La velocità al contrario. Una moderna e personale filosofia della tartaruga.

Oggi sarà bene non avere fretta.

Chiedere a Bolt di arrivare ultimo in una gara di corsa o forse sarà sufficiente ammirarlo rallentare prima del traguardo. Oppure trasformare il panino della pausa pranzo in un pic-nic all’aria aperta in buona compagnia. Per una volta stare ben attenti a non camminare troppo rapidamente nei corridoi della metro: il rischio è che un controllore vi fermi per eccesso di velocità. E casomai ritrovare il valore del tempo, riscoprire i ritmi della natura, concedersi una pausa. La pazienza per me è una forma d’amore.

Colui che accelera troppo muore lentamente. Abbiamo mai riflettuto sul fatto che l’uomo è uno tra gli animali più lenti esistenti in natura? pensiamo ad un leopardo o una pantera: ci mangerebbero in un sol boccone vista la nostra lentezza. Eppure la società di oggi è ossessionata dalla filosofia del “ chi arriva primo” e ci sentiamo veloci nel nostro piccolo. Una filosofia tutta post futuristica, mi verrebbe da dire, che arriva nel nuovo millennio completamente stravolta.

L’importante è arrivare primi, essere più veloci non importa il mezzo, non importa il cammino, il percorso fatto ma solo che accanto al nostro nome ci sia stampato il numero 1.

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In effetti se pensiamo alle grandi civiltà del passato da quella Greca, passando per i Romani oppure ai grandi personaggi che hanno illuminato la storia della civiltà moderna riusciamo a trovare un denominatore comune: la velocità al contrario. La Firenze dei Medici, in un arco di tempo di circa 200 anni, con un numero di abitanti che a malapena ha raggiunto la soglia delle 20.000 anime, ha visto emergere figure come Leonardo, Michelangelo, Botticelli, Donatello ed ha saputo produrre, dall’economia alle scienze, la più grande ricchezza di tutti i tempi. Sarà forse un caso che Cosimo I de’ Medici (giusto per intenderci il creatore degli Uffizi) utilizzò come motto festina lente (affrettati lentamente) abbinato al simbolo della tartaruga ?

Il mito della velocità è diventato nei tempi moderni quasi un’ossessione, una sorta di male di vivere della nostra società spesso associato al successo e ai soldi insomma alla moderna economia.

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La velocità estrema si associa al rischio, all’adrenalina e quindi anche all’evasione che l’uomo si concede dalla vita che lo annoia o che forse non sa più vivere : …l’uomo appare preso dalla frenesia. Il suo cervello è una pista in cui pensieri, immagini, sensazioni rombano a cento all’ ora. Cento all’ ora è la misura campione della sua attività. Passa come un bolide, ama come un bolide, vive come un bolide… (Octave Mirbeau)

L’uomo moderno che si sente sempre più schiacciato dall’esigenza di produrre il massimo in tempi brevi, sempre più brevi. Se i primi giorni su un nuovo posto di lavoro non rendi il massimo, non sei confermato; se i primi mesi di matrimonio o di convivenza non dai il massimo tutto va in fumo. Ma le domande sono due: cos’è il massimo? (badate i cento all’ora sono preistoria) e soprattutto perché devo accelerare?

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Personalmente mi ripeto spesso che ognuno ha i suoi tempi, che bisogna essere pazienti in amore, amicizia, sul lavoro, con la famiglia : insomma una sorta di elogio della velocità al contrario. Perché la lentezza altro non è che la velocità al contrario: si può andare veloce basta che lo si faccia al contrario. E poi non bisogna dimenticare che anche la lentezza è movimento.

Nell’economia della felicità il Premio Nobel Daniel Kahneman pone, al centro del discorso sullo sviluppo economico, il tempo delle persone. Il suo uso « ragionato ». Ossia lento. Nel senso di ottimizzato. Del resto è risaputo che lo stress ci fa compiere errori madornali che poi richiedono altro tempo per essere corretti. Per cui ci tocca correre sempre di più. Sbagliando sempre di più. Forse è ora di fermarsi, un attimo.

Un minuto di lentezza.

Cassandra


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