“Nuovevoci” a Torre Annunziata il caffè letterario che sfida l’emarginazione.

Non solo Gomorra: A Torre Annunziata, vicino Napoli, Nuovevoci – Caffè letterario, un’associazione no profit. Giovani e non, per reagire ad una cultura di malavita, ritrovarsi nel tempo libero, raccontare la legalità e fare cultura anche dove notoriamente sembra impossibile. Un punto di aggregazione fuori dalla malapolitica, un esempio importante per una città di frontiera.

caffelett_logo1.jpgEst-ce que tu connais Torre Annunziata? Se la conosci, almeno per sentito dire, non immagini che là esista un caffè letterario. “Nuovevoci” (www.nuovevoci.it), invece, c’è, eccome! C’è da quattro anni, e per quattro anni ha catalizzato scrittori, attori, poeti e giornalisti. Ha accolto grandi e piccoli, con le loro cause civili ed umane, sfociate in manifestazioni contro la malavita. Già, la malavita. Siamo partiti dalla cultura e abbiamo abbracciato la legalità, quasi fosse un percorso obbligato, una tappa inevitabile.

Torre Annunziata è una città di 43.699 anime. È un lembo di terra tra il Tirreno e il Vesuvio, in provincia di Napoli. Una città che in un’altra parte del mondo avrebbe goduto di un destino migliore. Una volta, infatti, era un’oasi marina e termale, una realtà virtuosa di pastifici, almeno prima che il fiume Sarno scaricasse a mare gli scarti industriali sotto gli occhi di tutti, e la camorra colonizzasse, grazie alle connivenze politiche, un posto al sole. “La camorra è lo Stato” scriveva negli anni Ottanta Giancarlo Siani, corrispondente per il Mattino, morto ammazzato a soli 26 anni. Ed aveva ragione.

Ancora oggi per noi torresi onesti quell’omicidio è una ferita aperta, ancora sanguinante. Uno spartiacque. Una macchia indelebile, che via via ha lasciato spazio al silenzio, all’indifferenza generale della comunità. Quello che balza agli onori della cronaca è tutto vero. Con questo non intendo dire che qui sia tutto marcio, ma di certo vive qualcosa di anormale, un virus che alligna in questo spaccato di realtà. Torre Annunziata è una città che, crescendo, senti meno tua, perché le sue contraddizioni di fondo feriscono e fanno male. Un paese piccolo, con pochi spazi per la cultura, per le passeggiate all’aperto, per la vita che tu, chissà dove, dai per scontata. Un posto che non ti so raccontare con occhi freschi, ma solo smagati. Viaggio spesso proprio per distrarmi, per sfuggire al degrado. Troppi spazi sottratti alla vita pubblica, troppa cattiva amministrazione. In questo contesto quando hai tra i 25 e i 30 anni e sei un sognatore, o semplicemente culli aspettative di una vita più sana, c’è poco da fare: o scappi o lotti. Io avevo già la valigia pronta. Poi è saltato tutto.

Nel 2008, proprio di questi tempi, un vecchio amico mi ha tagliato la strada in sella alla sua vespa e mi ha informato che lui ed altri due amici stavano per fondare un’associazione no profit. L’idea era ampliare il progetto della sua web radio omonima, già esistente, per creare un polo alternativo dove leggere, scrivere, chiacchierare, sorseggiare un tè e organizzare eventi. Da una web radio ad un caffè letterario? Sì, questa era l’idea, e mi piaceva. L’ho fatta mia, subito. In una città notoriamente asfittica, un gruppo (prima tre, poi cinque, poi dieci, poi cento) si era messo in testa di andare contro corrente e sopperire ad una mancanza. Finalmente tre pazzi, finalmente una ragione per restare!

marinabfoto_n1.jpg

La prima sede è stata presso un’altra associazione. La sala a disposizione, però, era malridotta. Non c’erano i mobili giusti, non c’era una libreria: non c’era lo spazio che sognavamo per noi. Uno spazio ameno, aperto a tutti e da cui lanciare messaggi nuovi. Abbiamo dovuto rimboccarci le maniche e improvvisarci imbianchini, arredatori e manovali. Avevamo voglia di indirizzare verso gli altri quello che di buono ci portavamo dentro. Così, le nostre passioni si sono materializzate in sedie, microfoni, divani, tavoli, angolo bar. Teste, mani e cuori. In una parola, nel Caffè letterario “Nuovevoci”. Un luogo, un’insegna, dove ritrovarci ed aprirci a chi avrebbe avuto il piacere di seguirci. Come si dice a Napoli, abbiamo buttato il sangue. Il tempo che i nostri coetanei trascorrevano in discoteca, noi amavamo coltivarlo, per poi raccoglierne i frutti, personalissimi e comuni allo stesso tempo. Tutto senza mai guadagnarci un euro.

marinabfoto_n_3.jpgAbbiamo cambiato casa, e siamo ospiti in una scuola: stesso manifesto, stessa formula, solo che abbiamo un bel po’ di problemini, e rischiamo di dover sospendere tutto. Ma stiamo lottando, specie i miei amici soci fondatori. Proprio la scuola osteggia la nostra permanenza, e in ballo c’è l’unico cordone con un territorio che stranamente scoraggia il cambiamento. Noi quella voglia di cambiare l’abbiamo rivendicata con questo video, girato all’interno della nostra prima sede, all’indomani del film “Fortapasc”, di Marco Risi, dedicato proprio a Giancarlo Siani. Quel titolo altisonante da terra di nessuno non ci piaceva, perché rischiava di generalizzare troppo sulla realtà.

Non è vero che tutti i torresi sono camorristi, non è vero che tutti si girano dall’altro lato. Tuttavia, se la politica e le istituzioni non si decidono ad agire con coscienza, puntando alla legalità, all’occupazione, all’associazionismo e alla condivisione, è sicuro che la città perderà la sua partita più importante.

Marina Bisogno

Socia Caffè letterario Nuovevoci

IL BLOG DI MARINA BISOGNO: A COLPI DI PENNA

Article précédentLa bella Estelle e i pirati.
Article suivantEn écoute: Ethicando, vitrine du « Made in social italien » à Paris et espace de dégustation.
Marina Bisogno
Cresciuta nella libreria di mio nonno, ho maturato una familiarità con i libri e le parole. Oggi leggo per ispirarmi e scrivo per esprimermi, entrambi i gesti fanno parte del mio modo di essere. Ho studiato Giurisprudenza a Napoli, ho fatto lavori diversi ma tutti afferenti il mondo delle idee, del diritto, dell’economia e della cultura. Ho la tessera di pubblicista (come mezza Italia), ho provato a vivere di giornalismo culturale ma non ci sono riuscita, in alcuni casi non me l’hanno permesso. Collaboro con due riviste, 'L’indipendente' e 'Cattedrale magazine'.

LAISSER UN COMMENTAIRE

S'il vous plaît entrez votre commentaire!
S'il vous plaît entrez votre nom ici

La modération des commentaires est activée. Votre commentaire peut prendre un certain temps avant d’apparaître.