La metafora della peste in Camus e Manzoni.

La Peste come l’apocalisse è una formidabile metafora morale del male di stringente attualità. In essa i due grandi romanzieri videro l’ignavia, l’irresponsabile negazione della realtà, l’indifferenza. La peste, un male antico, dal significato estremamente moderno.

Nella collana Classici contemporanei di Bompiani è uscita una nuova traduzione di “La peste” di Camus (1947), un testo celebre e lontano, vivo ed attuale, in cui il presente continua a riconoscersi, da leggere o rileggere quindi.
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Nelle celebrazioni del centenario si è scritto molto su Camus e sulla sua singolare ambiguità non in quanto scrittore scarsamente chiaro o falso, ma in quanto capace di vivere ed interpretare più mondi, Africa e Europa, modernità e tradizione, progresso e regressione. L’ambiguità in una parola che vive nel cuore diviso di ogni uomo. La peste è indubbiamente una metafora ma una metafora morale più che politica. Indica il male, insidioso e subdolo, nascosto e potente, che si rivela quando più sonnecchiosa è l’attenzione, meno vigile lo spirito. Il male che si espande poi ed appare quasi invincibile e che è in agguato costantemente. Il male più terribile quello che si esprime nella storia, a livello collettivo, di massa.

Pensavo allo straordinario parallelismo che esiste tra quest’opera e “I promessi sposi” manzoniani. Anche li’ la peste avviene come per caso nella grande disattenzione di tutti che sottovalutano i primi indizi mentre le autorità preposte addirittura si affannano a negarne la rapida diffusione. Un dato sarebbe importante configurare e individuare, che il morbo si diffonde per contagio ed invece tutti si affrettano a negarlo ed individuare altre cause, alcune profondamente risibili come le stelle con cui se la prende ad esempio, don Ferrante. Egli, come un autentico eroe di operetta, muore prendendosela con le luccicanti abitanti del cielo.

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Ma la più insidiosa forma di negazionismo per la peste manzoniana è l’idea dell’unzione. Ci sono untori che vanno diffondendo il morbo ungendo le porte delle case e gli stessi abitanti. Il giudizio di Manzoni qui si fa severissimo e culmina nello studio “La colonna infame”. Come Camus, Manzoni guarda alla psicologia della diffusione del morbo a livello di massa, ai meccanismi antropologici che scatena. Nella cittadina di provincia, Orano, dove Camus ambienta la sua peste, lentamente addirittura ci si abitua a vivere isolati dal resto del mondo.

Il morbo diviene la normalità ed accade un altro fatto strano, un’altra conseguenza morale, l’indifferenza, il cinismo rispetto all’immane tragedia che pure collettivamente si vive.

I monatti in Manzoni sono l’effetto di tale indifferenza e del cinismo, lo spettacolo degli innocenti coinvolti nella tragedia lo è altrettanto. Si pensi alla pagina elegiaca della morte di Cecilia in Manzoni e della sua indegna sepoltura.

Ma la peste è castigo?
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Sorge questo interrogativo nel sacerdote protagonista del romanzo di Camus, come attraverso padre Cristoforo, nel romanzo manzoniano. La presenza di un motore occulto in Manzoni, la Provvidenza parrebbe dover far giungere a questa conclusione. Anche Camus che rivela la stessa matrice profonda manzoniana, la sua essenza di moralista, dovrebbe propendere per la stessa conclusione. Ma entrambi sono figli di una cultura razionalista, illuminista.

metafora della peste - coronavirus AltritalianiVicino agli storici liberali francesi, Manzoni, ma soprattutto allievo dell’illuminismo lombardo. Espressione di una religione naturalista, classica ma pur essa illuminista, Camus. La peste non può essere considerata castigo, ne’ misericordia come ricorda padre Cristoforo. È sì conseguenza dell’indifferenza, della disattenzione, ma non è un fatto soprannaturale. Le più recenti letture critiche sui due autori lo confermano. Resta il gigantesco pannello del male, la bestia trionfante, il suo mistero, la drammaticità della sua visione.

Entrambi gli scrittori sono forse a livello di letteratura mondiale, i più drammatici interpreti di questa visione apocalittica in cui si configura la cupa presenza del male nella storia, di cui talora la massa è inconsapevole.

Carmelina Sicari

(n.d.r. in rete dal 2013 e aggiornato. “Oggi che il contagio del Coronavirus assume le forme del nostro tempo globale, planetario, nessuno forse come Albert Camus riesce a dirci parole ancora attuali, di verità e di speranza, utili, necessarie a comprenderlo nei suoi molteplici risvolti”, scrive il 24 febbraio 2020 Gianni Zagado sul sito Leggere: tutti).

LINK INTERNO:
La peste nel capolavoro di Manzoni, una rilettura attuale e illuminante di Paolo Di Paolo (9 marzo 2020)
https://altritaliani.net/la-peste-nel-capolavoro-di-manzoni-una-rilettura-attuale-e-illuminante-di-paolo-di-paolo/

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Carmelina Sicari
Carmelina Sicari è stata Dirigente Scolastico del Liceo Classico di Melito Porto Salvo e dell'Istituto Magistrale di Reggio Calabria. Si occupa da tempo di letteratura contemporanea e di semiotica con opere su Pirandello e sull'Ariosto. Ha collaborato a molte riviste letterarie tra cui Studium, Persona, Dialoghi… Ha all'attivo numerose pubblicazioni su La canzone d'Aspromonte, Leopardi e il Novecento letterario. Continua a sostenere nel presente il Movimento culturale Nuovo Umanesimo di Reggio Calabria di cui è stata ideatrice.

1 COMMENTAIRE

  1. La metafora della peste in Camus e Manzoni.
    Bellissima recensione. Bellissimo il parallelo tra Camus e Manzoni, due geni assoluti.Finalmente poi una recensione in cui non si dice che La Peste è una metafora del nazismo! Metafora questa facilona, ripetuta pappagallescamente fino alla noia, che svilisce e banalizza l’opera. Giustamente l’autrice scrive che La Peste è si metafora ma metafora morale, non politica! Complimenti.

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