Francesco e il Creato.

Ieri il laico Giorgio La Pira come oggi Papa Bergoglio. La difesa dell’uomo e dell’ambiente, in un mondo minacciato dall’inquinamento e da un capitalismo senza scrupoli, in Cina come nell’occidente. Da qui si puo’ capire l’attualità del nome Francesco nell’apostolato in difesa della pace e del Creato dopo otto secoli ritorna l’esempio del fraticello d’Assisi.

Quel “buonasera” pronunciato dalla Loggia del Palazzo pontificio da Jorge Mario Bergoglio, la sera dell’elezione, fa subito presa sull’affollatissima piazza in attesa, una presentazione al mondo senza fronzoli e che nei giorni successivi avrebbe dato la chiara sensazione che il nuovo successore di Pietro non avrebbe lesinato il ripristino della perduta dignità degli ultimi, quelli abbandonati al proprio destino negli angoli più sparuti della Terra.

Una scelta di cammino apparsa straordinaria, ma altro non era che il ritorno al Vangelo per ridare dignità all’Uomo, l’entità voluta ad ogni costo dal Padre per rendere meno solitario il suo Eden.

La Storia ha inizio proprio lì, su quella spianata stupenda dove, tra acque cristalline e giardini pensili, la creatura divina poteva godere lo scenario unico approntato dal Padre. Poi l’atto di arroganza, il volere a tutti i costi una conoscenza che non era alla sua portata fino all’espulsione prima di essere trasferito su di un altro giardino non privilegiato come quello iniziale, ma comunque incontaminato che andava custodito anch’esso a tutti i costi.

Era un tempo dove l’uomo non rappresentava un numero, un tempo nel quale ha saputo lasciare anche segni del suo estro e dell’incomparabile ingegno.
Ma poi qualcosa è cambiato, qualcosa è sfuggito di mano alla creatura voluta da Dio, incapace di soppesare adeguatamente le conseguenze del suo folle operato.
La deriva del giardino incantato con il grave rischio di poterlo recuperare. Da qui l’appello pressante ed immediato di Papa Bergoglio.

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Custodire l’intero creato, la bellezza del Creato, avere rispetto per ogni creatura di Dio e per l’ambiente in cui viviamo.

E’ un brano stralciato dal discorso d’inizio pontificato di Papa Bergoglio. In queste poche parole è raccolta la rivoluzione del Papa delle periferie, uomo prima che sacerdote e vicario di Cristo, che ha toccato con mano la miseria dei derelitti delle periferie di Buenos Aires, la stessa miseria dei poveri di madre Teresa tra Nuova Delhi e Calcutta, di quelli di Rio de Janeiro, della Grande Mela, delle banlieu parigine, di quelle del Belpaese (da Genova Begato a Bari San Paolo, da Catania Librino a Palermo Zen, da Napoli Scampia a Firenze Isolotto-Torri Cintola, da Bologna Navile a Torino Barrierra di Milano) la stessa miseria di tutti quelli degli angoli più reconditi e sperduti della terra dove fame, traffici illeciti, soprusi e violenza la fanno da padrone.
Il rispetto di queste creature sofferenti chiede Papa Francesco, ma chiede soprattutto il rispetto per il contesto nel quale queste creature, e l’intero genere umano, conducono l’esistenza.

Ma qual’è lo stato di salute del pianeta?

Gli ultimi bollettini sono allarmanti, una vera e propria guerra guerreggiata, dove pare che nessuno voglia farsene carico, soprattutto le grandi potenze che sono la causa di un disastro ambientale annunciato e senza pari.

Com’è grigia Pechino, ora la metropoli si svuota, ha titolato giorni fa sulle pagine di “La Repubblica” una corrispondenza dalla capitale cinese di Giampaolo Visetti, il quale ha spiegato come smog e prezzi alle stelle costringono la gente ad abbandonare la città simbolo del sogno cinese e come per il partito comunista che sulla trasformazione del Paese da rurale a urbano si è giocato tutto, suoni l’allarme perchè smog, traffico, insicurezza alimentare, prezzi alle stelle, lavoro precario, welfare non garantito, spazi ricreativi assenti e censura di internet spingano molti a ritornare nei villaggi di origine con il governo che promette di correre ai ripari per contrastare quella che è diventata la grande malattia delle megalopoli.

Certo che la Cina di Visetti non è quella di Michele Tito che agli inizi degli anni Settanta, primo corrispondente occidentale ad essere ricevuto da Ciu-En-lai dopo il disgelo, inviava servizi da Pechino che ci raccontavano proprio la corsa all’industrializzazione del gigante asiatico, abbandonato all’improvviso dall’Unione Sovietica, un paese che viveva il fenomeno opposto a quello attuale, l’urbanizzazione, la corsa dalla campagna verso la città.

La condizione delle altre megalopoli non è diversa da quella che vive oggi Pechino, ma la salvaguardia del Creato invocata da Papa Francesco si allarga ed investe gli oceani diventati sversatoi immondi, i terreni coltivati ricettacoli di veleni, le foreste con l’Amazzonia in prima fila ridotte ad immense spianate fino all’incapacità di smaltimento dei rifiuti, la mancanza di acqua in molti paesi soprattutto dell’Africa, ed ancora fertilizzanti, mangimi dannosi, ricerca senza sosta di petrolio con la corsa affannosa verso energie alternative molte volte indirizzate ad un solo fine: il guadagno e l’arricchimento illecito fine a se stesso.

E come se non bastasse c’è la ciliegina sulla torta.

Lo scioglimento dei ghiacciai causa l’innalzamento a dismisura della temperatura.

Lo scenario futuro di questo passo lo affido alla vivace immaginazione di quanti credono ancora alla salvezza ed salvaguardia del Pianeta.
Sarà possibile dare speranza all’appello del Pontefice?

Sicuramente, ma alla condizione che tutti, nessuno escluso, siano disponibili al passo indietro di fronte ad interessi egoistici, a cominciare proprio dai grandi inquinatori del Creato.

Mi sarà consentito però di avanzare qualche dubbio.

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L’appello di Papa Bergoglio mi riporta alla mente quello di un grande giurista e politico, l’ex sindaco di Firenze Giorgio La Pira, il quale dall’alto del suo magistero morale non esitava a fustigare i potenti della Terra, invitandoli attorno ad un tavolo a Palazzo Vecchio per porre rimedio ai guasti procurati ed attivarsi affinchè la pace diventasse necessità fondante di ogni autentica democrazia. Storica la sua visita in Viet-nam per evitare l’ennesima guerra all’umanità.

Un gigante della Storia la cui dipartita a Firenze fu motivo di rimpianto dai suoi avversari più che degli amici.

Recuperare i guasti mi sembra impresa non facile perchè oltretutto occorre un lungo cammino.

Bisogna crederci, perchè l’alternativa ci conduce solo ad una lenta ed inarrestabile autodistruzione ad ogni buon conto delle smart city e della loro sensibilità.
Una vera rivoluzione questa di Papa Francesco, una tutela del Creato invocata otto secoli fa da un suo omonimo, il poverello d’Assisi che proprio come lui aveva scelto ad imperativo la tutela dei meno abbienti e del Creato.

Sembra essere questa la sostanza dell’appello di Papa Francesco pena la definitiva caduta di sipario sull’intrigante e suadente canto del neonato universo.

(nella foto in basso Giorgio La Pira)

Raffaele Bussi

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Raffaele Bussi
Raffaele Bussi è nato a Castellammare di Stabia. Giornalista, scrittore e saggista, collabora con importanti quotidiani e periodici nazionali. Ha collaborato a "Nord e Sud", "Ragionamenti", e successivamente a "Meridione. Sud e Nord del Mondo", rivista fondata e diretta da Guido D'Agostino. E' stato direttore editoriale della rivista "Artepresente". Collabora al portale parigino "Altritaliani" e alla rivista "La Civiltà Cattolica". Ha pubblicato "L'Utopia possibile", Vite di Striscio", "Il fotografo e la Città", "Il Signore in bianco", "Santuari", "Le lune del Tirreno", "I picari di Maffeo" (Premio Capri 2013 per la critica letteraria), "All'ombra dell'isola azzurra", romanzo tradotto in lingua russa per i tipi dell'editore Aleteya, "Ulisse e il cappellaio cieco" (2019). Per Marcianum Press ha pubblicato: "Michele T. (2020, Premio Sele d'Oro Mezzoggiorno), "Chaos" (2021), "L'estasi di Chiara" (2022), "Servi e Satrapi" (2023).

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