Siamo carne e sangue di Tiziano: Mostra alle Scuderie del Quirinale di Roma

Alle Scuderie del Quirinale di Roma, una grande esposizione tutta dedicata al talento di Tiziano (1485-1575) ripercorre fino al 16 giugno i sessant’anni della sua evoluzione umana e pittorica. Più di un semplice omaggio all’artista, questa mostra, dopo quelle dedicate in questi ultimi anni dallo stesso museo a Giovanni Bellini, Lorenzo Lotto e Tintoretto, conclude idealmente un ampio progetto di rilettura della pittura veneziana e dei protagonisti della rivoluzione pittorica moderna. Non a caso Delacroix dirà di lui: “Siamo tutti carne e sangue di Tiziano” [[Dichiarazione di E. Delacroix in M. Cesa-Bianchi, G. Cesa-Bianchi, C. Cristini, Tra il vivere e il morire: l’ultima creatività; in I processi creativi, artistici e letterari. Atti del Convegno internazionale di psicologia, a cura di A. Fusco e R. Tomassoni, Franco Angeli Editore, Milano 2007, p. 193.]]

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Parigi, 1864: Alexandre Dumas viene chiamato in qualità di critico d’arte e di amico a presenziare l’Esposizione organizzata da Fantin-Latour in onore di Eugène Delacroix, morto un anno prima. Presso la Società Nazionale delle Belle Arti di Parigi, Dumas tiene una conferenza, le cui riflessioni sono la misura dell’apprezzamento viscerale e commosso dell’artista e dell’uomo scomparso, suo amico. Le osservazioni di carattere tecnico e stilistico evidenziano l’energia pittorica e temperamentale del pittore che è ormai considerato un genio; non mancano intermezzi di ricordi personali, che il relatore restituisce pressoché alla lettera.

«- Delacroix mi chiese, a venticinque anni di distanza dal mio primo viaggio a Roma:

– Devo visitare l’Italia?

– Mai, gli risposi, o se ci andate, osservate solo Tiziano, Paolo Veronese, Michelangelo e il Tintoretto»[A. Dumas, Causerie sur Eugène Delacroix et ses oeuvres faite par Alexandre Dumas le 10 décembre 1864 dans la salle d’exposition des oeuvres d’Eugène Delacroix, traduzione a cura di E. La Cecilia, in FO.S.C.A. Fonti per la storia della critica d’arte, [http://www.fosca.unige.it Lo stesso Fantin-Latour realizzò una tela che fotografò l’evento e i suoi protagonisti.
L’evento cui partecipò Dumas è stato ricordato in una bella mostra organizzata dal Musée National Eugène Delacroix e conclusasi un anno fa, dal titolo Fantin-Latour, Manet, Baudelaire: hommage à Delacroix, catalogo Le Passage-Editions.]].

Tiziano, Autoritratto 1565 ca, Madrid, Museo Nacional de Prado

Evidentemente il pittore aveva seguito il consiglio alla lettera, riconoscendo in particolare nel grande cadorino il suo maestro putativo e ponendosi fra i suoi eredi, come lo stesso Dumas sottolineava. Non dovette essere il solo. Non in senso stretto ovviamente, ma pensiamo a quanto accadeva a quei tempi: l’anno della sua morte seguiva quello del grande Salon des Refusés, che ospitò Le déjeuner sur l’herbe di Manet; erano gli anni in cui gli Impressionisti facevano il loro ingresso nella storia dell’arte, affermando la dittatura del colore sul disegno, con la stessa veemenza e fiducia con cui Marx aveva annunciato quella del proletariato sulla borghesia: come una liberazione, un’insurrezione definitiva alle accademie; sarebbe seguita la battaglia per la pennellata libera, il gesto espressivo, per la materia cromatica che raggiunge la tela scavalcando la distanza del pennello, per essere apposta direttamente con le dita. Pensare che tanta rivoluzione fu per la prima volta nelle mani di un artista amico di sovrani e di papi! Incredibile? Eppure, si potrebbero costruire innumerevoli ponti ideali tra la pittura di Tiziano e, per esempio, la pittura informale o l’action painting; e la prova venne non dalle elucubrazioni cerebrali di qualche critico moderno, ma da coloro che la pittura di Tiziano videro direttamente nel suo farsi, o a una distanza di tempo ancora generosa verso la freschezza dei pigmenti.

Tiziano, Flora, 1517, Firenze, Galleria degli Uffizi

Ecco, infatti, quello che scriveva Marco Boschini, pittore ed incisore del XVII secolo: «Mi diceva Giacomo Palma il Giovane (…) che pure anco ebbe fortuna di godere de gli eruditi precetti di Tiziano, che questo abbassava i quadri con una tal massa di Colori, che servivano (come dire) per far letto, o base alle espressioni, che sopra poi li doveva fabricare; e ne ho veduti anch’io de colpi risoluti, con pennellate massicce di colori, alle volte d’un striscio di terra rossa schietta (…): altre volte, con una pennellata di biacca, con lo stesso pennello, tinto di rosso, di nero, e di giallo, formava il rilievo d’un chiaro, e (…) faceva comparire in quattro pennellate la promessa d’una rara figura»; e ancora «ma il condimento de gli ultimi ritocchi era andar di quando, in quando unendo con sfregazzi delle dita ne gli estremi de chiari, avicinandosi a le mezze tinte, ed unendo una tinta con l’altra; altre volte con un striscio delle dita pure poneva un colpo d’oscuro in qualche angolo, per rinforzarlo, oltre qualche striscio di rossetto, qualche gocciola di sangue, che invigoriva alcun sentimento superficiale (…). Ed il Palma mi attestava per verità, che nei finimenti dipingeva più con le dita, che con pennelli»[[M. Boschini, Le ricche minere de la pittura veneziana, Venezia 1674, pp. 36-37.

In http://archive.org/details/lericcheminerede00bosc]].

Visitata in questa prospettiva, la mostra su Tiziano che si è appena aperta alle Scuderie del Quirinale di Roma è qualcosa di più che un semplice omaggio all’artista. Essa conclude idealmente il ciclo di esposizioni che nello stesso museo, partendo con Antonello da Messina, attraverso Bellini, Lotto e Tintoretto, ha portato in questi ultimi anni la pittura veneziana sulla ribalta romana, dando così sia agli esperti che ai più semplici cultori d’arte la possibilità di confrontare da vicino le massime espressioni del disegno michelangiolesco custodite nella capitale, ai frutti migliori del tonalismo nato in laguna, per scoprire che tra le due impostazioni – così palesemente differenti, quando non contrastanti – ci sono state molteplici occasioni di contatto.

Soprattutto, questa monografica – distante oltre vent’anni dall’ultima, svoltasi a Palazzo Ducale[[Si tratta della grande esposizione organizzata dalla Soprintentenza per i Beni Artistici e Storici di Venezia e laguna, in collaborazione con il Comune di Venezia, poi esportata alla National Gallery di Washington; essa seguiva la prima esemplare retrospettiva apertasi a Ca’ Pesaro nel 1935, di cui fu mirabile organizzatore e protagonista Nino Barbantini.]] – è l’occasione per ripercorrere la storia della pittura cinquecentesca attraverso colui che, come afferma il curatore, Giovanni C.F. Villa, può essere definito il primo vero grande artista europeo; è la scoperta dello spessore culturale di un secolo, il XVI, che possedette e propose esempi di modernità (nell’arte e nelle riflessioni teoriche), cui siamo tuttora debitori e la cui valenza è ancora attuale; è la constatazione dell’affermazione e del pregio di un modello di artista pragmatico che, lungi dallo sminuire la portata del genio, lo incastona nella società al pari di altre figure utili, attive e “funzionali”. Infine, è la rivelazione di quanto, nelle attività che coinvolgono il fare/pensare, il demone della ricerca possa essere più forte di quello dell’avidità e dell’affermazione personali: per quel personaggio proteiforme che fu Tiziano Vecellio, in grado di creare una bottega d’arte che lavorava incessantemente e sistematicamente per tutte le corti d’Europa, sfornando capolavori su cui il maestro non apportava contributi sostanziali se non in rarissimi casi, la facoltà di limitarsi ad amministrare una fama consolidata fu sempre a portata di mano; invece, la sua sete di sperimentazione non fu mai placata, la sua capacità di innovazione mai spenta, sino agli ultimissimi giorni di attività, quando ormai dipingeva servendosi di mezzi volutamente sempre più limitati, raggiungendo risultati stupefacenti.

Tiziano, Il concerto, 1510 ca, Firenze, Galleria Palatina di Palazzo Pitti

Affinché al visitatore delle Scuderie sia assicurata un’esperienza il più completa possibile di tutti questi aspetti, i curatori hanno operato scelte sapienti. Innanzi tutto, l’impronta coloristica e luministica della pittura veneta è ribadita anche nell’allestimento: gli allogamenti delle grandi pale d’altare restituiscono l’impressione e le distanze delle collocazioni originali e si accordano cromaticamente con i dipinti, seguendo in quest’ultimo aspetto una delle scelte tecniche del Tiziano giovane. La selezione delle opere da esporre (circa quaranta in tutto) è stata condotta su criteri di totale certezza attributiva, per narrare l’intero arco dei sessant’anni di attività del pittore. Si riconoscono pertanto gli esordi veneziani nelle botteghe dei Bellini e a fianco di Giorgione, fino al periodo della prima attività autonoma in seno alla Serenissima, quando il pittore, già assai richiesto, conquista una senseria quasi sottraendola al vecchio maestro; sono anni caratterizzati dal superamento degli insegnamenti dei veneti di prima maniera, che gli permette di assimilare e restituire originalmente quanto accadeva nella pittura dell’Italia centrale: le linee costruttive di Raffaello e di Michelangelo, il mondo classico ma anche il tratto tagliente ed elegante di Dürer, si fondono alla sua appassionata libertà coloristica, per creare capolavori come La Madonna con il Bambino e i santi Caterina d’Alessandria e Domenico con il donatore (1513-1514; Mamiano di Traversetolo, Fondazione Magnani Rocca), ma infine e soprattutto l’Assunta (1518; Venezia, Basilica di S. Maria Gloriosa dei Frari, non presente in mostra), che veramente consacra l’affermazione del maestro anche oltre i confini della Repubblica.

Procedendo nelle sale e nella carriera del Vecellio, è possibile cogliere un passaggio importante in quadri di notevole forza comunicativa; si fanno più frequenti gli straordinari ritratti, mentre le pitture di storia distendono le loro narrazioni in disciplinati sistemi di coordinate, contenenti però alcune piccole scene di natura morta o di genere, autonome e di grande impatto visivo: quasi pause d’osservazione e d’amore per la pittura in sé, ritagliate nei tempi serrati dell’esecuzione su committenza. Così appare, per esempio, l’elmo lucente in primo piano nella Resurrezione di Cristo (1542-1544; Urbino, Galleria Nazionale delle Marche).

Tiziano, Ritratto di Paolo III Farnese, 1543, Museo Nazionale di Capodimonte, Napoli

Mentre di fronte al fenomenale Ritratto di Paolo III senza camauro (1543; Napoli, Museo di Capodimonte), non si può fare a meno di rimanere rapiti, trattenuti dalla qualità tattile dei colori e dallo sguardo intenso del protagonista, dalla sua mano ossuta e perentoria, entrambi sporti verso l’osservatore e con esso dialoganti, forse con la voce stessa dell’artista, che traspare in autoritratto dietro il volto del pontefice.

Sospinti verso l’uscita, si giunge all’ultima maniera di Tiziano, quel periodo pittorico che Vasari descriveva con queste parole: «Ma è ben vero che il modo di fare che tenne in queste ultime è assai diferente dal fare suo da giovane. Conciò sia che le prime son condotte con una certa finezza e diligenza incredibile e da essere vedute da presso e da lontano, e queste ultime, condotte di colpi, tirate via di grosso e con macchie, di maniera che da presso non si possono vedere e di lontano appariscono perfette; e questo modo è stato cagione che molti, volendo in ciò immitare e mostrare di fare il pratico, hanno fatto di goffe pitture, e ciò adiviene perché se bene a molti pare che elle siano fatte senza fatica, non è così il vero e s’ingannano, perché si conosce che sono rifatte e che si è ritornato loro addosso con i colori tante volte, che la fatica vi si vede. E questo modo sì fatto è giudizioso, bello e stupendo, perché fa parere vive le pitture e fatte con grande arte, nascondendo le fatiche»
[[G. Vasari, Le vite de’ più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da Cimabue insino a’ tempi nostri (1568), Newton Compton Editori, Roma 1997;
http://it.wikisource.org/wiki/Le_vite_de’_pi%C3%B9_eccellenti_pittori,_scultori_e_architettori_(1568)/Tiziano_da_Cador]]. Nelle ultime tele, in effetti, l’impasto cromatico è sottoposto ad una lavorazione che ha ben poco in comune con la tradizione e con la finitezza dei contemporanei del Vecellio: sulle superfici scoppiano barbagli luminescenti che non hanno alcun rapporto con le necessità luministiche della scena, a una «curiosa armonia di tinte discordanti»[[E. Panofsky, Tiziano. Problemi di iconografia, Marsilio,Venezia 2009 (4), p. 25.]] fanno da contrappunto composizioni quasi monocrome, governate da una voluta essenzialità di terre, di bruni, di grigi: l’ultimo Tiziano è veramente il maestro dei moderni.

Tiziano, Martirio di San Lorenzo, 1547, Venezia, Chiesa dei Gesuiti – Santa Maria Assunta

Per questioni logistiche, le opere della media e tarda maturità aprono e chiudono la mostra; la grande pala del Martirio di San Lorenzo (1547, Venezia, Chiesa dei Gesuiti – Santa Maria Assunta), iniziata dopo il ritorno da Roma (dove si reca a lavorare per Paolo III e ha occasione di visitare le antichità cittadine in compagnia di Giorgio Vasari), e prima della partenza per Augsburg (chiamato da Carlo V, che lo vuole al suo fianco durante i lavori della Dieta Imperiale, durante la quale si affronterà la questione luterana), è un’allucinante visione notturna[[Così nell’appassionata descrizione che ne fa A. Venturi, Storia dell’arte italiana, IX-3, La pittura del Cinquecento, Milano 1928.]], dove rivoli di colore infuocato sembrano ricadere sulle spalle dello spettatore che gli s’appressi; la lavorazione, di grande forza materica e tattile, che riunisce e definisce le forme solo alla distanza, da vicino è tutta un movimento di mani, di pennelli, di spatole. Nella Punizione di Marsia (1570-1576; Kroměříž, Státní zámek, Castello arcivescovile, Olomouc Museum of Art), è possibile riscontrare un procedimento tecnico simile a un “non-finito”, che restituisce commozione, orrore ma anche quesiti e perplessità, sia sulla genesi che sul significato definitivo dell’opera, quasi sicuramente frutto di riflessioni filosofiche che interpretavano modernamente il mito del sileno scorticato dal dio, forse come la storia di chi aveva preteso si sottrarre l’armonia, ossia il Kosmos, al dominio del sacro e veniva perciò privato della pelle, della forma: naufragando in un miscuglio di colori[[Rubo la convincente espressione, modificandola, a A. Castoldi, In carenza di senso. Logiche dell’immaginario, Pearson Italia, Milano-Torino 2012.]].

Tiziano, Punizione di Marsia ,1570-1576, Kroměříž, Státní zámek, Castello arcivescovile, Olomouc Museum of Art

Eccellenti nell’arte, le opere in mostra impaginano per il visitatore anche un diario visivo, attraverso cui rivivere episodi e aneddoti della biografia tizianesca: l’amicizia e la concorrenza con Giorgione ed il Pordenone, la rivalità e l’ammirazione per il collega Michelangelo ma anche per l’allievo Tintoretto, il sodalizio profondo e leale con Jacopo Sansovino e con Pietro Aretino, il rispecchiarsi compiacente e consapevole negli autoritratti attraverso cui il maestro si raffigura più vecchio della sua effettiva età anagrafica.

Oltre al frutto del genio, le Scuderie del Quirinale offrono molteplici supporti informativi e didattici, messi a disposizione sia del pubblico giovanile, che di quello adulto. I Servizi Educativi – Laboratorio d’Arte, ad esempio, propongono Tono su tono, un’officina creativa per raccontare il “Divin pittore”: a partire dal confronto diretto con le opere, svelando le intuizioni e le scelte pittoriche di Tiziano, bambini e ragazzi hanno l’opportunità di confrontarsi con la teoria del colore utilizzando gli strumenti più diversi: lo spettro cromatico, gli esperimenti sulla visione e sulla percezione del colore, l’indagine sulla scomposizione della luce attraverso un prisma, la possibilità di costruire combinazioni, contrasti e scale, danno la possibilità di riflettere sui rapporti e le interazioni della tinte, di trovare nuove mescolanze ([*Vedi il portfolio*]). Esperienze visive peculiari sono riservate anche agli adulti grazie al progetto realizzato dal gruppo Targetti Sankey e firmato da Francesco Iannone e Serena Tellini: le opere sono illuminate tramite LED privi di infrarossi e di ultravioletti ma emananti bianchi differenti, sistemati sulla scorta di approfonditi studi di fisica ottica e delle più recenti teorie nell’ambito delle neuro-scienze, quelle facenti capo a Giacomo Rizzolatti, scopritore dei neuroni specchio. L’obiettivo è quello di creare un’atmosfera coinvolgente e reattiva intorno ai quadri, a partire dal processo percettivo; vi contribuiscono gli appuntamenti riservati alla lettura guidata di un’opera d’arte: Spot!, 20 minuti di analisi iconografica, tecnica e storica dedicati all’approfondimento, all’educazione dello sguardo e al metodo interpretativo.

Tiziano Vecellio merita un tale apparato, tutto volto ad una fruizione dell’arte non passiva e distratta, sempre in agguato soprattutto in circostanze quali i grandi eventi espositivi, cui ci stiamo abituando quasi con troppa facilità.

Valgono per lui le parole che Balzac mise sulla bocca del protagonista di Le Chef-d’œuvre inconnu: «Ha un’anima, l’anima che io le ho donato. (…) La mia pittura è sentimento, passione! La poesia e le donne si abbandonano nude solamente ai loro amanti. Non è una tela, è una donna con cui ho riso e pianto, discorso e pensato. Sono amante ancor prima che pittore».

Anna Maria Panzera

Link utili:

http://www.scuderiequirinale.it/categorie/mostra-tiziano-roma

http://pinterest.com/scuderieq/l-arrivo-alle-scuderie-de-la-punizione-di-marsia/

Informazioni sulle attività didattiche:
www.scuderiequirinale.it
didattica.sdq@palaexpo.it
http://www.scuderiequirinale.it/categorie/spot-20-minuti-unopera

Scheda tecnica

TIZIANO

5 marzo – 16 giugno 2013

Scuderie del Quirinale, via XXIV Maggio 16, Roma
Sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica

Promotori
Roma Capitale – Assessorato alle Politiche Culturali e Centro Storico; Azienda Speciale Palaexpo

Produzione
Azienda Speciale Palaexpo Catalogo 34€

Curatore
Giovanni C.F. Villa

Ideazione allestimento
Mauro Zocchetta

Progetto esecutivo
Emilio Alberti

Catalogo
Silvana Editoriale

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Anna Maria Panzera
Anna Maria Panzera vive a Roma. Insegnante e storica dell'arte, collabora con istituzioni museali e universitarie per attività di ricerca, didattica dell'arte, formazione e comunicazione. Autrice di numerosi articoli su riviste scientifiche e divulgative, ha pubblicato vari volumi, tra cui, con L'Asino d'oro edizioni, "Caravaggio, Giordano Bruno e l'invisibile natura delle cose" (2011) e "Camille Claudel" (2016).

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