La Scuola veneziana 1500-1650. Musica da Willaert a Monteverdi.

Scuola veneziana 1500-1650. È con questo nome che a Venezia la musica comincia il suo capitolo più importante. È questo un tempo lontano, ma ancora pieno di fascino e fa bene ricordarcelo. Per capire come la musica si sia sviluppata, è necessario fermarsi solo qualche istante ed immaginare com’era la città.


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Chiunque vi arrivava allora trovava una realtà diversa. Vi giungeva a bordo di una piccola imbarcazione trovata lungo i fiumi. Da lì a poco sarebbero giunti nella sua laguna. Senza le sue attuali riva e fondamenta, scendeva dalla barca incamminandosi fra lembi di terra battuta, guardando esterrefatto altri isolotti poco distanti. Allora le sue dimensioni erano più piccole e l’attuale forma di pesce era ancora aldilà dall’essere immaginata.

Esisteva già il suo nucleo più importante, sorto nella sua parte più alta denominata Rivo Alto (l’attuale Rialto), primo raggruppamento di abitanti. Qui nacque il primo “mercà” (mercato) dove si vendevano pesci, frutta e ortaggi; qui sorse la prima chiesa dedicata a S. Giacometo; qui, nel suo piccolo piazzale, sorse anche la sua prima banca che si chiamava “Banco Giro”. Tutto il resto venne costruito in seguito compreso il suo bel ponte che prima era di legno e prese fuoco più volte.

In quella Venezia così lontana non c’era ancora il lastricato su cui oggi camminano milioni di turisti, ma solo mattoni cotti il cui colore è ancora possibile vedere oggi nei quadri di Gentile Bellini. Tra zona e zona cominciavano ad innalzarsi alcuni palazzi con marmi e arredi la cui imponenza ricorda ancora la ricchezza delle famiglie a cui appartenevano, richiamo forte per molti allora. Mancavano ancora alcuni sestieri, cioè la suddivisione della città in parti e la gente, tra isola e isola, si spostava con la barca. Gli interramenti tra le varie parti furono fatte in epoche successive e la città arrivò alla sua forma attuale, quella di pesce, solo nel 1900 quando furono collegati alcuni lembi di terra nella zona oggi chiamata S.Elena. Così, chi giovane e di belle speranze veniva verso Venezia, trovava una città in continua espansione, ben protetta dalle sue acque che tenevano lontane guerre e battaglie rovinose, posto ideale per cercare una nuova vita.

Così fecereo in molti, così fece Adrian Willaert (1490 – 1562), musicista, che arrivò a Venezia nel 1527 quando aveva già 37 anni. Vinto il concorso per accedere alla cattedra di Maestro di cappella a S.Marco (incarico prestigiosissimo), Willaert fece valere subito le sue capacità. Gli venne chiesto di rilanciare la musica a Venezia che soffriva dello strapotere della scuola romana. Fu lui dunque il capostipite di una lunga serie di compositori che, ininterrottamente e per oltre un secolo e mezzo, portarono la musica ai suoi livelli più alti. Era nata la scuola veneziana.

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Willaert si mise subito nella giusta luce ideando il “doppio coro” ossia la sua suddivisione in due metà, favorito in questo dall’uso dei due organi che, nella chiesa di S.Marco, esistevano già. Le composizioni che lo stesso Willaert compose, favorirono ed esaltarono nuove sonorità in effetti mai sentite prima. Sempre più attento alla acustica della Basilica, Willaert prova a sentire gli effetti « stereofonici » che questa divisione crea, in ciò aiutato dalle volte della chiesa dove, in un continuo inseguirsi, le voci sembrano dialogare in duetti di raro effetto. Nel suo bel libro Balades musicales dans Venise du XVI au XXè siècle, la studiosa francese Sylvie Mamy rivela com’era predisposto il coro:

“.. In alto a sinistra, sopra la cappella di S.Pietro, c’era un grande organo e li si mettevano il coro e il vice-maestro di cappella che, comunicando a gesti, era d’ausilio al maestro di cappella nel coordinamento dei cantanti e dei musicisti. A destra, sopra la cappela di S.Clemente, si trovava un organo di dimensioni più ridotte, intorno al quale si raggruppavano i musicisti e il maestro di cappella che dirigeva l’ensemble”.

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Lo stile compositivo di Willaert si rifaceva ai timbri e alle sonorità della scuola fiamminga da cui proveniva, ma in breve seppe rinnovarsi assorbendo le linee di tendenza del madrigalismo italiano, allora il più diffuso. Di lui, dicono le cronache, fosse un uomo di statura piccola ma prestante, dal carattere dolce « che non si dà arie con la gente », generoso. Nel lavoro era uno studioso attento che mirava alla perfezione. Nel giro di qualche anno divenne uno dei compositori più affermati del panorama europeo. Alla sua morte, avvenuta nel 1562 a seguito di dolorose e continue crisi di gotta, Venezia gli tributò onori grandissimi. Lasciò un importante numero di composizioni ( 8 messe, più di 50 salmi, 150 – forse più – mottetti e decine e decine di canzoni e madrigali).

Di lui suggerisco l’ascolto della villanesca « Vecchie letrose » oppure di O dolce vita mia, sublime nella sua intima semplicità.

A Willaert succede un altro fiammingo Cipriano De Rore (1515 – 1565) che a Venezia rimase soltanto due anni, dal 1562 al 1564. Le qualità musicali di De Rore furono subito apprezzate perchè rappresentava l’ideale continutà con la musica di Willaert anche se il suo maestro fu Josquin de Prez da cui prese la sensibilità espressiva. Fu considerato un maestro del colore timbrico e del contrappunto, tanto da essere annoverato tra i più grandi compositori del 1500. Vasta la sua produzione madrigalista (raccolta in dieci volumi) che influenzò notevolmente altri compositori tra i quali ricordo Orlando di Lasso e Pierluigi da Palestrina. Per quanto breve sia stata la sua permanenza a Venezia, essa lasciò tracce profonde. Morì nel 1565 a Parma dove si era trasferito.

Di Cipriano De Rore suggerisco l’ascolto di O Domine Jesu Christe, le canconi Je ne puis me tenir d’aimer, La petite Camusette, il notissimo El Grillo oppure Io canterei d’amore.

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Gioseffo Zarlino (Chioggia 1517 – Venezia 1590) ricevette un’educazione religiosa da parte dei frati francescani dove entrò nell’ordine nel 1533. Otto anno più tardi venne ordinato sacerdote e fu introdotto nella cerchia degli allievi di Willaert che «… gli insegna i fondamentali del contrappunto e gli trasmette un’idea della musica catturata nella sua più intima essenza» (Mamy op. cit.).

Nel 1565, dopo le dimissioni di De Rore divenne Maestro di cappella a S.Marco, incarico che mantenne fino alla morte. Di lui si ricordano soprattutto gli studi a cui dedicò molte energie. Il suo trattato Le Istitutioni Harmoniche divenne un testo da cui non si poteva più prescindere. Teorizzò il modo per enfatizzare la sonorità del Do nel modo jonico, realizzando così un nuovo sistema basato sulle tonalità di scale maggiori e minori. Le sue composizioni non furono molte. Vanno segnalati 41 mottetti a 5 e 6 voci, 13 composizioni profane e alcuni madrigali a 4 e 5 voci. Gli studi di Zarlino portarono un notevole contributo per quanti vennero dopo e si accostarono alla musica. Nel suo trattato afferma che «… la musica è scienza che considera li numeri et le proporzioni».

Al tempo suo Zarlino frequentava l’Accademia della Fama assieme ad altri artisti e compositori fra i quali spiccano le figure dei due Gabrieli e Tintoretto. Si racconta poi di come la figlia di Tintoretto, Marietta, sapesse intrattenere gli ospiti cantando madrigali dello stesso Zarlino.

A Zarlino succede, nel 1564, Andrea Gabrieli (1533 – 1586) veneziano che qui nella Serenissima chiameranno Andrea da Cannaregio, dal nome del sestiere dove abitava. Notevole la sua produzione musicale: 2509 madrigali a 3, 4, 5, 6 voci , 1565 canzoni sacre. Eccelsa quella per organo, dove si contano innumerevoli toccate, ricercari, salmi davidici, intonazioni per organo. Anche con Andrea Gabrieli continua la tradizione del doppio coro iniziata con Willaert. La sua fama si estenderà soprattutto in Germania dove conoscerà due eccellenti allievi: Hans Leo Hassler e Gregor Haichinger che saranno ospiti a Venezia.

Delle musiche di Andrea Gabrieli vanno ricordate quelle composte in occasione dell’inaugurazione del Teatro Olimpico di Vicenza dove venne eseguita la tragedia Edipo Tiranno. Ad assistere c’era pure Andrea Palladio allora il principe degli architetti. Si può immaginare quanto importanza si desse all’avvenimento, considerata anche la fama che accompagnava lo stesso Palladio.

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Giovanni Gabrieli succede a Claudio Merulo, ma è allo zio Andrea che Giovanni guarda, tanto che in città li chiamano “I Gabrieli” tanta era l’affinità musicale che li accomunava. Giovanni procede dunque nella continuità suggeritagli dallo zio, ma poi verso forme più agili tanto da guadagnarsi un posto preciso nella Scuola Veneziana del tardo Rinascimento. Nacque nel 1557 e morì nel 1612. Nel 1584 arriva alla cattedra di Maestro di Cappella, ruolo che manterrà fino alla morte. Verso lo zio sarà debitore, tanto che curerà edizioni postume delle sue musiche, inserendovi però anche alcune sue opere, meglio conosciute con il titolo di Concerti di Andrea e Giovanni Gabrieli…continenti musica di chiesa, madrigali e altro a cui fecero seguito un secondo e terzo libro. All’attività della Basilica Giovanni aggiunse anche quella di organista nell’altrettanto importante Scuola Grande di S.Rocco. Il doppio incarico sembra non essere un impedimento a Giovanni se è vero che riesce a trovare il tempo anche per le sue numerose composizioni per organo e trombe. Nel 1597 pubblica Sacrae Symphonie che diventerà oggetto di studio soprattutto in Germania dove conoscerà Heinrich Schutz, altro grande compositore tedesco, che sarà a Venezia nell’ultimo periodo di vita di Giovanni, tra il 1609 e il 1612. Giovanni morì all’età di soli 58 anni, sembra per cause renali. È sepolto nella chiesa di S.Stefano nelle vicinanze del Ponte dell’Accademia.
Di lui possiamo ascoltare Sacrae Symphonie Canzon Quarti e Septimi Toni.

Di entrambi (Andrea e Giovanni) consiglio inoltre l’ascolto del Cd A Venetian Coronation 1595, musiche composte per l’incoronazione del doge Marino Grimani.

Nicola Vicentino (Vicenza 1511 – Roma 1572). Scarse sono le notizie attorno alla sua vita, salvo quelle da lui stesso riportate nel Libro I dei Madrigali dove dice di essere entrato in contatto con Adrian Willaert. Sembra non sia mai entrato a dirigere la Cappella di S.Marco forse perchè preferì proseguire la sua attività a Roma.
Di lui consiglio il pregevole madrigale Laura che il verde lauro.

Jacques Buus (Gand 1500 – Vienna 1565). Scarse anche le notizie relative alla sua vita. Di sicuro si sa che fu secondo organista nella Basilica di S.Marco al tempo di Willaert. Rimase a Venezia solo fino al 1550 quando decise di partire per la Francia. Convertitosi al protestantesimo le sue musiche, nella cattolica Venezia, non ebbero molta fortuna. Buus ebbe successo nello sviluppo del “ricercare” musica per organo che precedeva la “fuga”. Compose inoltre mottetti e canzoni spirituali.

Baldassarre Donato (1525 – 16039. Poche e scarse le notizia su di lui. Compare nel 1550 nei registri della basilica di S.Marco come cantore, poi come aiutante di Coro. È questo il tempo dove a condurre la Cappella c’è Gioseffo Zarlino con il quale il Donato entra in contatto. Sarà costretto a lasciare la Basilica di S.Marco per andare alla Scuola Grande di S.Rocco dove assumerà un ruolo importante. Donato è una figura musicale di spicco per la scuola veneziana. Le sue composizioni tendono sempre ad allontanarsi dallo stile del conservatore Zarlino. Ama le innovazioni dei Gabrieli, di Giovanni Croce con i quali sembra essere stato in contatto. Curò molto lo sviluppo della Villanella, forma vocale che si imparentò con il madrigale, ma di questo ha un impianto vocale più leggero.

Di Donato suggerisco Chi la Gagliarda, vivace canzone in stile napoletano.

Annibale Padovano (1527 – 1575). La prima notizia certa su di lui porta la data del 30 Novembre 1552 quando gli viene assegnato il posto come Primo Organista a S.Marco. Rimase a Venezia fino al 1565 quando fu chiamato dall’Arciduca Carlo II a Graz in Austria.

Di lui è da ricordare Una messa a 24 voci dove tentò di unire stile fiammingo e scuola veneziana.

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Costanzo Porta ( 1529 – 1601). Di lui si sa che entrò nell’ordine dei frati minori conventuali. A Venezia studiò con Willaert, ma è alla Basilica dei Frari che riuscì ad imporsi fondando una corale che rivaleggiò con quella di S.Marco e della Scuola di S.Rocco. Fu un compositore instancabile (di lui si contano almeno 700 composizioni) sia di musica sacra che profana. L’intera sua opera si trova ora raccolta ne Opera Omnia di Costanzo Porta curata da G.Luisetto e Siro Cisilino.

Giovanni Matteo Asola (1524 – 1609). A Venezia non ricoprì nessun incarico presso la cappella di S.Marco. Intorno al 1580 conobbe Zarlino col quale si introdusse nell’ambito musicale veneziano. A Venezia ritornerà nel 1591 dove, cappellano nella Chiesa di S.Severo, rimarrà fino alla morte che lo colse nell’ottobre del 1609.
Di lui si ricorda soprattutto la vasta composizione di musica sacra (messe a 4, 5, 6, 7, 8 voci mottetti, salmi, vespri, compiete più qualche madrigale).

Di lui si può ascoltare su youtube il Kyrie dalla Missa pro Defunctis.

Claudio Merulo (1533 – 1604). Per una bizzarria mai espressa chiaramente Claudio latinizzò il suo cognome vero (Merlotti) in Merulus col quale si fece chiamare per il resto della sua vita. Della sua precedente vita vissuta nel bresciano fino al 1555 si sa che ebbe contatti con ambienti musicali di tutto rispetto. C’è chi ipotizzò incontri con un compositore famoso, Orazio Vecchi il cui Amfiparnaso era una delle opere più eseguite allora. Ma è nel 1557 che Merulo entrò nella Scuola veneziana vincendo il concorso come organista a S.Marco. Non contento di questo, nel 1565 fonda con degli amici una tipografia che doveva diffondere le musiche sue e quelle dei suoi collaboratori. Merulo in quegli anni diventa uno dei principali compositori sia di musica sacra che profana. Assieme ad Andrea Gabrieli forma un duo organistico di valore assoluto ed è in questa direzione (musica per organo) che si deve la sua fama.

Nella raccolta L’Organo nella Venezia del XVI secolo consiglio l’ascolto « Toccata quarta del Sesto Tono« .

Girolamo della Casa. Di lui è incerta la data di nascita ma non quella della morte che avvenne nel 1601. A Venezia assieme ai suoi fratelli Giovanni e Niccolò, entrambi musicisti, forma il primo ensemble musicale nella Basilica di S.Marco. Si sa che suonava il Cornetto ed che era molto apprezzato da Giovanni Gabrieli, il quale per questo ensemble scriverà alcuni “concertini” che preannunciano le modalità del Concerto Grosso di cui Vivaldi, più tardi, sarà uno dei più fecondi estimatori. Anche Della Casa tuttavia preferì applicarsi allo studio della musica. Suo è il trattato che al tempo ebbe un certo successo intitolato Modo di diminuir con tutte le sorti di stromenti di fiato e corda e voce umana dove fornisce chiari e precisi esempi sul modo di cantare e suonare mottetti e madrigali.

Di Girolamo Dalla Casa consiglio l’ascolto di due brani strumentali Non gemme, non fin oro ed il soave madrigale Se il dolce bacio ch’io vi diedi a 4 voci, oppure

Giovanni Croce, detto il Chiozzotto (1557 – 1609). Nato nella vicina Chioggia fu allievo di Zarlino che lo fece entrare come contralto nella cappella di S.Marco. In seguito prese gli ordini religiosi e fu assegnato nella Chiesa di S.M. Formosa. Divenne Maestro di Cappella a S.Marco nel 1603 succedendo a Baldassarre Donato. Compose due libri di madrigali a 4, 5 voci e un altro di mottetti. Poi una curiosa raccolta detta Triacca musicale con testi in lingua veneta molto originali poichè tenta di imitare, in musica, ciò che viene dal mondo dei suoni naturali: Un eco a sei voci, una mascherata a quattro voci, la canzone del rossignolo, e del cucù, il gioco dell’oca ecc. Compose inoltre anche vespri, canzoni sacre, lamentazioni per la settimana santa.

Di lui consiglio vivamente l’ascolto sempre su youtube del Cantate Domino, brano ancora oggi molto eseguito da tutti i cori polifonici. Poi O Sacrum convivium, eseguito dalla Cappella Marciana, erede, a Venezia, della Cappella di S.Marco.

Giovanni Bassano, compositore della scuola veneziana. Di lui vengono anche ricordati nuovi modi di esecuzione. Suonava il cornetto in modo eccellente e per lui forse compose anche Giovanni Gabrieli. Nella Basilica di S.Marco fece la sua comparsa già all’età di 18 anni nel 1576. Otto anni più tardi scrisse un libro Ricercate, passaggi et cadentie dove descriveva in modo dettagliato la trascrizione degli ornamenti delle parti vocali per l’esecuzione strumentale. In quello stesso anno gli fu conferito il ruolo di maestro di musica e l’anno dopo, nel 1601, quello di direttore dell’ensemble strumentale della Basilica, subentrando a Girolamo Dalla Casa, ruolo che mantenne fino alla morte. Durante tutta la sua permanenza nella basilica di S.Marco si adoperò per diffondere la musica dei Gabrieli. Ebbe una certa fortuna come compositore di musica sacra e profana. Alcune sue composizioni furono conosciute ed apprezzate da Thomas Morley che pensò di portarle in Inghilterra per diffondere lo stile italiano che allora era il più apprezzato. Tale facilità di incontri che la città gli offriva, gli permise di conoscere anche un altro grande del suo tempo, Heinrich Schutz, che pure lui portò in Germania lo stile veneziano.

Di lui si può piacevolmente ascoltare Fantasia a 3 voci.

Girolamo Diruta (1564 -1616). Compositore, organista, e teorico della musica italiana. Sono queste le specializzazioni con cui Diruta passò alla storia della musica. Entrò nell’ordine dei frati francescani nel 1574 e solo dopo sei anni arrivò a Venezia dove entrò nella cerchia dei compositori allora più in vista (Merulo, Zarlini, Costanzo Porta). Fu organista nel 1593 nella Cattedrale di Chioggia. Dopo il 1610 si recò in Umbria, a Gubbio, dove si persero le sue tracce. Molto importante fu un suo trattato Il Transilvano dove metteva a punto le tecniche di esecuzione per la musica d’organo dove si distingue la “ditiggiatura”, ossia il modo di appoggiare le dita per l’esecuzione di musica per clavicembalo o per organo, elementi questi che cominciavano ad aprire dibattiti interessanti già allora e che portavano, in tempi così lontani, distinzioni non certo formali sulle modalità espressive.

Di Girolamo Diruta è possibile ascoltare alcune parti del Transilvano nelle sezioni del Ricercare 1 – 2 – 3.

Gilio Martinengo (1564 – 1613). È il penultimo nella straordinaria serie di compositori della scuola veneziana. Nacque forse a Verona e successe a Giovanni Croce nella guida della Cappella di S.Marco. Questo accadde nell’agosto del 1609. Quella di Martinengo non fu tuttavia una figura da ricordare poichè, dai registri di S.Marco, risulta che fu molto condizionato dalle sue precarie condizioni di salute che fecero arretrare il livello della scuola. Il suo incarico durò solo quattro anni dopo di che arrivò quello che da molti, è considerato uno dei principi della musica: Claudio Monteverdi.

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Claudio Monteverdi (1567 – 1643). Con lui la musica italiana si evolve verso un passaggio nuovo, quello del barocco, stile che delineò anche in altre discipline (pittura ed architettura) una nuova era. Genio precoce, all’età di 15 anni (1582), pubblicò una raccolta vocale intitolata Sacrae Cantinculae a cui seguiranno, un solo anno più tardi, Madrigali spirituali a quattro voci. Poi canzonette a tre voci, e altri madrigali raccolti in due libri. La sua attività iniziò a Mantova dove fu elegante violista (ma il termine è generico poichè sapeva suonare e bene anche il liuto). A Mantova sotto i Gonzaga viene eletto maestro della musica. Sposa Claudia Cattaneo, che già faceva parte, come cantante, della corte dei Gonzaga. Il 1607 fu per Monteverdi un anno importante che vide la luce della sua I opera Orfeo eseguita presso l’Accademia degli Invaghiti, opera che gli diede una popolarità immediata e che venne riascoltata a Milano, Cremona, Firenze e Torino. Ma in quel 1607 Monteverdi conobbe anche il lutto più grande che gli portò via l’adorata Claudia. Rimase solo ad occuparsi dei tre figli avuti da lei. L’anno dopo a Mantova viene eseguita Arianna su libretto di Rinuccini di cui è rimasto, purtroppo, un unico brano Il Lamento di Arianna che già allora commosse chi l’ascoltò.

I rapporti con la corte dei Gonzaga si fanno sempre più labili non trovando più in
essi quella stima avuta in precedenza. Alla morte di Vincenzo Gonzaga, nel 1612, il figlio Francesco pensò bene di ridurre il lusso della corte che includeva anche i compensi per Monteverdi e i suoi strumentisti. Nell’agosto di quell’anno fu licenziato dai Gonzaga assieme al fratello Cesare. Niente sapeva però, Monteverdi, che la morte di Martinengo, maestro a S.Marco, gli apriva a Venezia, una nuova possibilità. Un anno dopo, nel 1613, ecco che la sua fama arriva in laguna dove il 19 Agosto di quello stesso anno dirigerà la cappella di S.Marco con grande soddisfazione da parte delle autorità ducali. Venezia non era una città qualsiasi e Monteverdi lo sapeva.

Gli viene offerta la possibilità di riorganizzare la musica in città. Ingaggiò nuovi musicisti, allo stesso modo fece con la cantoria. A lui non vennero posti veti e così potè entrare in contatto con altre realtà a cui fecero seguito nuovi guadagni. La sua notorietà gli permise di avere contatti anche con altre corti, in particolare con quella di Re Sigismondo III di Polonia che lo voleva sottrarre a Venezia. Pure i Gonzaga premevano per un suo ritorno a Mantova. Ma a Venezia Monteverdi si sentirà un principe. Qui comporrà la maggior parte della sua musica. Nonostante le lusinghe di altre corti (anche Vienna lo voleva) Monteverdi preferì la riposante quiete veneziana. Nel 1638 tuttavia dedica a Eleonora Gonzaga la raccolta La Selva morale e spirituale. Monteverdi ha quasi 70 anni e la sua vita volge quasi al termine. Per il Teatro di S.Cassiano (vicino a Rialto) compose Il ritorno di Ulisse in patria. Fu poi composta per il teatro dei SS.Giovanni e Paolo Le nozze di Enea in Lavinia, musica purtroppo andata perduta.

Monteverdi muore a 76 anni dopo breve malattia, il 29 Novembre 1643. La sua salma è ancora oggi visibile nella Basilica dei Frari. La sua fama ai nostri giorni non è ancora diminuita. Dal mondo della scienza e astrofisica gli è stato attribuito un premio particolare: un asteroide porta il suo nome Monteverdi 5063. Così uomini di scienza hanno voluto dare il loro riconoscimento ad un uomo la cui musica brilla anche tra gli spazi del cosmo.

Dare consigli o suggerire ascolti della sua musica è difficile, ma ascoltare ancora
Orfeo e il Vespro della Beata Vergine è un piacere tutto particolare.

Da Venezia, Massimo Rosin

(pubblicato aprile 2016 e aggiornato)

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Massimo Rosin
Massimo Rosin nato a Venezia nel 1957. Appassionato di cinema, musica, letteratura, cucina, sport (nuoto in particolare). Vive e lavora nella Serenissima.

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