Il rottamatore e l’usato sicuro.

Ad un mese dalla primarie nel PD, tra regole da cambiare e le proteste di chi non capisce se sono primarie di coalizione (quale?) o di partito. Cosa puo’ cambiare nella politica italiana, dopo novembre?

Non Ce ne vogliano Sandro Gozi e Laura Puppato del PD candidati alle primarie di coalizione, peraltro la Puppato è l’unica donna in lizza, ma il loro 2% nei sondaggi non gli dà speranze e pertanto ci soffermeremo sui candidati più accreditati alla vittoria.
E in tal senso il cerchio si stringe molto.
Anche se c’è Vendola per il SEL (sinistra ed ecologia) che in passato ha offerto con i suoi candidati più di una sorpresa nelle primarie delle amministrative, superando come a Milano, Genova, per citare degli esempi, i candidati su cui puntava il PD, anche se c’è Tabacci, uomo di centro, vicino a Rutelli ed assessore di punta nella rossa Milano di Pisapia, per l’informazione e per i sondaggi sembra che la partita per scegliere il candidato di coalizione, nelle prossime primarie di novembre del centrosinistra, sia tra il segretario del PD, Pier Luigi Bersani e il sindaco di Firenze, Matteo Renzi.

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Mai come per queste primarie, la confusione regna sovrana. Intanto, non si capisce se il vincitore sarà il candidato delle politiche per guidare una coalizione per il nuovo governo “politico” che dovrebbe subentrare all’interregno di Monti, che con fatica ma anche con autorevolezza ci ha traghettati dal dopo-berlusconismo (a proposito di confusione, quello che sta avvenendo nel PDL, fa riflettere sulla opportunità della chiusura dei manicomi), oppure sarà semplicemente il nuovo leader del PD.

Questa seconda ipotesi sarebbe da escludersi, molti si preoccupano, della possibilità, che in mancanza di regole chiare, elettori di destra possano condizionare l’esito di questo vota, ma penso che l’enorme malcontento politico che si è sviluppato in questi drammatici anni di malapolitica, possa portare, molti a votare Vendola, per avere una netta posizione di discontinuità con la recente politica del centrosinistra. In questo caso, il voto non potrebbe condizionare formalmente, ma solo sostanzialmente i precari equilibri interni ai democratici.

Ma anche sulla coalizione, non c’è chiarezza. Da mesi è in corso un balletto in cui Bersani fa un giro di valzer con Casini per farne poi un altro con Vendola e non sono esattamente gli stessi cavalieri. Peraltro, dopo molti anni, il coma attuale della destra, impone al centrosinistra, risposte chiare ed inequivocabili.

A vedere le primarie è evidente che Di Pietro e l’IdV non sono della partita, Casini non c’è e diffidando del PdL (come non diffidarne) l’UDC si è riavvicinato ai futuristi di Fini, ma per fare cosa?
Ma la convivenza tra Tabacci, Vendola, Renzi e Bersani, non appare del tutto ovvia. Pur considerando che Tabacci è pur sempre della coalizione di Pisapia (vicino al SEL) a Milano, come dimenticare lo “swinger” Rutelli, che cambia colori politici più di quanto un giocatore di calcio cambia di casacche?

ber2_1_.jpg Vendola e Renzi, poi….sembrano davvero lontani dal poter amministrare insieme un governo che deve proporsi, inevitabilmente, di proseguire, sviluppare e forse modificare il percorso di riforme avviate da un Monti che sempre più sembra dare segni di stanchezza.
Il coma a destra, dove la democrazia resta sospesa in attesa delle disposizioni del patron Berlusconi, e la confusione al centro e a sinistra dove non sono chiare le alleanze, il programma e finanche le regole di convivenza, in un contesto desolante di scandali e corruzione, con le procure costrette a fare gli straordinari con sempre nuove inchieste sulla turlupinante gestione della cosa pubblica, sono la fotografia dell’attuale quadro politico.

Un quadro ormai scomposto ed esposto in una sala vuota, mentre le persone, i cittadini, sono altrove, spesso nelle piazze cercando risposte per il futuro, come le manifestazioni nelle fabbriche e degli studenti hanno dimostrato in questo inizio di autunno, veramente “caldo”.

Se le cose stanno cosi, se i sondaggi hanno ragione, resta da pensare che il duello sia tra il “rottamatore” Renzi e “l’usato sicuro” Bersani. Se ci sarà il ballottaggio tra i primi due c’è da credere che i vendoliani passeranno in massa a Bersani, consacrandone la probabile vittoria.
Forse mi attirero’ delle antipatie, me ne dispiace, ma un finalino cosi, sarebbe per me l’ennessima sconfitta della politica, una sconfitta che ritarderebbe ancora il tanto auspicato rinnovamento.

Bisognerebbe ripartire dal Lingotto, quando lo sforzo, allora veltroniano, era di superare l’origine cattolica e comunista del PD (che univa La Margherita, ex democristiani e i diessini, ex comunisti) per arrivare alla sintesi di un dinamico partito di centrosinistra, moderato ed innovatore che fosse capace di coniugare ideali liberali, che avessero una solida base etica e di regole, affianco ad una tradizione della solidarietà e della lotta sociale tipiche di una parte del mondo cattolico e della tradizione socialista e del fu PCI.

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Non va infatti, confuso, come ricorda spesso Renzi, un liberismo che disarma lo Stato e la politica a vantaggio del mercato e della speculazione finanziaria con ideali liberali che aspirano a riconoscere il merito e il valore di gruppi ed anche individui.

Cosi come non ci si puo’ limitare a battaglie di posizioni o di retroguardia per mantenere un quadro sociale cosi mutato come se mutato non fosse. Insomma, non si puo’ dire sempre di essere per i giovanni, ma poi nei fatti occuparsi solo di chi nel mercato del lavoro già c’è. Occorrerebbe una tosta battaglia di avanguardia, per le generazioni future.

Io non so se il rottamatore risulterà essere l’ennesima delusione di un panorama politico che in questi anni di delusioni a destra e sinistra ne ha offerto una quantità infinita, né credo che il rinnovamento sia solo una questione di anagrafe, credo tuttavia, che non bisogna nascondere, come molta informazione fa, forse per ordine di scuderia, che la rottamazione non è solo il mandare a casa chi come D’Alema è da troppo tempo nei banchi del parlamento, si tratta di rottamare una politica fatta di veti contrapposti, dell’impossibilità su temi cruciali di dire parole chiare. Penso ai temi etici, alla laicità della politica e non solo.

Significa che oltre alla strenua difesa dei posti di lavoro bisogna proporre politiche industriali che possano prevedere anche radicali trasformazioni nel panorama geoeconomico del paese, vuol dire rivedere profondamente la spesa pubblica e cancellare gli sprechi spesso frutto di favori e privileggi per le caste.

Vuol dire annientare una cultura delle lobby che ha cancellato per decenni la parola merito dai dizionari italiani.

Conseguentemente, vuol dire che in materia di liberalizzazione bisogna andare con l’accetta li dove Monti non ha potuto o voluto andare. Bisogna imporre alle banche regole chiare e trasparenti. Colpire l’evasione fiscale, reintrodurre quelle norme (penso al falso in bilancio) che i “favori” di e per Berlusconi, avevano cassato. Avere un mercato libero ma che non si sottrae alle regole e ad un’etica che a negli ultimi decenni è stata dimenticata.

Non si tratta di demonizzare l’impresa, ma di riportarla alle sue virtù (perché ne aveva).

Su questi temi, il PD di Bersani ha molto balbettato in questi anni ed avere ancora l’uomo che fu di Prodi alla testa del futuro italiano, non mi sembra una prospettiva incoraggiante.

Il rischio è che se si continua con la malapolitica si aprono le porte all’antipolitica a chi a destra e sinistra fa del populismo la sua bandiera, a chi poi, nella concretezza delle cose dimostra tutta la propria pochezza, a Parma, Pizzarotti sarà anche un sindaco onesto, ma bisogna finirla di pensare che il primo requisito per un politico sia l’onestà, bisogna anche amministrare, fare qualcosa, altrimenti il paese muore.

Diciamolo anche se è scontato, l’essere onesto è un prerequisito per qualunque soggetto sociale, per chiunque faccio un qualsivoglia lavoro, in sé e per sé non è sufficiente.

Con la irresponsabilità dimostrata da Berlusconi & Co., l’eccessiva timidezza di Monti e la mancanza di coraggio di Bersani, l’Italia muore e mentre muore assistiamo allanuotata Reggio-Messina di Grillo. Dopo la nuotata di Mao Tze Tung e Mussolini che taglia il grano ci siamo meritati anche questo.

E’ evidente che i partiti dovrebbero ricostruire delle loro scuole di politica, dovrebbero corteggiare chi negli atenei, studia e riflette sulla politica ed ha un’aspirazione al bene del paese. In particolare, aggiungerei, chi guarda non solo ai propri confini regionali o nazionali, ma chi guarda all’Europa e alle cose del mondo.

In questo senso l’esito della “rottamazione” passa anche per lo sviluppo di una classe politica nuova, che è nata dopo la prima repubblica, che è cresciuta nell’era del post-ideologico e che oggi dovrebbe meditare per la costruzione di una nuova idea di società e di democrazia.

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Le primarie sono forse l’unico esempio di novità che la politica italiana ha offerto dalla caduta del muro di Berlino, ma questa idea va ora corroborata con nuovi modi di partecipazione che non possono, a mio modestissimo avviso, passare solo per le nuove tecnologie di comunicazione. Se è vero che questi strumenti non hanno del tutto risolto temi esistenziali, come quelli della solitudine (e non penso solo agli anziani), temi che impongono una visione nuova anche del rapporto tra i cittadini e il loro habitat.

Del resto su temi come le acque pubbliche, il nucleare, quella che una volta si chiamava, la qualità della vita, migliaia, milioni di persone si sono mosse anche autonomamente, senza attendere le mosse di partiti che erano troppo vecchi e miopi per vedere ed ascoltare quello che nel paese accadeva.

Queste primarie, con tutti i limiti e le precarietà ricordate, sono importanti e sarebbero importanti anche a destra, se si decidessero una buona volta a consumare definitivamente, questo infinito e tedioso funerale politico di Berlusconi.
Sarebbe aria nuova per tutti.

(Dall’alto in basso i quattro principali candidati alle primarie: Nicky Vendola, Pier Luigi Bersani, Matteo Renzi e Bruno Tabacci).

Nicola Guarino

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Nicola Guarino
Nicola Guarino, nato ad Avellino nel 1958, ma sin dall’infanzia ha vissuto a Napoli. Giornalista, già collaboratore de L'Unità e della rivista Nord/Sud, avvocato, direttore di festival cinematografici ed esperto di linguaggio cinematografico. Oggi insegna alla Sorbona presso la facoltà di lingua e letteratura, fa parte del dipartimento di filologia romanza presso l'Università di Parigi 12 a Créteil. Attualmente vive a Parigi. E’ socio fondatore di Altritaliani.

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