fiducia ai cittadini significa costruire un paese che ti è amico non un ostacolo alla tua esistenza. Rinnovare la classe politica, dando spazio ai giovani vuol dire svecchiare anche il pensiero politico che è rimasto ferma per venti anni con i risultati che tutti conoscono.

Tuttavia, al sindaco fiorentino deve essere chiaro che dopo venti anni di teatrino mediatico della politica, ai cittadini non basteranno frizzi e lazzi, e se davvero toccherà a lui, bisognerà dare dei segnali subito e forti, altri annunci senza seguito sarebbero insopportabili e imperdonabili.
napolitano-e-i-moniti-di-re-giorgio-su-twitter.jpg

E’ chiaro che, se anche questa volta Renzi non ce la facesse, non ci potrà essere un terzo tentativo. Mi chiedo se ce l’avesse fatta allora, quando vinse lo “smacchiatore” saremmo oggi alle grandi intese? Ci sarebbe ancora Berlusconi? Ci sarebbe ancora Napolitano? Perché la sinistra e non solo devono emanciparsi anche da lui e per due motivi; il primo è che non siamo una repubblica presidenziale e le tante anomalie di questi anni ci portano a dubitare anche di questo dato costituzionale. Il secondo è che la rielezione di Napolitano è l’emblema fallacità dell’attuale classe politica. Avessimo avuto una classe politica diversa a quest’ora Prodi sarebbe presidente e non un pensionato.

L’otto dicembre si facciano questa domanda coloro che, mi auguro numerosi, per il bene della democrazia, andranno a votare nei gazebo del PD per scegliere il nuovo leader.

E al centro?

Bisogna dare atto del coraggio di Letta, nell’accettare di formare un governo di larghe intese, sia pure di servizio, ma ormai ampiamente politico visto le prospettive di arrivare fino ad oltre il semestre di presidenza europea. Coraggio si, perché dopo i disperati tentativi di formare un governo con i grillini, e il flop alle elezioni al Quirinale, non era facile ripartire da Berlusconi. Il grave problema è che finanche la grossa coalizione italiana, che non ha il sapore tedesco, diventa un’anomalia. Il PD bloccato subisce l’agenta del PDL concedendole priorità elettorali come nel caso IMU, là dove, viceversa, era più urgente un taglio del cuneo fiscale e dare respiro al lavoro e alle imprese.

87f77904e083723845b233a0f6bd0d84aa94490d7abcc4256a07da53.jpg

Il coraggio di Alfano, come detto, risulta diluito dalle tecniche di marketing di Berlusconi che alla fine, come visto, ha irretito anche il dissenso al suo interno. Letta non deve temere dal PD, chiunque fosse il suo prossimo segretario, deve temere e molto dalla sua incapacità di sbloccare il paese dal suo attuale tragico impasse.
La legge di stabilità appare insufficiente, è troppo un contentino all’Europa.

Tuttavia, Letta fa bene a mettere in guardia proprio l’Europa contro il pericolo dei populismi antieuropeisti. Se gli europeisti non si svegliano, se non ci sono segnali forti per una costruzione europea più coesa ed attenta ai temi del lavoro e all’unificazione della Banca Centrale sul modello della Federal Reserve, in primavera potremmo risvegliarci con un parlamento europeo in mano ai grillini o i pirati o peggio ostaggio del FN di Marine Le Pen, una follia che pagheremmo a carissimo prezzo.
Nessuno vuole le elezioni ma certo se questo governo non fa cose concrete, il problema si pone ed in quel caso urge cambiare la legge elettorale cosa su cui tornerebbe a tuonare Giorgio Napolitano.

Non abbiamo più molto tempo per annunci e giochini occorrono i fatti, ma occorre anche che uno spirito di responsabilità e di cittadinanza si risvegli negli amareggiati italiani, magari a cominciare proprio dall’otto dicembre.

Nicola Guarino

Article précédentLa creatività e la politica italiana. Idee per la sottoscrizione di un appello al Presidente della Repubblica.
Article suivantTorino Film Festival 2013: I primi film in concorso.
Nicola Guarino
Nicola Guarino, nato ad Avellino nel 1958, ma sin dall’infanzia ha vissuto a Napoli. Giornalista, già collaboratore de L'Unità e della rivista Nord/Sud, avvocato, direttore di festival cinematografici ed esperto di linguaggio cinematografico. Oggi insegna alla Sorbona presso la facoltà di lingua e letteratura, fa parte del dipartimento di filologia romanza presso l'Università di Parigi 12 a Créteil. Attualmente vive a Parigi. E’ socio fondatore di Altritaliani.

1 COMMENTAIRE

  1. Tra primarie e scissioni.
    Prosegue il braccio di ferro tra il governo ucraino e i manifestanti, favorevoli all’accordo di associazione con l’Unione Europea, dopo la massiccia mobilitazione del 1 dicembre a Kiev.
    Antieuropeisti sono coloro che hanno interesse a far uscire dall’UE quei paesi che adesso rappresentano un peso budgettario e non motivo di slancio per l’economia europea.

    Per il sud Italia: non deve essere rilanciato con altri fondi ad hoc, ma dovrebbe passare l’idea che anche al sud fare impresa é possibile atraverso i canali seguiti da tutti e senza favoritismi politici e creazione di casse o fondazioni.

    Inoltre non metterei la mano sul fuoco sul fatto che Berlusconi avrà come alleato la nuova destra alfaniana; alla fine é rimasta al Governo con Letta e cercherà un’alleanza centrista solo qualora i sondaggi non rivelassero una sufficiente forza politica del partito.

    Per il discorso sul merito: propongo un’esame di coscienza collettivo. Noi lo valorizziamo nel nostro piccolo? Lo abbiamo fatto o lo abbiamo respinto per paura che qualcuno possa essere più bravo di noi? Poi possiamo iniziare a parlare di meritocrazia.

LAISSER UN COMMENTAIRE

S'il vous plaît entrez votre commentaire!
S'il vous plaît entrez votre nom ici

La modération des commentaires est activée. Votre commentaire peut prendre un certain temps avant d’apparaître.