Il governo Letta è finito.

Dopo l’affaire Kazakistan, il governo Letta è di fatto finito. Anche se Napolitano insiste chiedendo un inutile sacrificio al PD, è del tutto evidente che seppure, come è più che possibile, Berlusconi sarà assolto il trenta luglio, dopo il nulla di questi mesi e il discredito infinito, specie in politica estera, finita l’estate Letta tra le primarie PD, l’elezioni in Germania e i nodi di programma che vengono al pettine, potrebbe rassegnare le dimissioni.

E’ del tutto evidente che il governo Letta è finito. Solo la caparbietà generosa, quanto inutile, del Capo dello Stato ha impedito che la crisi si consumasse prima delle ferie estive e della temuta data del 30 Luglio, quando la Corte di Cassazione deciderà il futuro giudiziario e politico di Silvio Berlusconi.

Il superamento del limite sopportabile per questo controverso governo si è avuto con l’affare Kazakistan e le sue tragiche ricadute sulla vita della signora Alma Shalabayeva (moglie del dissidente Ablyazov) e della sua bambina di sei anni, sequestrate in un operazione di servizi segreti e polizia (50 uomini) e ricondotte contro il loro volere dal dittatore kazako da cui sarà ora ben difficile fuggire, è solo l’ennesima prova dell’inconsistenza internazionale del nostro paese che dopo lo smacco dei due maro’ prigionieri in India, le figuracce nell’affare Abu Omar dove anche in quel caso le autorità italiane si fecero complici dei servizi segreti allora americani, e dove in queste ore arrestato a Panama uno dei condannati dalla giustizia italiana è stato da quelle autorità affidata alle “sicure mani’ del governo americano che certo non verrà a consegnarcelo. Un’operazione quella kazaka dove nella migliore delle ipotesi gli apparati di sicurezza italiani e il ministero degli esteri e degli interni hanno dimostrata un’ignavia terribile finendo per essere comandate dall’ambasciatore kazako che ha disposto e deciso come meglio credeva in casa nostra senza trovare alcuna opposizione.

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Ma la fine del governo del “rinvio” ha motivi anche interni. Ad oggi questo governo non ha prodotto nulla. A voler essere cattivi ha prodotto le dimissioni della Idem per motivi francamente meno eclatanti di quelli che avrebbero dovuto indurre alle dimissioni dei ministri Alfano e Bonino, un ritorno delle auto blu e delle consulenze inutili che il governo Monti aveva abolito e che ora nel silenzio generale sono rientrate con emendamenti bipartisan del PD e del PDL. Poi rinvii. Sull’IMU, sull’IVA, sull’acquisto dei caccia F35. Il tutto mentre grazie a Monti e non certo al governo Letta l’Italia ha incassato l’uscita dalla procedura d’infrazione a cui il governo Berlusconi l’aveva costretto. Il tutto in un contesto economico e sociale spaventoso la cui descrizione appare a tutti (ad eccezione del governo) finanche pleonastico da ripetere.

L’inconsistenza governativa appare inspiegabile se è vero come è vero che tutti i cittadini italiani ormai conoscono i temini del disastro che è in atto in Italia. Su questa inconsistenza e sul perché del fallimento delle larghe intese, bisogna domandarsi e cercare risposte. Francamente non basta nemmeno prendersela con quell’armata Brancaleone che si è rivelato essere il movimento di Grillo.

Nel momento in cui i due nemici della seconda repubblica PD e PDL si erano decisi per il governo alla “tedesca”, bisognava portare avanti con decisione un programma in pochi punti per poi giungere con un’adeguata legge elettorale e a nuove e decisive elezioni.

Viceversa, questo governo ha tradito (ancora una volta) le aspettative di Napolitano diventando un gioco al ricatto reciproco, fatto di veti e rinvii continui, dove ciascuna delle parti principali ha i suoi motivi personali o politici per tirare avanti la baracca senza fare nulla di congruo per la nostra agonizzante Italia.

Prima di approfondire su queste vergogne che la foglia di fico governo nasconde, s’impone una premessa che secondo me è decisiva nel spiegare il perché di questo rovinoso fallimento.

Il PD è l’unico partito che mantiene una struttura solida e non liquida. Il PD ha molte anime (qualcuno dice anche troppe) ha una sua struttura organizzativa operativa con tanto di sezioni e direzioni. Ha le sue regole e le sue primarie con cui sono scelti candidati, candidati premier e il segretario. Viceversa il PDL come il M5S è un partito liquido, retto da una sorta di monarca. Non ha congressi, non ha concreti ed effettivi organismi decisionali. Decide il padrone e come le sorti di Fini e Casini dimostrano chi si oppone al padrone ha solo una possibilità, andare via.

Naturalmente un partito democratico di fatto oltre che di nome oltre ad un’etica è necessariamente legato a delle regole formali. Il PDL non ha un’etica che non sia asservita agli interessi personali ed economici del suo leader. Ecco che aldilà delle differenze ideologiche, che spesso non sono più cosi lancinati come in altri periodi storici della nostra repubblica, le vere differenze sono di sistema.

Da una parte c’è un partito (il PD) che magari a volte razzola male ma che ha sempre una sua rigorosa etica e un suo sitema di regole e consuetudini, dall’altro lato un partito privo di un’etica o meglio dalla etica estremamente volatile (per cui un giorno si fa il Family day ed un altro si giustifica il bunga-bunga). Il PDL è un partito creato in funzione del suo creatore ovvero Berlusconi, tutti i suoi uomini e donne (anche quelli più riottosi) di fatto operano come impiegati del padrone.

E’ evidente che, in un governo cosi, chi rischia di più è chi ha a cuore l’etica, perché quell’etica e le regole sono il cemento che tiene uniti i suoi militanti, i suoi elettori ed ogni cedimento etico in favore di un giocatore senza scrupoli che muove le sue pedine senza regole a proprio esclusivo piacimento, determina una perdita del consenso verso il PD.

Adesso siamo all’incredibile che dopo l’affare kazako, il presidente Letta deve dare fondo a tutta la sua origine democristiana per arrivare a difendere a spada tratta il ministro Alfano da una condotta che finanche l’ONU ha duramente censurato.

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E qui arriviamo alla foglia di fico che cela l’oscena malapolitica italiana. Perché viene mantenuto in vita un governo cosi inutile, improduttivo e come visto finanche dannoso e non si va piuttosto a fare una legge elettorale nuova che probabilmente troverebbe i numeri parlamentari per essere approvata e giungere cosi a nuove elezioni?

La realtà è che in questo governo si sono saldati due interessi, uno padronale e l’altro generazionale. Quello padronale è di Berlusconi che vede stringersi la questione giudiziaria intorno a se e quindi punta sul dramma italiano per cercare di bloccare la giustizia nel nome del supremo interesse nazionale ad uscira dalla crisi. Senza nessuna etica il PDL fa capire a chiare lettere che se il 30 Luglio Berlusconi avrà una condanna definitiva che l’escluderà dalla politica il governo cadrà. Una posizione che dovrebbe suscitare l’indignazione e la rabbia popolare di piazza in un paese che fosse appena, appena più educato alla partecipazione e alla democrazia.

Ma venti anni di seconda repubblica e di berlusconismo hanno portato gran parte degli italiani alla perdita del comune senso civico oltre che a quello del pudore.
Forse non è un caso che a decidere nella Cassazione su Berlusconi sarà un collegio dove non vi è nessun magistrato orientato a sinistra e addirittura il presidente di quel collegio fu nominato grazie ai voti dei membri laici del PDL, ecco perché sono abbastanza convinto che Berlusconi avrà una sentenza decisamente favorevole senza neanche il bisogno d’impossibili (voglio sperare) intercessioni addirittura del Capo di Stato.

Normalmente, Letta al solo paventarsi di questa minaccia avrebbe dovuto recarsi al Quirinale e rimettere il mandato. Finanche con il “porcellun” con tutta probabilità il PD avrebbe stravinto le elezioni e si sarebbe finito di mantenere in vita Berlusconi e il suo sistema.

E’ il senso di responsabilità invocato da Giorgio Napolitano che impedisce tutto cio’?

No! Anche il PD ha le sue vergogne e qui esce fuori la seconda questione, quella generazionale. A prescindere dalle famose diverse anime del PD, la realtà è che in quel partito è in corso una feroce battaglia tra innovatori e conservatori (del loro potere politico e dei loro privileggi) o meglio letteralmente tra “giovani” e “vecchi”. Sia chiaro che ad esempio i giovani turchi e i renziani sono giovani sia pure con posizioni diverse, ma la Bindi, Bersani, Franceschini, Finocchiaro, D’Alema, Fioroni, e tanti altri inclusi i loro discepoli messi in ruoli chiave a fare la parte dei “giovani”, sono stati i coprotagonisti della ventennale stagione berlusconiana e non sono disposti a cedere i loro ruoli per far voltare pagina alla politica.

Una miscela esplosiva di ex democristiani e comunisti, che usano il paravento dell’etica e delle regole (sempre da modificare ad usum delphini) per favorire la loro permanenza. Dei coprotagonisti che nel gioco dei ruoli con Berlusconi, sono stati come l’eterno avvocato sconfitto da Parry Meson che ad ogni episodio si ripresentava sempre fresco e pronto a perdere.

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Tuttavia, quell’avvocato, come il PD aveva i suoi privileggi, la sua audience e quindi viveva perché l’eterno vincitore Mason viveva.

Non è dunque uno scontro ideologico o meglio non è solo uno scontro ideologico ma di interessi interni al partito. La vecchia nomenclatura di cui non puo’ essere escluso il giovane Letta, da tempo figura di primo piano nella diplomazia del PD ed oggi finanche capo del governo, non sono disposti al necessario rinnovamento invocato anche da alcuni come Veltroni, “autorottamatosi” per il bene del partito.

Ed ecco che dopo il fallimento dello smacchiatore Bersani, imposto con delle primarie che furono sostanzialmente pilotate, al posto del rinnovatore Renzi come anti Berlusconi con l’esito rovinoso a cui si è assistito, la vecchia nomenclatura non doma, ci riprova a far perdere la sinistra, cercando di tenere in vita un governo impopolare ed inutile anche a costo di difendere il cavaliere. Nel frattempo si cerca di modificare le regole per le primarie per trovare l’escamotage che impedisca, ancora una volta, la democratica vittoria del sindaco di Firenze.

Ecco, allora che chiudere con il governo delle larghe imprese,uscendo dalla sudditanza verso il PDL, dove Berlusconi con la sua abilità sfrutta a pieno la questione interna al PD, vorrebbe dire non poter più prorogare oltre il teatrino politico di questi venti anni, dare spazio a nuovi interpreti. Accettare un viale del tramonto che i pirandelliani personaggi della stagione della seconda repubblica non sono pronti ad accettare.

Normalità vorrebbe che ci fosse una consapevole presa d’atto, che si passasse ad una nuova legge elettorale e si avviasse finalmente una nuova stagione politica e culturale per l’Italia.

Ma la normalità si sa non è di questo mondo.

Nicola Guarino

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Nicola Guarino
Nicola Guarino, nato ad Avellino nel 1958, ma sin dall’infanzia ha vissuto a Napoli. Giornalista, già collaboratore de L'Unità e della rivista Nord/Sud, avvocato, direttore di festival cinematografici ed esperto di linguaggio cinematografico. Oggi insegna alla Sorbona presso la facoltà di lingua e letteratura, fa parte del dipartimento di filologia romanza presso l'Università di Parigi 12 a Créteil. Attualmente vive a Parigi. E’ socio fondatore di Altritaliani.

1 COMMENTAIRE

  1. Il governo Letta è finito. lo penso anch’io.
    condivido le considerazioni dell’autore. oltre che inconcludente,questo governo ha aumentato il deficit etico del periodo berlusconiano,cosa che sembrava ardua.
    Il caso kasako,il caso della mancata estradizione panamense e prima la grazia concessa da Napolitano ad uno dei piu importanti condanati nel processo Abu Omar ha abbassato anche il livello di indipendenza minima dello stato italiano verso pressioni e convenienze estere.
    La cd.ragion di stato che finisce poi per confondersi con gLi interessi personali e di gruppi economici nel caso kasako,viene elevata a criterio di scelta ai piu bassi livelli di sopportabilita. un indizio era stato gia fornito,credo,dalla vicenda. delle telefonate tra Mancino e Napolitano,che in un rapporto sano avrebbero dovuto non effettuarsi o non essere quantomeno ricevute ed volta intercorse non certo celate e distrutte. Non puo essere una consolazione che anche in altri stati avvengano e siano avvenute cose simili. La struttura del nostro stato e la coscienza civica sono troppo giovani e fragili e non possiamo permettercelo,eticamente e politicamente,piu ancora di altri.

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